Covid-19

Dov’è l’ambiente nel piano della task force guidata da Vittorio Colao

Tra le proposte contenute nel documento presentato dalla task force di Vittorio Colao ci sono transizione energetica ed economia circolare.

Decarbonizzazione, economia circolare, riduzione del consumo di suolo. E poi trasporti pubblici meno inquinanti ed efficientamento energetico degli edifici. Sono questi i punti essenziali elaborati nel piano Iniziative per il rilancio, Italia 2020-2022 redatto dal comitato di esperti in campo economico e sociale nominato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte prima dell’inizio della fase due dell’emergenza coronavirus, e incaricato di guidare l’Italia verso lo sviluppo sostenibile.

Ben 102 punti, organizzati come schede di lavoro, divisi in sei macro-aree: imprese e lavoro; infrastrutture e ambiente; turismo, arte e cultura; pubblica amministrazione; istruzione, ricerca e competenze; individui e famiglie. I temi che finora più hanno fatto discutere sono quelli che sottolineano l’importanza di ridurre l’economia sommersa per liberare risorse, incentivando i pagamenti elettronici attraverso sgravi fiscali ma anche attraverso la concessione di sanatorie parziali per gli evasori: proprio questa proposta di condono fiscale è stato il passaggio più criticato del piano fino a questo momento.

E poi il rilancio dell’export, il sostegno alle piccole e medie imprese e alle startup, un fondo per la riqualificazione dei senza lavoro e un sistema di misure per incentivare l’occupazione femminile, con particolare attenzione alle donne vittime di violenza. Ma ampio spazio è dedicato anche alla necessità di adeguarsi al green deal lanciato recentemente dall’Unione europea.

Un grande piano per la transizione energetica

Scorrendo tra le 102 schede tecniche proposte all’esecutivo dalla task force guidata da Vittorio Colao, la prima che riguarda specificamente l’ambiente è quella che propone di sbloccare e accelerare investimenti da parte degli operatori del settore energetico, in particolare nel campo della distribuzione gas e della costruzione di impianti di produzione di energia rinnovabile. Secondo gli esperti infatti, l’Italia in questo momento sconta due grossi gap: da un lato l’eccessiva lunghezza dell’iter burocratico per la realizzazione di infrastrutture energetiche (fino a 7 anni per i progetti più onerosi). Dall’altra, scrivono, bisogna urgentemente porre rimedio al fatto che “attualmente non sono previsti percorsi prioritari per progetti di transizione energetica”, un fattore che limita di fatto il raggiungimenti di obiettivi di efficienza energetica, l’uso di fonti rinnovabili e la riduzione delle emissioni di C02 che pure sono contenuti nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima.

La scheda dedicata alla transizione energetica

Proprio alla transizione energetica è dedicato un intero paragrafo: in un contesto in cui la pandemia da Covid-19 rischia di rallentare la realizzazione dei progetti di transizione energetica, esponendo il sistema paese ad un rischio climatico e anche a perdita di competitività sui mercati, è necessario “definire un piano a lungo termine di decarbonizzazione e un esplicito obiettivo di carbon neutrality, come da linee guida europee e sul modello di altri paesi; incentivare l’efficienza energetica e la transizione energetica (ad esempio la produzione e l’auto-produzione di energia rinnovabile) di imprese, pubbliche amministrazioni e privati”.

I rifiuti e l’economia circolare

C’è poi il capitolo dell’economia circolare e della gestione dei rifiuti: secondo il team guidato da Colao, oggi la gestione dei rifiuti e delle attività di depurazione dell’acqua non è equamente sviluppata sul territorio nazionale e non soddisfa per la maggior parte dei casi le direttive  imposte dall’Unione europea, esponendo tra l’altro lo Stato a reiterate procedure di infrazione. E dal momento che il volume di rifiuti generati dall’Italia è in costante crescita (170 milioni di tonnellate l’anno scorso) e che mancano impianti adeguati, è necessario ridurre e valorizzare i rifiuti (industriali e urbani) sfruttandoli in maniera virtuosa con l’obiettivo di sviluppare un’economia circolare sostenibile e profittevole. Come? Adeguando norme e proponendo incentivi, fondi e investimenti strutturali relativi al trattamento di rifiuti e scarti per favorire l’attivazione di progetti di economia circolare a livello aziendale, anche su piccola scala.

Il verde e la lotta al dissesto idrogeologico

L’ultima macro-proposta riguarda un piano per il verde e contro il dissesto idrogeologico. Gli esperti del comitato riconoscono che il territorio italiano è esposto ad alti rischi di dissesto idrogeologico: i comuni italiani ad alta pericolosità di frana e pericolosità idraulica sono infatti oltre 7mila (più del 90% del totale) e riguardano circa 50mila chilometri quadrati del territorio nazionale, pari circa a un sesto del totale.

dissesto idrogeologico venezia
Il dissesto idrogeologico costa all’Italia dai 2 ai 3 miliardi di euro © Vittorio Zunino Celotto/Getty Images

Per questo è necessario, secondo il piano, intanto adeguarsi alle direttive europee di No Net Land Take, il documento del 2016 della Commissione europea che poneva l’obiettivo di raggiungere, entro il 2050, un consumo netto di suolo pari a zero.  In secondo luogo, combattere l’abusivismo edilizio, gli incendi boschivi dolosi e l’inquinamento; poi, definire un piano di investimento per preservare le aree verdi, il territorio e gli ecosistemi nazionali, ad esempio finanziando la bonifica dei siti inquinati, e incoraggiando le imprese a quantificare nei loro bilanci sociali il capitale naturale che gestiscono. Per quanto riguarda il consumo del suolo e il conseguente dissesto idrogeologico, l’idea è che ogni investimento che comporti nuove edificazioni sarà consentito solo in assenza di ogni possibilità di procedere piuttosto con il recupero e la rigenerazione di aree già edificate.

Infrastrutture reali e digitali più moderne

Ma anche nelle schede dedicate essenzialmente alle infrastrutture si possono trovare accenni a una rigenerazione di tipo ambientale ed energetico, come ad esempio nel capitolo dedicato alla mobilità che suggerisce di incentivare il rinnovo del parco mezzi del trasporto pubblico locale verso mezzi a basso impatto (ibrido, elettrico, biocombustibile), incentivare il rinnovo dei mezzi pesanti privati con soluzioni meno inquinanti e pianificare investimenti e finanziamenti a favore della ciclabilità, ricordando che in Italia i trasporti incidono per il 25-35 per cento sulle emissioni di CO2 totali e che al 2018, l’intero parco mezzi aveva un’età media 12-13 anni (molto distante dai riferimenti europei dove l’età media si attesta sui 7-8 anni), ed era composto principalmente di mezzi a propulsione diesel da Euro 2 a Euro 5. Ma anche il capitolo dedicato al rafforzamento dello smart working e della banda larga, per consentire una digitalizzazione del lavoro, comporterebbe un notevole impatto sulla riduzione degli spostamenti e dunque di traffico e inquinamento.

Le critiche: pochi vincoli per costruire e il nodo 5G

Qualche critica sulla parte ambientale è stata avanzata in particolare su un punto, la norma che prevede semplicemente il silenzio-assenso entro 30 giorni per la costruzione di nuove infrastrutture ricadenti nelle aree sottoposte a vincolo ambientale o paesaggistico. Inoltre, un altro punto destinato a far discutere è quello che riguarda l’infrastruttura digitale del 5G: per portarla a compimento, il piano chiede di adeguare i livelli di emissione elettromagnetica in Italia ai valori europei, oggi circa 3 volte più alti e secondo gli esperti “radicalmente inferiori ai livelli di soglia di rischio” (20 V/m, volt su metro, contro i 61 europei). “Troviamo sconcertante la volontà di alzare i limiti di emissioni elettromagnetiche, ovvero di inquinamento elettromagnetico, abbandonando un principio generale dell’UE come quello di precauzione” spiegano invece i portavoce di Europa Verde Grandi e Anfelo Bonelli. “D’altro canto, ci saremmo aspettati un’azione incisiva per il contrasto al cambiamento climatico e l’eliminazione dei contributi alle fonti fossili, a oggi pari a 19 miliardi”, che invece nel documento non risultano.  Il piano sarà ad ogni modo al centro delle discussioni degli Stati generali dell’economia, convocati dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte per il prossimo weekend e ai quali parteciperanno politici, economisti, imprenditori, ambientalisti tra i più influenti d’Italia: tutto, quindi, potrebbe ancora cambiare.

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