Gli orsi nel nostro paese sono una specie a rischio. I motivi? Leggi non rispettate o poco conosciute. E una sempre più palese mancanza di coscienza ambientale.
In Africa i cani si uniscono alla guerra ai bracconieri
I ranger della Tanzania hanno iniziato ad utilizzare i cani per scovare i bracconieri di elefanti con risultati sorprendenti.
Quello del bracconaggio è un fenomeno che insanguina tutta l’Africa e sta portando all’estinzione le specie più cacciate, elefanti e rinoceronti, perseguitati per zanne e corna da rivendere al mercato nero. Ogni anno, secondo i dati del Wwf, vengono uccisi oltre 25mila elefanti, mentre i rinoceronti potrebbero estinguersi in meno di trent’anni se si continuasse così.
Governi e conservazionisti hanno fatto ricorso a diversi espedienti per contrastare i bracconieri, utilizzando anche strumenti tecnologici come droni, gps e immagini satellitari. L’arma migliore però sembra essere un animale che vive a stretto contatto con l’uomo da più di 30mila anni, il cane. I cani hanno ribaltato le prospettive e i cacciatori si sono trasformati in prede. Lo scorso 14 ottobre i cani anti-bracconaggio hanno consentito la cattura di un gruppo di bracconieri colpevoli di aver ammazzato T19, un esemplare maschio di elefante di 45 anni molto noto nel Parco nazionale Tarangire, in Tanzania.
L’impiego dei migliori amici dell’uomo nella guerra al bracconaggio è iniziato nel 2011, quando la Big Life Foundation, organizzazione ambientale che si occupa di conservazione in Kenya e Tanzania, ha adottando quattro pastori tedeschi da un canile olandese e li ha addestrati. I pastori tedeschi sono stati preferiti ai segugi, imbattibili nel fiutare una pista, per la maggiore resistenza fisica messa alla prova dal caldo africano. “Oltre alle loro incredibili capacità di fiuto, i cani sono compagni di lavoro straordinari perché non hanno interessi da difendere e non scendono a compromessi”, ha dichiarato Damien Bell, direttore di Big Life Tanzania.
© Honeyguide
Una volta fiutata la pista i cani non la abbandonano finché non hanno portato a termine la missione, incuranti di caldo, pioggia, paludi, montagne, per loro è quasi un gioco e l’ancestrale istinto della caccia non si è sopito nonostante la domesticazione. “I nostri cani sanno rimanere sulle tracce dei bracconieri per otto ore o più filate, in condizioni difficili eppure portano sempre a casa il risultato – ha spiegato Damien Bell. – Di solito i cani rilevano l’odore dalle impronte, a volte invece da materiali lasciati al campo dai bracconieri, come una coperta”. Dopodiché inizia la caccia, ai cacciatori.
Immagine di copertina: © Honeyguide
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