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Aiuti umanitari e mais transgenico, cosa c’è dietro

Nel maggio 2002 il primo grande “no”: 10mila tonnellate di mais transgenico destinate allo Zimbabwe vengono intercettate alle frontiere e dirottate (secondo l’ambasciata USA) verso altri Paesi: arrivavano in forma di grani che, se usati come semi, avrebbero potuto contaminare e modificare geneticamente le varietà locali di mais. E metà della popolazione dello Zimbabwe (12

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Nel maggio 2002 il primo grande “no”: 10mila tonnellate di mais
transgenico destinate allo Zimbabwe vengono intercettate alle
frontiere e dirottate (secondo l’ambasciata USA) verso altri Paesi:
arrivavano in forma di grani che, se usati come semi, avrebbero
potuto contaminare e modificare geneticamente le varietà
locali di mais. E metà della popolazione dello Zimbabwe (12
milioni e mezzo di persone) moriva di fame…

Nell’agosto 2002, in un incontro tra i ministri della Salute di
Angola, Botswana, Lesotho, Malawi, Mozambico, Namibia, Zambia e
Zimbabwe, viene dichiarato il rifiuto di far entrare aiuti
umanitari OGM, cibi, prodotti, semi nei propri territori.

Ma nel settembre dello stesso anno il governo dello Zimbabwe,
spinto dalle condizioni della popolazione, è costretto a
tornare sulla sua decisione. Avrebbe accettato gli aiuti OGM,
purché messi “in quarantena”. “Vi sono paure, per questo li
metteremo in quarantena sotto la responsabilità del Ministro
dell’agricoltura” – le parole del Presidente Mugabe. Come
“contropartita” dell’accordo, il World Food Program quintuplica gli
invii di aiuti alimentari.

La Zambia, invece, resiste. Anzi, alla scoperta di altri aiuti
umanitari contenenti mais OGM nei container di un’organizzazione
umanitaria, il governo emana la direttiva di respingere ed
eliminare tutte le partite di aiuti OGM: il Vice Presidente Stephen
Mukuka ha invitato tutte le organizzazioni presenti sul territorio
a fare “piazza pulita”. Il Presidente Levy Mwanawasa dichiara alla
BBC che non permetterà che la popolazione dello Zambia mangi
“veleno”.

In Sudamerica, in Bolivia, un’organizzazione ambientalista trova il
mais Starlink in un sacco di farina di mais contrassegnato dalla
sigla USAID. Il gruppo aveva commissionato i test, nel febbraio
2002, su una partita di aiuti arrivati a El Alto, in Bolivia,
attraverso il dipartimento di La Paz. A giugno, i risultati. Il
mais Starlink, proibito per uso umano perché allergenico a
causa della proteina pesticida Cry9C, nel 2001 contaminò la
metà dei cereali esportati dagli USA causando un ritiro di
decine di migliaia di stock di prodotti. Ed eccolo, in una
percentuale del 3%, nella farina destinata a scopi umanitari. I
test rivelarono presenza di altre due varietà di mais non
approvate per uso umano: uno Roundup Ready e uno Monsanto’s
BTExtra.

Nel giugno 2002 test commissionati in Guatemala dal Colectivo Madre
Selva hanno trovato negli aiuti umanitari diversi tipi di OGM non
autorizzati per uso umano, il Liberty Link Aventis e il Monsanto’s
BtXtra e RoundUp Ready, in sacchi contenenti semi.

Mescolanza inevitabile e non voluta? Discarica di scorte di cibi
transgenici invenduti o invendibili sui mercati occidentali?
Esperimento di massa?

Vi sono tutti i problemi attinenti agli OGM: contaminazione
dell’ambiente e aggressione delle varietà autoctone, perdita
della biodiversità, impoverimento dei suoli. Permangono
tutti i dubbi sulla sicurezza per la salute delle popolazioni di
quei Paesi, acuiti anzi dalla constatazione che negli aiuti
alimentari si trovano varietà OGM non autorizzate per
consumo umano. A tutto ciò si possono aggiungere
considerazioni di ordine morale: i Paesi più poveri sono in
condizione di vulnerabilità, a causa di povertà,
malattie, fame, sete e condizioni climatiche, ambientali e civili
difficoltose. Portare OGM dove non c’è possibilità di
scelta assume i contorni dell’ingiustizia.

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