La Cop28 è finita, ma bisogna essere consapevoli del fatto che il vero test risiede altrove. Dalla disinformazione al ruolo delle città, ciò che conta avviene lontano dai riflettori.
La Cina brucia molto più carbone di quanto dichiarato finora
La Cina rivede al rialzo i dati sull’uso di carbone. Le emissioni di CO2 sono più alte di 1 miliardo di tonnellate all’anno: quante ne produce la Germania.
La Cina, il paese al mondo che emette la maggior quantità di gas ad effetto serra, ha sottostimato fortemente l’utilizzo di carbone come fonte di energia sul proprio territorio. A rivelarlo è un’inchiesta del New York Times, che riferisce i dati pubblicati dallo stesso governo di Pechino su un annuario statistico.
Ebbene, secondo quanto ammesso dal colosso economico asiatico, il quantitativo di carbone bruciato ogni anno a partire dal 2000 è stato decisamente più alto rispetto a quanto stimato finora: almeno il 17 per cento in più, in media. Traducendo tale cifra in termini di aumento delle emissioni nocive, ciò significa che la Cina ha prodotto ogni anno circa un miliardo di tonnellate di CO2 in più. “Si tratta di una correzione gigantesca, anche per una nazione immensa come questa”, ha commentato il quotidiano statunitense. Per comprendere di cosa stiamo parlando, basti pensare che l’errore di calcolo equivale all’incirca a quanto emesso ogni anno dalla Germania, ovvero la prima economia europea.
A rendere necessaria tale revisione delle statistiche è stato il “censimento economico” effettuato dal governo cinese nel 2013, che ha rivelato alcune lacune nella raccolta dei dati. In particolare, secondo Ayaka Jones, analista dell’Energy information administration americana, ad essere stato ricalcolato è l’apporto dell’industria pesante, soprattutto per quanto riguarda cementifici e acciaierie. Così, solamente per il 2012, è stato necessario aggiungere al totale circa 600 milioni di tonnellate di carbone bruciato (ovvero circa il 70 per cento di quello utilizzato complessivamente, ogni anno, negli Stati Uniti).
Il New York Times aggiunge che l’annuncio potrebbe complicare ulteriormente i negoziati che si terranno nel corso della prossima conferenza mondiale sul clima, Cop 21. Il governo di Pechino, in vista dell’evento, non ha promesso un calo delle emissioni inquinanti, bensì un “picco massimo”, che dovrebbe essere raggiunto entro il 2030.
Secondo Yang Fuquiang, ex dirigente cinese specializzato nel settore dell’energia, la riduzione della dipendenza dal carbone del suo paese appare a questo punto “più complicata del previsto. Abbiamo scoperto che il sistema utilizza molto più carbone di quanto fin qui immaginato. Ciò contribuisce a spiegare perché la qualità dell’aria in Cina è così scadente”. Inoltre, secondo Lin Boqiang, dell’università cinese di Xiamen, “adesso anche le agenzie internazionali dovranno rivedere le loro analisi, perché molte di esse erano basate sui vecchi dati”.
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