
Camminare tra le montagne più belle del mondo e scoprire passo passo opere di land art che dialogano e impreziosiscono il territorio. In val Badia, è Smach.
80 opere che testimoniano le affinità artistiche ma anche il rapporto di amicizia intercorso tra Dalí e Duchamp, due dei geni più irriverenti e discussi del Novecento. Dal 7 ottobre al 3 gennaio alla Royal academy di Londra.
A un primo approssimativo sguardo le loro rispettive produzioni artistiche sembrano collocarsi agli estremi opposti della curva dell’immaginazione, ovvero da un lato al limite paradossale della sintesi e dell’astrazione concettuale duchampiana e dall’altro verso i più sfrenati eccessi onirici di quell’universo surrealista del quale Salvador Dalí fu l’indiscusso alfiere.
Tuttavia, al di là delle concomitanze storiche e cronologiche, le affinità elettive tra due dei geni più irriverenti e discussi dell’arte novecentesca appaiono talmente pregnanti e suggestive da aver ispirato alla Royal academy di Londra l’idea di proporre la prima retrospettiva interamente dedicata al raffronto artistico ma anche al vero e proprio rapporto di amicizia che intercorse tra Dalí e Duchamp dall’inizio degli anni Trenta in poi.
Dal 7 ottobre al 3 gennaio le sale di Burlington House accoglieranno una selezione di 80 opere tra le quali i curatori Dawn Ades, William Jeffett e Sarah Lea hanno incluso non solo alcuni dei lavori più rappresentativi dell’arte di ciascuno (dal telefono con l’aragosta al celebre orinatoio), ma anche le incursioni in ambiti marginali e meno noti della loro attività, come ad esempio le fotografie di Dalí o i dipinti di Duchamp.
Qualche perplessità e un certo sentore di pruderie britannica sono state suscitate dalla scelta di allertare preventivamente il pubblico circa la presenza di contenuti sessualmente espliciti: il timore di urtare la sensibilità dei visitatori minorenni deriverebbe dall’esposizione di manoscritti di Dalí che illustrano con dovizia di particolari, attraverso schizzi e testi autografi, le stravaganze e le perversioni – sessuali e non solo – del maestro catalano.
Il francese Marcel Duchamp (1887-1968), nativo di Blainville-Crevon, e lo spagnolo Salvador Dalí (1904-1989), originario di Figueras, ebbero occasione di incontrarsi nei primi anni Trenta tramite amici comuni frequentati nell’ambito del circolo surrealista, ma il loro sodalizio si approfondì e consolidò soltanto quando Duchamp prese l’abitudine di affittare ogni anno una casa per le vacanze estive nel villaggio di Cadaquès, luogo d’infanzia del vulcanico Dalí.
Quest’ultimo non avrebbe esitato a difendere il contestatissimo amico avanguardista, più anziano di lui di 17 anni, pubblicando in sua difesa un intervento scritto in cui elencava dodici ragioni per cui l’opera duchampiana “Re e regina circondati da nudi veloci” dovesse essere considerata nettamente superiore alla pletora di arte pseudodecorativa contemporanea.
Duchamp, dal canto suo, interviene insistentemente contro l’espulsione della Madonna di Dalí da una mostra surrealista curata da Breton, perorando la sua causa dinanzi alle accuse di vilipendio alla religione.
Malgrado le loro vistose diversità caratteriali, che contrapponevano il temperamento quieto e schivo di Duchamp alla proverbiale esuberanza narcisistica di Dalí, entrambi i personaggi appaiono evidentemente accomunati dalla volontà di rimettere radicalmente in discussione il ruolo dell’artista e il senso profondo dell’atto creativo.
Oltre alle propensioni innovative e avanguardistiche, che li indussero ad esplorare le medesime traiettorie sperimentali dell’epoca, dall’impressionismo al fauvismo, dal cubismo al futurismo, i due condivisero il medesimo atteggiamento ironico, scettico e marcatamente dissacrante verso ogni genere di regola o convenzione.
Che si tratti del cosiddetto “ready made” inventato da Duchamp, ovvero dell’oggetto di uso comune decontestualizzato e fatto assurgere al rango di opera d’arte, come pure delle deformazioni oniriche e allucinatorie predilette da Dalí, il percorso espositivo elaborato dalla Royal academy evidenzia alcuni precisi nuclei tematici comuni, quale ad esempio lo spiccato interesse di entrambi verso l’erotismo, ma anche verso la scienza, la fisica, lo spazio, l’energia, la materia, la gravità nonché per i meccanismi dell’illusione ottica e della prospettiva.
Paladini della libertà individuale, nemici dell’ovvietà, febbrili inseguitori della provocazione, sia Dalí sia Duchamp seppero imprimere nella storia dell’arte una traccia talmente profonda e riconoscibile da poter ritenere, senza falsa modestia, di averne effettivamente modificato il corso.
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