All’incrocio del blues: Robert Johnson

La biografia di questo musicista è in realtà talmente oscura e avvolta nel mistero che anche sulla sua data di nascita non ci sono certezze. Solo una cosa è certa: negli anni Trenta sintetizzò e sviluppò ciò che era stato creato fino ad allora da un punto di vista musicale e vocale, con una abilità

La biografia di questo musicista è in realtà talmente
oscura e avvolta nel mistero che anche sulla sua data di nascita
non ci sono certezze. Solo una cosa è certa: negli anni
Trenta sintetizzò e sviluppò ciò che era stato
creato fino ad allora da un punto di vista musicale e vocale, con
una abilità chitarristica enorme.

Le notizie riguardanti la vita privata di Robert
Johnson
sono poche e non del tutto attendibili e la sua
morte, avvenuta a soli 27 anni, ha contribuito ad alimentare il
fascino oscuro che già emanava la sua figura.

E’ abbastanza certo che intorno al 1930 si sposò con la
giovanissima Virginia Travis e che insieme si trasferirono a
Robinsville. Virginia, però, morì ad appena sedici
anni durante il parto del primogenito. Da quel momento Johnson
iniziò a vagare sconvolto tra le varie città del
Delta del Mississipi, incarnando la figura del musicista maledetto.
Inizialmente non dimostrò particolare abilità nel
suonare la chitarra e per questo venne indirizzato da Son House,
altro nome illustre del Delta blues e suo primo maestro, verso
l’armonica. Ma a un certo punto Johnson scomparve per riapparire un
anno dopo con capacità chitarristiche oggettivamente
incredibili per essere state acquisite in così breve
tempo.

Leggenda vuole che una sera allo scoccare della
mezzanotte
, all’incrocio tra le Highway 61 e 49 a
Clarksdale, Johnson avesse firmato un patto col diavolo barattando
la sua anima per diventare il più grande bluesman della
storia. La tesi più realistica è che Johnson avesse
in realtà incontrato Ike Zinneman, altro misterioso
bluesman, che gli fece poi da maestro per un anno.

Johnson morì giovanissimo, il 16 agosto del ’38 a Greenwood,
in circostanze misteriose. Durante la sua breve vita riuscì
a incidere solo 29 tracce che contengono però i prodromi del
futuro rock, da quello di Bob Dylan a quello dei Rolling Stone, ma
primo fra tutti quello suonato da Eric Clapton, che al maestro
Johnson dedicò l’immortale cover “Crossroads” con i suoi
Cream.

Come ogni genio che si rispetti, Johnson in vita riuscì a
vendere ben poco e fu solamente nel 1961, con la ripubblicazione
dei suoi lavori, che il suo nome si fece strada fra i grandi.

Per la ricorrenza dei cento anni dalla nascita, l’8 maggio,
di questo grande bluesman
sono da poco stati pubblicati il
cofanetto “Robert Johnson: the complete original masters-
Centennial edition” nonché svariati tributi fra i quali
spicca “Big Head Blues Club 100 Years of Robert Johnson”,
pubblicato dalla Ryko/Big Records e che vede protagonisti i Big
Head Todd and the Monsters, ma soprattutto BB King, Hubert Sumlin e
David “Honeyboy” Edwards, amico e compagno di avventura di Johnson
che quest’anno compirà 96 anni.

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