Come le pompe di calore favoriscono la transizione energetica

L’Europa potrebbe risparmiare 60 miliardi di euro l’anno se riuscisse a raddoppiare l’installazione delle pompe di calore elettriche, come previsto dal piano RePowerEU. Ed eviterebbe un consumo e trasporto enorme di gas.

  • I combustibili fossili forniscono quasi l’83 per cento dell’energia usata per il riscaldamento in Europa.
  • Se incrementassimo l’adozione delle pompe di calore elettriche si potrebbe evitare di consumare e trasportare gas pari a 60 miliardi di euro l’anno.
  • Si tratta di una delle tecnologie più promettenti per stimolare l’elettrificazione del sistema energetico.

La tecnologia delle pompe di calore elettriche potrebbe far risparmiare all’Unione europea circa 60 miliardi di euro all’anno. Come? Consentirebbe di evitare il consumo di gas naturale, che in Europa era importato per il 90 per cento, il 40 per cento del quale dalla Russia – almeno fino all’inizio della guerra in Ucraina. Per questo motivo la Commissione europea con il piano RePowerEU prevede di raddoppiarne la diffusione nei prossimi cinque anni e di raggiungere 1,2 milioni di nuovi dispostivi.

Come funzionano le pompe di calore

In linea generale, i combustibili fossili – petrolio, gas e carbone – forniscono quasi l’83 per cento dell’energia usata per il riscaldamento nei paesi europei. Di questo, il gas naturale alimenta il 66 per cento delle caldaie. Invece, in estrema sintesi, le pompe di calore sono dispositivi elettrici altamente efficienti: estraggono il calore da una fonte naturale – come l’aria, l’acqua o il terreno – e lo trasportano all’interno della struttura da riscaldare o raffreddare attraverso impianti radianti a pavimento o terminali, come i comuni termosifoni.

È per questo motivo che possono contribuire ad accelerare l’indipendenza energetica dell’Unione alla luce degli effetti sociali, ambientali ed economici dell’invasione della Russia in Ucraina. “In Europea si è creata una situazione di crescente dipendenza dal gas russo nel corso dei decenni, dobbiamo semplicemente rompere l’abitudine”, afferma convinto Richard Lowes, esperto di pompe di calore e senior associate presso il Regulatory assistance project, organizzazione non profit indipendente che si occupa di politiche di decarbonizzazione energetica.

Retrofit e pompe di calore: potenzialità per la transizione energetica

Le tecnologie adoperate per il riscaldamento, al pari degli strumenti incentivanti, variano da paese a paese. In Scandinavia, Polonia e paesi baltici, ad esempio, si fa frequentemente ricorso al teleriscaldamento che, come definito all’articolo 2 della direttiva 2009/28/CE, consente di trasportare l’energia termica sotto forma di vapore, acqua calda o liquidi refrigerati da una fonte centrale di produzione verso una pluralità di edifici o siti tramite una rete per il riscaldamento o il raffreddamento.

Altrove, come in Italia, si adopera una caldaia a gas di grandi dimensioni per riscaldare l’intero condominio oppure si installano piccole caldaie nei singoli appartamenti. In caso di retrofit, ossia di sostituzione di una tecnologia vetusta ed energivora con una più efficiente, si potrebbe, nel primo caso, adottare una pompa di calore geotermica di grandi dimensioni per estrarre il calore dal terreno e portare l’acqua calda all’appartamento attraverso l’impianto radiante a pavimento. Nel secondo caso, ogni appartamento potrebbe essere dotato di una pompa di calore che, con tubi che attraverso l’edificio, trasportano il calore dal terreno in ogni appartamento, dove viene portato alla temperatura ideale per riscaldare la temperatura o l’acqua.

Nelle aree densamente popolate ciò non è possibile. Il modo più efficiente per decarbonizzare il riscaldamento, suggerisce Lowes, è sostituire le caldaie centralizzate a gas e a carbone con pompe di calore industriali, in grado di estrarre calore anche dagli impianti di trattamento delle acque reflue o dai laghi.

Gli ostacoli ancora da superare

I costi di adeguamento degli edifici residenziali, tuttavia, possono essere elevati e variano in base alle dimensioni, alle condizioni dell’immobile, all’ubicazione (dunque alle condizioni meteorologiche) e alla tecnologia già impiegata. Nel 2021, riporta Lowes, l’adozione di un impianto geotermico a terra e pompe di calore in ciascuno dei 364 appartamenti in un complesso di sette torri residenziali alimentate a gas nel Nord dell’Inghilterra è costata oltre 10 milioni di euro.

Bisogna poi riuscire a mettere tutti d’accordo, ad esempio quando la soluzione più efficiente, ambientalmente ed economicamente, è l’installazione di un unico grande impianto di riscaldamento piuttosto che di singole piccole caldaie.

C’è da dire, poi, che l’elettricità impiegata per alimentare le pompe di calore in molte zone d’Europa è più costosa del gas naturale. E può essere altrettanto inquinante perché, è bene ricordarlo, dipende sempre da come è prodotta. I sostenitori di questa tecnologia chiedono a gran voce un’accelerazione dei divieti di utilizzo del gas naturale negli edifici, maggiori incentivi governativi per la riqualificazione energetica e una tassa sul carbonio per il riscaldamento a gas.

Infine, il tema delle competenze: l’aumento della domanda si sta scontrando con la carenza della formazione utile all’installazione delle pompe di calore. “Non stiamo formando idraulici e ingegneri del riscaldamento al ritmo necessario”, afferma Lowes, che aggiunge “poiché si tratta di una parte così importante della transizione energetica, questo diventerà rapidamente un ostacolo”. Bisogna quindi accelerare, la transizione energetica non può aspettare.

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