Il modello virtuoso e sostenibile delle comunità energetiche rinnovabili sta riscontrando un successo innegabile in Italia.
Le celle di combustibile producono elettricità e calore semplicemente combinando idrogeno e ossigeno. Sono la base delle centrali ad idrogeno
Il meccanismo di funzionamento è semplice: idrogeno e ossigeno si combinano per produrre elettricità, calore e acqua. L’idrogeno non è disponibile in natura, ma deve essere ricavato con processi che richiedono grosse quantità di energia. E’ possibile però anche estrarlo dal metano, con un processo chiamato “reforming” che, pur senza eliminare le emissioni di gas serra tipiche dei combustibili fossili, le riduce notevolmente.
Una piccola centrale elettrica a idrogeno a fronte di un costo non più del doppio di un modello convenzionale della stessa potenza, offre vantaggi in termini di efficienza perché, oltre all’energia elettrica i generatori a idrogeno producono energia termica utilizzabile per il riscaldamento. Inoltre il prodotto è di “qualità” in quanto non ci sono sbalzi di tensione e non c’è pericolo che venga a mancare improvvisamente la corrente.
Molte società che producono caldaie si stanno interessando a questa tecnologia. A Gelsenkirchen, in Germania, è stato installato un sistema che genera riscaldamento, acqua calda ed elettricità per un complesso di appartamenti grazie a celle di combustibile.
Lo scenario in cui le celle di combustibile per usi stazionari, come si chiamano in gergo queste apparecchiature, potrebbero diventare protagoniste è quello della liberalizzazione del mercato dell’energia. L’elettricità prodotta in questo modo rende possibile l’interscambio di energia tra diversi produttori e consumatori. In altre parole, chi genera energia elettrica e non la consuma può immettere nella rete e rivendere al gestore l’eccesso, come è già previsto oggi per gli impianti fotovoltaici. Inoltre i tralicci dell’alta tensione sarebbero condannati a sparire, perché l’energia verrebbe consumata direttamente dove è prodotta, o a poca distanza.
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