Il governo del Bangladesh ha annullato la costruzione di dieci centrali a carbone. Dieci. In una nota ufficiale, diffusa pochi giorni fa, ha motivato la propria decisione con l’aumento del costo economico del combustibile fossile più sporco al mondo e con le proteste ambientali e sociali portate avanti da cittadini e attivisti per il clima.
Bangladesh cancelled plans to build 10 coal-fired power plants amid rising concerns from climate activists to base more of the nation's power on renewable energy
''Building coal power plants is incompatible w achieving the Paris accord goals''- activistshttps://t.co/f2PHXyl4pC
— Fridays For Future (@Fridays4future) June 30, 2021
Dacca ferma la costruzione di 10 bombe ecologiche
Con una potenza complessiva di 8.451 megawatt (MW), le dieci centrali avrebbero dovuto incrementare la quantità di energia elettrica prodotta con il carbone, oggi ferma all’8 per cento del totale. Tra queste, figurava un impianto da 320 MW, che sarebbe dovuto sorgere sull’isola già ecologicamente fragile di Maheshkhali, e un sito da 1.200 MW, che avrebbe visto la partecipazione diretta del Giappone. In generale, la costruzione era prevista nelle zone costiere, dove risiedono 20mila persone.
“Quando il Bangladesh ha stilato nel 2010 il cronoprogramma del progetto, il carbone era economico ed era l’opzione migliore dopo il gas”, dichiara in nota Mohammad Hossain, a capo dell’area tecnica dedicata alle fuel cell del ministero dell’Energia del Bangladesh. “Ma il crollo deciso dei prezzi del solare fotovoltaico e la convenienza del gas naturale ha cambiato lo scenario. Considerando questi fattori, abbiamo pensato che abbiamo bisogno di più rinnovabili”.
A fargli eco Nasrul Hamid, a capo del ministero bengalese per l’Energia e l’Industria, che ha sottolineato l’insoddisfazione del governo per i progressi compiuti finora nella costruzione degli impianti. La decisione, assicura, non inciderà sulla generazione di elettricità nel breve e lungo termine. Considerato che sono in fase di costruzioneotto centrali a carbone a fronte delle 18 previste inizialmente dal governo, come si può vedere nella mappa del Global Energy Monitor. La scelta del Bangladesh rappresenta in ogni caso un passo in avanti nel raggiungimento dell’obiettivo di produzione energetica del 40 per cento entro il 2041 da fonti rinnovabili.
Lo stop al carbone si merita il plauso degli attivisti
Gli attivisti plaudono la scelta, ricordando quanto le centrali a carbone incidano negativamente sull’ecosistema. “Questa è una decisione positiva, ha reso chiaro che ottenere fondi per le centrali elettriche a carbone a livello internazionale è diventato difficile”, ha affermato Syeda Rizwana Hasan, personaggio simbolo della protezione dell’ambiente nel paese e amministratrice delegata della Bangladesh environmental lawyers association. Con lo stop alle centrali, ha sottolineato, “il governo dovrà per forza pensare alle fonti rinnovabili come alternativa”.
Il Bangladesh è uno dei Paesi che spesso viene definito a rischio per le conseguenze dovute al riscaldamento globale, ovvero all’aumento della temperatura media globale. È già afflitto da tempeste e monsoni sempre più violenti e frequenti ed è minacciato dall’innalzamento del livello dei mari in quanto paese costiero. Segnali degli effetti incontrovertibili dei cambiamenti climatici e della decisione corretta presa dal governo.
Il 30 settembre, la Ratcliffe-on-Soar, la 18esima centrale più inquinante d’Europa, ha smesso di bruciare carbone. D’ora in poi produrrà idrogeno verde.
L’energia solare continua a battere tutti i pronostici. Per Ember, il fotovoltaico supererà, a livello globale, la maggior le previsioni del settore nel 2024.
Il leader dell’Azerbaigian, che a novembre ospita la Cop29, è stato accolto in Italia come un partner strategico. Cruciali le intese sul gas. Ma non sono mancate le critiche degli attivisti per la linea dittatoriale che continua a perseguire.
Entro tre anni, entrerà in funzione uno dei giacimenti di gas più imponenti d’Italia. Per Eni, il gas è ancora indispensabile per la transizione energetica. Per la scienza, la transizione deve essere rapida.
Se continuerà a investire nel solare e nell’eolico, l’Unione europea riuscirà a svincolarsi dalla dipendenza dalle fonti fossili. Lo dimostrano i dati del think tank Ember.
In un momento in cui la transizione energetica sta accelerando e le energie rinnovabili sono in crescita, la produzione di petrolio negli Stati Uniti non si ferma.
Tra gennaio e giugno in Italia la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha segnato un +27,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2023.