Un video mostra soldati dell’Azerbaijan uccidere prigionieri di guerra dell’Armenia in Nagorno-Karabakh. Una violazione grave del diritto internazionale.
Almeno sette soldati armeni tenuti prigionieri sarebbero morti in un’esecuzione a opera dell’esercito di Baku.
Human rights watch ha definito l’operazione un crimine di guerra. Le autorità azere hanno aperto un’inchiesta.
Negli scontri di settembre in Nagorno-Karabakh sono morti 204 soldati armeni e un centinaio di militari azeri.
L’esercito dell’Azerbaijan avrebbe commesso crimini di guerra in Armenia, con un’esecuzione di massa di alcuni soldati rivali catturati. La denuncia arriva dall’organizzazione non governativa Human rights watch, che ha analizzato un video circolato sul web a settembre dove, nell’ambito del conflitto in Nagorno-Karabakh, si vedono militari in uniforme azera sparare e uccidere sette soldati armeni. Un’azione contraria al diritto internazionale e bellico, che vieta le esecuzioni extragiudiziali e il maltrattamento dei prigionieri di guerra.
L’esecuzione dei prigionieri di guerra armeni
Il 13 settembre scorso nel Nagorno Karabakhsi sono verificati gli scontri più pesanti dal cessate il fuoco del 2020, con l’esercito azero che ha fatto diverse incursioni militari nel territorio. La regione è contesa da Azerbaijan e Armenia ed è teatro di una guerra che tra alti e bassi va avanti da oltre 30 anni, per un totale di 30mila morti complessivi.
A inizio ottobre ha iniziato a circolare su Telegram un video in cui si vedono 15 militari con l’uniforme dell’Azerbaijan che circondano otto prigionieri di guerra armeni. A un certo punto uno dei soldati azeri apre il fuoco con il suo kalashnikov e poco dopo altri due soldati fanno lo stesso. Il video scorre con il suono degli spari e alla fine sembra che a morire siano sette degli otto prigionieri armeni.
Il quotidiano Libération, l’organizzazione non governativa Human rights watch e alcuni account su Twitter hanno lavorato a un minuzioso fact-checking del video, passato anche dall’individuazione dell’area e del momento dell’esecuzione. Questa sarebbe avvenutaall’alba del 13 settembre nei pressi del lago Sev, al confine sud-orientale tra Armenia e Azerbaijan. In effetti le immagini satellitari mostrano che proprio in quell’area e in quelle tempistiche ci sarebbero stati degli scontri. Human rights watch ha poi comparato il video con alcune fotografie di soldati armeni morti durante gli scontri del 13 settembre e due di questi combaciano. Secondo un report del primo ministro armeno Nikol Pashinyan, nel conflitto esploso a metà settembre sono morti 204 soldati del paese.
Crimini di guerra in Nagorno-Karabakh
Human rights watch ha sottolineato che l’esecuzione che appare nel video è un crimine di guerra. In effetti il diritto internazionale umanitario e numerose convenzioni internazionali impongono di trattare con umanità i prigionieri di guerra. La terza Convenzione di Ginevra, siglata da Baku, ordina il rispetto dei prigionieri bellici contro atti di violenza o intimidazione e contro insulti. Baku fa anche parte della Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu). Entrambe vietano gli omicidi extragiudiziali e parlano di crimini di guerra in caso di violazione della norma.
“Uccidere soldati che si sono arresi è un atroce crimine di guerra”, ha sottolineatoHugh Williamson, direttore Europa e Asia centrale di Human Rights Watch. Le autorità azere hanno aperto un’indagine sull’esecuzione dei prigionieri di guerra armeni da parte dell’esercito, coordinata dall’ufficio del Procuratore generale. Che ha promesso che verranno prese misure giudiziarie una volta raccolti tutti gli elementi utili.
Le guerra nel Nagorno Karabakh ha avuto conseguenze “indicibilmente dolorose” per il popolo armeno, e ha fatto scomparire un’intera generazione di ragazzi.
Gli Shuar sono una tribù indigena dell’Amazzonia dell’Ecuador e in parte del Perù. A causa della presenza di rame nei loro territori, la loro cultura e le loro foreste sono a rischio.
Il presidente si riconferma con il 90% al termine di elezioni caratterizzate dall’eliminazione in massa degli oppositori. Ma per consolidare il proprio potere Saïed non potrà ignorare la crisi economica del paese, come fatto nei 5 anni precedenti.
Dopo i violenti scontri che hanno avuto luogo nel Nagorno Karabakh, una regione che esige l’autodeterminazione, gli armeni chiedono all’Azerbaigian di porre fine alle ostilità.