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Secondo le previsioni scientifiche, il buco dell’ozono quest’anno sarà particolarmente ridotto, per via di un fenomeno stratosferico.
A meno di un mese dall’inizio della “stagione del buco dell’ozono” (periodo nel quale normalmente si manifesta il fenomeno), gli scienziati del Copernicus atmosphere monitoring service (Cams) hanno diffuso dati ottimistici. Esso, infatti, potrebbe risultare quest’anno particolarmente ridotto. Arrivando a toccare uno dei dati più bassi degli ultimi 30 anni.
?How unusual is this year’s #Antarctic #OzoneHole?
The chart below shows the hole is forecast to be the smallest one in the #CopernicusAtmosphere Monitoring Service records, which go back to 2003.
More about CAMS’ #ozone monitoring & regular updates ➡️https://t.co/c2tPB8OBuQ pic.twitter.com/QQuP6nL4bS
— Copernicus ECMWF (@CopernicusECMWF) September 6, 2019
Gli esperti spiegano infatti che il buco sarà probabilmente largo la metà rispetto al 2018. Non solo: sarà anche “fuori centro” e “fuori asse”. “Le previsioni – precisa il Cams) indicano che, dopo aver raggiunto un minimo locale la scorsa settimana, il buco dell’ozono potrebbe ricominciare a crescere gradualmente, ma è improbabile che raggiungerà nuovamente l’ampiezza degli ultimi due o tre decenni”. Le stime sono state realizzate in collaborazione con il Centro europeo per le previsioni metereologiche a medio termine (Ecmwf), e pubblicate in occasione della Giornata Internazionale per la preservazione dello strato di ozono.
I dati sono stati estrapolati grazie alle osservazioni satellitari, combinate con i modelli atmosferici. “Tipicamente – prosegue il Cams – il buco dell’ozono in Antartide comincia a formarsi ogni anno ad agosto, raggiungendo il massimo della sua dimensione ad ottobre, per poi chiudersi nuovamente a dicembre. Tuttavia, i dati rivelano che il buco dell’ozono in Antartide ha cominciato a formarsi con circa due settimane di anticipo rispetto a quanto previsto e rispetto agli anni precedenti”.
Dall’inizio di settembre, infatti, “il vortice polare (aria fredda nella stratosfera oltre l’atmosfera terrestre) che fornisce le condizioni per la formazione del buco dell’ozono, si è spostato e si è indebolito a causa di un improvviso evento di riscaldamento stratosferico. Le temperature nella stratosfera superiore, infatti, stanno aumentando fino a 40 gradi sopra la norma, motivo per cui il vortice polare è stato più instabile del normale”.
In ogni caso, il trend generale del buco dell’ozono appare evidente. Già nel 2016 e nel 2018 le osservazioni degli scienziati hanno confermato che il fenomeno si sta attenuando: una vittoria del protocollo di Montréal e dell’impegno internazionale. A conferma del fatto che, quando i governi agiscono assieme per un obiettivo, questo può essere centrato.
In particolare, un rapporto intitolato Scientific Assessment of Ozone Depletion – pubblicato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm) e dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Pnue), assieme a Noaa, Nasa e Commissione europea – aveva indicato che “a partire dal 2000, lo strato di ozono in alcune porzioni della stratosfera si è riformato ad un ritmo compreso tra l’1 e il 3 per cento per decennio”. Tuttavia, per tornare ai livelli del 1970 occorrerà attendere il 2060.
Thanks to the #MontrealProtocol the ozone hole is expected to gradually close, with ozone returning to 1980 values by the 2060s.
We celebrate this and other successes this #OzoneDay: https://t.co/jm9QE1A26w#ClimateAction pic.twitter.com/Ywkkl1Gv8P
— UN Environment Programme (@UNEnvironment) September 16, 2019
Inoltre, commenta Vincent-Henri Peuch, dirigente del Cams, “non c’è motivo di compiacersi troppo. Il recupero dello strato di ozono dipende dai cambiamenti climatici e dal raffreddamento, a lungo termine, nella stratosfera, che può esacerbare la perdita di ozono e ritardare il processo. Inoltre, la possibilità che si verifichino emissioni non autorizzate di sostanze che riducono l’ozono non può essere esclusa. Infatti, lo scorso anno è stati rivelato il rilascio di clorofluorocarburo (Cfc 11). È molto importante mantenere un forte impegno internazionale per monitorare il recupero dello strato di ozono”.
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