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È entrata in funzione la prima centrale solare da un megawatt all’interno della zona di esclusione di Chernobyl. È il primo step di un progetto di sviluppo delle rinnovabili che il governo ucraino ha promosso nell’area.
A Chernobyl è entrata in funzione la prima centrale solare fotovoltaica. Un impianto per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che ridà dignità a una terra devastata dal più grande incidente della storia dell’energia avvenuto nel 1986 e di cui oggi si sta registrando l’inizio degli effetti a lungo termine sulla salute delle persone. L’impianto sorge sui terreni all’interno della zona di esclusione di Chernobyl, un’area che si estende fino a 30 chilometri in tutte le direzioni intorno ai reattori della centrale nucleare e che rimarrà contaminata e abbandonata almeno – secondo i calcoli degli studiosi – per i prossimi 24mila anni, per sempre.
Il progetto della centrale solare è stato promosso dal Governo ucraino che, nel 2016, ha adottato un disegno di legge apposito per realizzare nell’area intorno a Chernobyl progetti legati al settore energetico che trasformino il sito in una centrale elettrica diffusa da 1 gigawatt di potenza, sufficiente per alimentare 100 milioni di lampade a led. Da allora, diverse realtà internazionali hanno espresso interesse a partecipare al progetto. All’inizio del 2017, la rivista PV Magazine parlava di trattative del governo con il gigante energetico francese Engie e di uno studio di fattibilità sostenuto dal governo francese.
Il progetto lanciato dal Governo Ucraino ha attirato l’interesse di investitori e compagnie di assicurazione “È un terreno a buon mercato e il buon livello di irraggiamento solare costituisce una solida base per un progetto”, ha detto al Guardian Ostap Semerak, ministro dell’Ambiente e delle risorse naturali dell’Ucraina.
Molte grandi società che hanno espresso interesse a realizzare investimenti nell’area, dai cinesi (GCL System Integration Technology Co Ltd. and China National Complete Engineering Corp), ai francesi (Engie), passando per i tedeschi (Enerparc), ma anche decine di piccoli investitori hanno iniziato a istallare parchi solari nell’area circostante. Grande interesse sebbene realizzare un progetto in una zona di contaminazione nucleare non sia semplice viste le importanti implicazioni di sicurezza che ne derivano.
Il progetto fotovoltaico da 1,2 milioni di dollari di Chernobyl è sviluppato da Rodina Energy Group, – una società di ingegneria ucraina che ha realizzato diversi progetti legati alle energie rinnovabili soprattutto nei Paesi dell’Europa orientale e in quelli Cis – insieme al partner tedesco, Enerparc AG, specializzato nelle tecnologie legate al solare e al fotovoltaico. La centrale fotovoltaica è costituita da 3.762 moduli che sono stati installati sul sito utilizzando tecniche di fondazione e sistemi di montaggio appositamente progettati per garantire specifiche condizioni di sicurezza considerate le caratteristiche dei terreni attorno a Chernobyl. L’impianto ha una potenza di 1 megawatt e produce energia elettrica sufficiente a illuminare 2mila abitazioni.
Anche se rappresenta solo una piccola parte del grande progetto da 1 gigawatt, l’avvio dell’impianto fotovoltaico firmato da Rodina Energy Group e Enerparc AG rappresenta il primo passo concreto per riattivare l’area dopo un lungo periodo di discussione che ha coinvolto esperti delle tecnologie solari e politici. Sebbene non sia ancora definita con esattezza la dimensione complessiva di tutti gli impianti solari necessari a raggiungere la potenza di un gigawatt, ammesso che si riesca a raggiungerla, il governo ucraino sta andando avanti in questa direzione e attualmente sta valutando progetti per arrivare a sviluppare nel medio periodo una capacità di 100 megawatt.
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