Smart city

Non solo boschi verticali, le città foresta sono la nuova frontiera della forestazione urbana

Dopo il successo del Bosco verticale a Milano, esempio di architettura sostenibile e rimboschimento metropolitano, prosegue la progettazione di una nuova generazione di costruzioni e insediamenti urbani, le città foresta, che sfidano i cambiamenti climatici e si propongono come modelli per il futuro del pianeta.

Il modello dei boschi verticali progettati dallo Stefano Boeri architetti è stato il primo a introdurre il concetto di forestazione urbana. Questo termine rappresenta un tipo di progettazione che ha come obiettivo quello di creare città più verdi e alberate, che da un lato possano offrire servizi ambientali preziosi come l’assorbimento della CO2 e la conservazione della biodiversità e dall’altro la loro bellezza, con l’obiettivo di recuperare il dialogo tra i cittadini e la natura per riscoprire la creatività. Da una progettazione “verticale” si sta passando pian piano alla realizzazione di vere e proprie “città foresta“, con la speranza di ridurre ulteriormente gli effetti che proprio le città hanno creato, come l’inquinamento e i cambiamenti climatici.

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Il Bosco verticale di Milano dello studio Stefano Boeri architetti © Chris Barbalis/Unsplash

Il Bosco verticale di Milano, icona contemporanea

Il Bosco verticale di Milano rappresenta il primo ambizioso progetto di riforestazione metropolitana che si è proposto, attraverso la densificazione verticale del verde, di incrementare la biodiversità vegetale e animale del capoluogo lombardo riducendo l’espansione urbana e contribuendo a moderare il clima locale. Il progetto è ambizioso a tal punto che nel 2014 ha vinto il premio dell’International highrise award come grattacielo più innovativo del mondo, per aver portato un’idea radicale e coraggiosa per le città di domani, proponendosi come un modello per lo sviluppo di aree densamente popolate. Nel 2015 invece è stato eletto dal Council on tall buildings and urban habitat (Ctbuh) come grattacielo più bello del mondo.

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Il Bosco verticale di Milano, vincitore nel 2014 del premio International highrise award come grattacielo più innovativo del mondo © Stefano Boeri architetti

A quattro anni dalla sua realizzazione, l’esperienza del Bosco verticale di Milano ha confermato e superato le aspettative per quanto riguarda l’impatto positivo sulla qualità della vita degli abitanti e sulla città. Tanti gli effetti positivi dal punto di vista sostenibile: la rigenerazione della biodiversità, l’assorbimento di 30 tonnellate di CO2 l’anno e delle polveri sottili, insieme alla produzione di ossigeno.

In seguito al Bosco verticale di Milano, consolidatosi come vero e proprio modello di urbanizzazione sostenibile, molte città hanno deciso di dotarsi di edifici analoghi negli anni successivi: da Eindhoven a Utrecht; da Parigi a Nanchino, ognuna delle vertical forest (il nome inglese per questo modello di edilizia) è stata riadattata e migliorata in base al contesto, fino ad arrivare a Shijiajuang e Liuzhou, entrambe città in Cina, dove si è concretizzata la volontà espressa da Boeri di voler creare vere e proprie città foresta, cioè piccoli centri urbani compatti composti da dozzine di edifici come i boschi verticali, circondati da alberi, arbusti e piante fiorite.

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Rendering di una delle due torri della vertical forest di Nanjing che verrà ultimata nel 2018 © Stefano Boeri architetti

Dal Bosco verticale alle città foresta

Quest’idea riprende quelle che sono le caratteristiche di una città intelligente o smart city, ma ne supera le caratteristiche introducendo la presenza della vegetazione come elemento costitutivo della città e dell’architettura e non più come semplice ornamento. “Portare le foreste in città o creare vere e proprie città foresta, significa da un lato combattere il nemico sul suo stesso terreno, dall’altro che la stessa anidride carbonica viene trasformata in fertilizzante per nutrire le piante”, racconta Boeri.

La presenza massiccia di vegetazione contribuisce al miglioramento della qualità dell’aria oltre a ridurre la temperatura media dell’aria. Inoltre, vuol dire creare un vero e proprio ecosistema naturale dove palazzi, strade, alberi e piante di ogni genere dialogano tra loro e sono in grado di offrire agli abitanti case e servizi come scuole, uffici, ospedali e aree verdi pubbliche.

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L’architetto Stefano Boeri © Gianluca Di Ioia

Le forest city di Shijiazhuang e Liuzhou in Cina

Nel 2015 lo Studio Boeri architetti ha presentato alla Cop 21 di Parigi il progetto di una città foresta per Shijiazhuang, la città cinese con il più alto tasso di inquinamento dell’aria. Questa non rappresenta solo la moltiplicazione in loco del concetto di forestazione urbana, ma chiama in causa l’urgenza di estendere le superfici verdi boschive all’intera area urbana.

Forest city Shijiazhuang rappresenta il prototipo di una nuova generazione di città piccole, compatte e verdi composte da dozzine di vertical forest, edifici alti e di medie dimensioni circondati da alberi (che vanno dai 3 ai 9 metri di altezza), arbusti e piante fiorite. “La presenza delle piante non solo lungo i viali, nei parchi e nei giardini, ma anche sulle facciate degli edifici, sarà il carattere distintivo di questo nuovo tipo di città”, spiega Boeri.

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La città foresta di Shijiazhuang sarà una nuova realtà urbana capace di ospitare 100mila abitanti, un prototipo di una nuova generazione di città piccole, compatte e verdi composte da dozzine di edifici alti e di medie dimensioni, le vertical forest © Stefano Boeri architetti

In seguito, lo Studio Boeri è stato contattato dall’amministrazione per realizzare a Liuzhou, in un’area di circa 175 ettari a sud della Cina, la prima città foresta autonoma a impatto zeroLiuzhou forest city sarà un insieme coeso di palazzi, strade, alberi e piante di ogni genere in grado di ospitare più di 30mila abitanti che potranno beneficiare di ogni genere di servizio in un contesto interamente ricoperto di vegetazione, dove gli alberi, circa 40mila, non assumono più una presenza solo ornamentale, bensì strutturale e depurativa. La città ospiterà inoltre circa un milione di piante di più di 100 specie differenti e potrà assorbire approssimativamente 10mila tonnellate di CO2 e 57 di polveri sottili all’anno.

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Altri progetti di forestazione urbana nel mondo

Sono molti i progetti di forestazione urbana che lo studio Boeri sta portando avanti insieme a un team multidisciplinare: a Milano, il progetto Fiume verde mira a realizzare sul 90 per cento dei sette scali ferroviari della città un sistema continuo di parchi, boschi, oasi, frutteti e giardini a uso pubblico – legati tra loro da corridoi verdi e ciclabili realizzati lungo gli ex binari ferroviari. La trasformazione degli scali dismessi rappresenta uno dei più grandi progetti di riqualificazione e rigenerazione urbana dei prossimi anni in Europa.

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Chongqinq hortitecture in Cina, invece, si basa sul concetto di “seeding hortitecture”, ovvero sul processo di crescita dei semi e sull’uso di nuove costruzioni verdi per agevolare il ciclo di trasformazione dal seme alla pianta. Il progetto comprende otto elementi paesaggistici che, collegati tra loro, formano un unico paesaggio pubblico, promuovendo una definizione efficace e sostenibile del rapporto tra l’architettura e l’uso del verde. L’obiettivo è che l’architettura possa adattarsi al terreno, proprio come le piante all’ambiente.

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Il Fiume verde è un progetto di riforestazione urbana che Stefano Boeri architetti, insieme a un team multidisciplinare (Arup, Quinzii Terna Architettura, MIC – Mobility in Chain e Studio Laura Gatti), propone in risposta alla consultazione di idee su “Scali Milano” indetta da FS Sistemi Urbani per la formulazione di cinque visioni sul futuro degli scali merci di Milano © Stefano Boeri architetti

Da citare anche il Masterplan per Tirana 2030, un progetto innovativo e di ampio respiro che comprende l’intera area metropolitana della capitale dell’Albania e prende in esame anche i collegamenti ferroviari, i trasporti, i servizi pubblici, le aree verdi e i corridoi ecologici, nuove aree di espansione controllata e la valorizzazione del patrimonio architettonico della città. Il piano regolatore prevede di bloccare la crescita della città oltre i suoi confini attuali grazie alla piantumazione di un “bosco orbitale” di due milioni di nuovi alberi.

Partire dalle città

Sono proprio le città le maggiori responsabili dei cambiamenti climatici, contribuendo per il 70 per cento alle emissioni globali di CO2 e consumando tre quarti delle risorse naturali, e hanno quindi la responsabilità e anche l’opportunità di diventare “parte integrante della soluzione”. Il tema della forestazione urbana, che ha anche straordinari effetti per la tutela della biodiversità, dev’essere quindi considerato come elemento fondamentale nella progettazione.

La soluzione quindi è quella di far coesistere città e verde insieme, immaginando un modo nuovo di integrare gli alberi anche dal punto di vista sociale, economico e culturale perché le città diventino più sicure, piacevoli e salubri. L’appuntamento è per Mantova al Forum mondiale sulle foreste urbane (World forum on urban forests), che si terrà dal 28 novembre al 1 dicembre, per immaginare una politica in grado di intervenire in modo olistico su tutte le questioni legate alle sostenibilità, dalla tutela della biodiversità, alla produzione di energie rinnovabili e la mitigazione dei cambiamenti climatici.

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