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Alcune delle più note case farmaceutiche avrebbero formato un cartello per aumentare i prezzi di un centinaio di farmaci generici così da guadagnare di più e sbaragliare la concorrenza.
44 stati americani hanno accusato venti case farmaceutiche di aver aumentato anche del 1.000 per cento i prezzi di oltre 100 farmaci generici, tra cui medicinali per la cura del diabete, del cancro, dell’Hiv e della depressione. Tra le società denunciate ce ne sono alcune del calibro di Pfizer, Novartis, Mylan e Teva: quest’ultima avrebbe gonfiato il prezzo di 112 farmaci tra il luglio del 2013 ed il gennaio del 2015.
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Il procuratore generale del Connecticut William Tong ha depositato la causa in tribunale venerdì 10 maggio. Secondo la sua ricostruzione dei fatti, i dirigenti coinvolti – almeno una quindicina – sapevano benissimo che il loro operato fosse illegale, tant’è che si incontravano in privato per pranzi, cene, aperitivi e partite a golf per accordarsi sull’aumento dei prezzi e fare in modo di accaparrarsi eque fette del mercato. “Siamo in possesso di intercettazioni telefoniche, messaggi ed email che lo dimostrano”, assicura l’avvocato.
Oltre 40 Stati americani si preparano a far causa alle case farmaceutiche, accusate di aver fatto cartello per gonfiare, fino a mille volte, i prezzi dei farmaci generici. Tra poco al #Tg3 pic.twitter.com/ivfO8GtyDq
— Tg3 (@Tg3web) 12 maggio 2019
Il comportamento delle aziende farmaceutiche avrebbe influito negativamente sull’economia statunitense e sui programmi di assistenza sanitaria forniti dal governo, tra cui quelli varati per garantire l’accesso alle cure alle fasce meno abbienti della popolazione. Pfizer e Teva negano le accuse: “Sono semplici affermazioni. La nostra società non ha intrapreso alcuna condotta che possa comportare responsabilità civili o penali”, ha dichiarato alla Cnn la portavoce di Teva, Kelley Dougherty. Non resta che aspettare il processo e la relativa sentenza.
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