Codice rosso, cosa prevede la nuova legge sulla violenza contro le donne

Il parlamento ha approvato il Codice rosso, la legge contro la violenza sulle donne. Tempi più rapidi per il processo, pene più dure e soprattutto introduzione di nuovi reati: il revenge porn e le lesioni permanenti al voto. Rimangono perplessità.

Processi più rapidi, pene più severe, maggiori tutele per le vittime. E poi l’introduzione del reato del revenge porn, la vendetta perpetrata da un uomo nei confronti dell’ex compagna consistente nella diffusione sul web di video intimi, e quello di sfregio al volto. Il Senato ha approvato la legge “Codice rosso”, che si propone di combattere, una volta di più, la violenza sulle donne. Il testo è passato senza voti contrari, ma con l’astensione di 47 senatori, dopo che la Camera dei deputati l’aveva approvato già lo scorso 2 aprile.

Una corsia preferenziale

Il Codice rosso è di fatto una sorta di bollino di precedenza, proprio come succede per le priorità al pronto soccorso: in tutte le indagini relative a casi violenza domestica o di genere (ovvero maltrattamenti contro familiari e conviventi; violenza sessuale, aggravata e di gruppo atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne; atti persecutori; lesioni personali aggravate da legami familiari) la polizia giudiziaria e il pubblico ministero dovranno attivarsi immediatamente, e la vittima dovrà essere ascoltata entro 3 giorni dalla denuncia, per limitare al massimo la possibilità che la violenza possa essere reiterata. Al contrario, le donne avranno più tempo per denunciare una violenza subita: 12 mesi invece dei 6 previsti in genere dalla legge, un modo per consentire alle vittime di interiorizzare meglio l’accaduto.

Il revenge porn

L’altra vera novità della legge è la nascita del reato di revenge porn: nel 2017 il parlamento, in seguito al suicidio di Tiziana Cantone, aveva già approvato una legge che consentiva a chi aveva subito atti di cyberbullismo di chiedere di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti diffusi in rete che lo riguardavano. Da oggi è previsto il carcere (da uno a sei anni) per chi diffonde foto o video a contenuto sessuale per vendicarsi del partner dopo la fine di una relazione, e anche per chi riceve i file e li inoltra a sua volta. Aumentano invece tutte le pena già previste per gli altri delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi, con aggravanti quando la violenza sessuale è commessa a danno o in presenza di minori.

Lesioni permanenti al viso e sostegno psicologico

L’altro reato che entra a fa parte del codice penale è il delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, punito con la reclusione da 8 a 14 anni, e con l’ergastolo se lo sfregio porta alla morte della vittima. D’altro canto, la legge dispone anche la possibilità, per i condannati per reati di questo tipo, di sottoporsi a un trattamento psicologico con finalità di recupero e di sostegno, che può portare anche alla sospensione della pena. Stretta anche contro lo stalking: la persecuzione dell’ex partner ora prevede una pena da uno a sei anni e mezzo di carcere, e si introduce il braccialetto elettronico come strumento per garantire il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

Plaude il governo, in particolare il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che aveva fortemente voluto questo provvedimento. Eppure la nuova legge non convince tutti: dai parlamentari che si sono astenuti, di centrosinistra, così come molti di centrodestra che, pur avendola votata, la considerano un passo troppo prudente. Soprattutto perché non è previsto lo stanziamento di alcun fondo. Lucia Annibali, per esempio, deputata del Partito democratico, sfregiata con l’acido nel 2013 da due uomini, in una intervista allo Huffington Post ha detto che Codice rosso “è inutile e inefficace” perché se non si aggiungono fondi per il personale “è impensabile che, a parità di organico, gli uffici dei pubblici ministeri possano soddisfare l’obbligo dei tre giorni”.

Ma è proprio l’obbligo dei tre giorni la questione più criticata: secondo l’associazione Donne in rete “per le donne che subiscono violenza denunciare diventa ancora più rischioso” perché i tre giorni che passeranno da quando una donna vittima di violenza sporge denuncia a quando un magistrato la ascolterà per predisporre eventuali misure di protezione “costituiscono un margine pericoloso o inutile”. Pericoloso, perché non è detto che la donna sia in condizioni di sicurezza. Inutile, perché se la donna non è pronta e non è sicura, “non racconterà nulla o minimizzerà”. Insomma, il Codice rosso può essere un passo in avanti, ma il traguardo è ancora lontano, anche perché molte delle violenze contro le donne rimangono ancora non denunciate.

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