
D’ora in poi l’università di Oxford non investirà più nei combustibili fossili, ma solo nelle società che si impegnano seriamente per la decarbonizzazione.
Da Parigi 225 investitori, che gestiscono più di 26mila miliardi di dollari, lanciano un appello molto chiaro alle aziende più inquinanti.
All’indomani del One Planet Summit di Parigi, organizzato da Francia, Nazioni Unite e Banca Mondiale, sono tante le proposte e le iniziative sul tavolo. Una di queste chiama in causa molto da vicino i grandi inquinatori, quelle aziende che contribuiscono in modo pesante e strutturale alle emissioni di gas serra a livello globale (e, quindi, ai cambiamenti climatici). Proprio su di loro, infatti, punta i riflettori l’iniziativa Climate Action 100+, siglata da 225 investitori che gestiscono asset pari a 26.300 miliardi di dollari.
Congratulations and thanks to the #ClimateAction100 team for the launch of the the global investor initiative @ActOnClimate100 at #OnePlanet on second anniversary of #ParisAgreement. #ActOnClimate #ClimateAction @CeresNews @IGCC_Update @IIGCCnews @PRI_News @AIGCC_update pic.twitter.com/E3JrVLqlAq
— Climate Action 100+ (@ActOnClimate100) 13 dicembre 2017
Climate action 100+ è un’iniziativa quinquennale con cui gli investitori di tutto il mondo si rivolgono alle aziende maggiormente responsabili delle emissioni di gas serra. In questa prima fase si focalizzano su un gruppo di cento società, selezionato a partire dai dati forniti dal Cdp. Nella lista, pubblicata nel sito ufficiale dell’iniziativa, ci sono colossi dei trasporti (come Airbus Group, Boeing Company e Suzuki Motor Corporation), dei combustibili fossili (Gazprom, Petrobras, Imperial Oil e molti altri) e dell’energia elettrica (Suncor Energy, Duke Energy Corporation e così via), ma non solo.
Ma cosa si chiede, nel concreto, a queste grandi aziende? I 225 investitori hanno sancito tre punti-chiave. Il primo: migliorare il loro processo di governance sui rischi dei cambiamenti climatici e le misure per affrontarli. Secondo punto: intraprendere misure concrete per ridurre le emissioni su tutta la filiera, coerentemente con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, che vuole mantenere l’aumento delle temperature medie globali al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. Infine, essere più trasparenti di fronte ai propri investitori sul potenziale impatto dei cambiamenti climatici sul proprio modello di business, in linea con le raccomandazioni finali della Task Force on Climate-related Financial Disclosures e con le linee guida specifiche di settore, dove applicabili. Tra i firmatari della lettera aperta ci sono nomi molto noti nel mondo della finanza, da Allianz Global Investors a BNP Paribas Asset Management, passando per HSBC Global Asset Management e Mirova.
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Il presidente francese Emmanuel Macron ha scelto simbolicamente la data del 12 dicembre, secondo anniversario dell’Accordo di Parigi, per convocare la comunità internazionale nella capitale francese. Come una sorta di “secondo capitolo” della Cop23 di Bonn, il One Planet Summit aveva un intento dichiarato: trovare i finanziamenti necessari per la lotta ai cambiamenti climatici. All’insegna del principio per cui – riprendendo le parole del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres – “il green business è good business”.
Molti gli annunci lanciati nel corso della plenaria, che ha ospitato 55 capi di stato e di governo (con alcune significative eccezioni come il presidente americano Donald Trump, il premier italiano Paolo Gentiloni e la cancelliera Angela Merkel), oltre a personalità del mondo delle organizzazioni e delle imprese. Tra le novità più importanti, senza dubbio è da citare l’annuncio della Banca Mondiale, che dal 2019 non finanzierà mai più attività di esplorazione e produzione di petrolio o gas. La compagnia di assicurazione Axa, dopo aver abbandonato il carbone, ritirerà 3,6 miliardi di euro dalle energie fossili e abbandonerà il business delle sabbie bituminose e delle pipeline. Nel frattempo un gruppo di filantropi (tra cui Michael Bloomberg, Bill Gates e Richard Branson) ha promesso di incrementare i fondi da destinare a iniziative per l’ambiente.
D’ora in poi l’università di Oxford non investirà più nei combustibili fossili, ma solo nelle società che si impegnano seriamente per la decarbonizzazione.
Oltre 2.500 miliardi di euro: sono i soldi che le grandi banche hanno iniettato nel settore delle fonti fossili dalla firma dell’Accordo di Parigi al 2019.
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