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In Venezuela una crisi politica ed economica sta generando un malcontento generale. Raccolte 200mila firme per il referendum contro il presidente Maduro.
La diminuzione del prezzo del petrolio, che nel 2013 ammontava a 97 dollari al barile e nel 2015 è crollato a 48 dollari al barile, è stata una delle cause scatenanti della crisi. Il paese è stato colpito duramente perché le esportazioni di greggio sono uno dei pilastri della sua economia. Nel 2013 il petrolio copriva il 97,7 per cento delle esportazioni totali del Venezuela.
La riduzione del prezzo del greggio ha causato un aumento incontrollato dell’inflazione, un declino dell’economia e, di conseguenza, livelli di criminalità sempre maggiori. La capitale Caracas è ormai la seconda città più violenta del mondo da due anni.
La crisi economica è esplosa anche a causa dell’incapacità del governo di promuovere programmi di previdenza sociale e la popolazione ha avuto sempre meno accesso a cibo e medicinali. Gli scaffali dei negozi sono vuoti e le persone in coda per comprare i beni di prima necessità sono sempre più numerose. Per risolvere il problema, il governo ha cominciato a razionare il cibo e si stima che 35mila venezuelani si sono recati in Colombia per fare la spesa a partire dal 10 luglio, giorno in cui il presidente Nicolás Maduro ha riaperto i confini.
Maduro, succeduto a Hugo Chávez dopo la sua morte, ha dato la colpa esclusivamente al calo del prezzo del petrolio e alla guerra economica condotta dalle nazioni “nemiche” del Venezuela, come gli Stati Uniti. Ma le critiche che gli sono state rivolte si riferiscono alle politiche economiche socialiste che avrebbero causato la recessione del Venezuela, triplicato l’inflazione a due cifre e avrebbero portato alla scarsità di prodotti alimentari.
Una situazione che ha aumentato il numero di oppositori di Maduro: la coalizione Unità democratica (Mud) ha ottenuto 99 seggi su 167, mentre il Partito socialista unito del Venezuela (Psuv), guidato da Maduro, ha ottenuto 46 seggi alle elezioni legislative tenutesi nel dicembre del 2015.
Inoltre, secondo la commissione elettorale nazionale del Venezuela l’opposizione è riuscita a raccogliere più di 200mila firme per il referendum presidenziale revocatorio. Queste firme sono sufficienti per avviare il processo di indizione del referendum che dovrebbe chiedere ai cittadini se vogliono che Maduro continui a governare. Sono scoppiate anche delle proteste. Rueben Merenfield, un venditore di ferramenta di 58 anni, ha dichiarato: “Siamo stanchi di metterci in coda, stanchi di saltare i pasti” e “vogliamo il referendum promesso dalla costituzione”.
Questo ha portato Maduro ad affermare che, se il referendum si terrà in modo legale, accetterà la decisione del popolo.
L’instabilità politica ed economica mostra che c’è bisogno di cambiamento nella struttura economica dello stato e nella leadership politica. La situazione attuale in Venezuela rappresenta anche un chiaro avvertimento per i paesi che dipendono in modo massiccio dall’esportazione di risorse naturali, come il petrolio, che sono soggette a grandi fluttuazioni di prezzo.
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