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La Corte penale internazionale all’Aia ha stabilito di avere giurisdizione sui territori della Cisgiordania, di Gerusalemme est e della striscia di Gaza.
La Corte penale internazionale dell’Aia, nei Paesi Bassi, ha la giurisdizione sui territori palestinesi della Cisgiordania, di Gerusalemme est e della striscia di Gaza, occupati da Israele nel 1967. Ciò significa che può aprire inchieste per presunti crimini di guerra nella zona. La decisione, annunciata venerdì 5 febbraio, è stata fortemente osteggiata da parte di Israele.
La questione nasce sei anni fa quando la giurista gambiana Fatou Bensouda, procuratore capo della Corte penale internazionale, intraprende un’indagine preliminare sui presunti crimini di guerra commessi nei territori palestinesi occupati. Al cento dell’attenzione c’è anche il sanguinoso conflitto nella striscia di Gaza dell’estate 2014, sottolinea il New York Times. Alla fine del 2019 Bensouda chiede alla corte di confermare la propria giurisdizione sull’area. Una richiesta che ora è stata accolta, anche se non all’unanimità; sui tre giudici chiamati a esprimersi, infatti, uno – l’ungherese Péter Kovács – si è opposto.
Ora Bensouda dovrà scegliere se procedere con la valutazione di episodi commessi tanto dagli israeliani quanto dai palestinesi. Considerato che il suo mandato scade a giugno, però, è probabile che a occuparsene sia il suo successore. Israele non può presentare appello perché, pur avendo partecipato ai lavori per la costituzione della Corte penale internazionale, non ha mai ratificato lo Statuto di Roma e quindi non ne è membro. L’Autorità nazionale palestinese invece ha firmato lo Statuto a dicembre 2014, nonostante la forte opposizione da parte israeliana e statunitense.
Durissima la reazione da parte del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. “Oggi la corte ha dimostrato ancora una volta di essere un ente politico e non un’istituzione giudiziaria”, dichiara tramite una nota. “La corte chiude gli occhi sui veri crimini di guerra e invece perseguita lo stato di Israele, uno stato con un regime democratico fermo, che santifica lo stato di diritto, e non è un membro della corte”. Tramite un video messaggio inasprisce ulteriormente i toni, parlando di “puro antisemitismo” e accusando la corte di “rifiutarsi di indagare su crudeli dittature come l’Iran e la Siria che commettono orrende atrocità quasi ogni giorno”.
Opposta la reazione da parte della Palestina. La decisione è “un messaggio per gli autori di crimini”, sostiene il primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese Mohammad Shtayyeh. Crimini che, sottolinea, “non resteranno impuniti”. Plaudono anche diverse ong internazionali, prima fra tutte Amnesty international. Un’indagine segnerebbe “un passo atteso da tempo verso la giustizia per le vittime”, oltre che “un’opportunità per porre fine al ciclo di impunità che è al centro della crisi dei diritti umani nei territori occupati”, dichiara tramite una nota Saleh Higazi, vice direttore regionale nella regione del Medio oriente e del nord Africa.
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