Decreto ong: cosa succederebbe se oggi ci fosse un naufragio di migranti

Organizzazioni non governative e associazioni protestano per l’ok della Camera al decreto ong, che renderà più complicati i soccorsi nel Mediterraneo.

  • La Camera ha approvato il cosiddetto decreto ong che regola i salvataggi in mare.
  • Non sono più vietati esplicitamente i salvataggi multipli, ma si deve comunque rientrare “senza ritardi”.
  • In questo momento tutte le navi di soccorso navigano verso terra: oggi sarebbe impossibile un soccorso.

Se oggi una delle tante imbarcazioni di fortuna cariche di migranti si ritrovasse alla deriva nel mezzo del Mediterraneo centrale, non ci sarebbe nessuna nave di alcuna organizzazioni non governativa in grado di soccorrere le persone in difficoltà. E forse la storia finirebbe come è finita il 15 febbraio, quando l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha segnalato 73 nuovi dispersi a seguito di un naufragio davanti alla Libia, per un totale di 130 dall’inizio dell’anno.

È il primo effetto del decreto varato dal governo l’ultimo giorno dello scorso anno, definito decreto ong, e appena approvato dalla Camera, che spinge le navi a richiedere subito un porto in cui sbarcare non appena effettuato un salvataggio di migranti in difficoltà: così, ad oggi, dopo Ocean Viking e Geo Barents, dirette rispettivamente a Ravenna e Ancona, e la Sea Watch sbarcata a Napoli da qualche giorno, anche Life Support di Emergency sta rientrato a terra dopo aver salvato 156 persone, in due diversi interventi.

Cosa prevede il decreto ong

Salvataggio doppio

Due diversi interventi, è bene sottolinearlo. Il primo intorno alla mezzanotte: “La barca di legno, di circa 7 metri, è comparsa improvvisamente sul radar. Si è avvicinata spontaneamente alla nostra nave: in un primo momento i naufraghi hanno tentato di salire direttamente a bordo, pratica che rischiava di compromettere la loro incolumità. L’imbarcazione era sovraffollata e quindi molto instabile. Si sono tranquillizzati solo quando hanno visto attivarsi il team” ha raccontato Emanuele Nannini, Capo missione ricerca e soccorso di Emergency. Sulla barca c’erano 46 uomini. Il secondo intervento c’è stato verso le ore 8,30 del mattino: un’ora dopo aver ricevuto indicazione di dirigersi verso il porto di Civitavecchia, la Life Support ha individuato un’altra imbarcazione in difficoltà: un gommone grigio di una decina di metri con a bordo 110 persone. Il secondo salvataggio è avvenuto in coordinamento con il Centro di coordinamento marittimo di ricerca e soccorso (Mrcc), dunque apparentemente in un contesto di assoluta legalità.

Un decreto subdolo 

Ma è proprio qui che entra in gioco il cosiddetto decreto ong e l’aleatorietà di quanto vi è contenuto, che pone le navi delle organizzazioni non governative in un clima di incertezza riguardo all’effettiva liceità del proprio lavoro. Rispetto al testo originario del decreto, infatti, il testo approvato alla Camera non prevede più esplicitamente il divieto di effettuare salvataggi multipli, che era stato molto contestato in prima battuta perché in palese violazione della Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare, firmato nel 1982. Rimangono però, nel nuovo codice di condotta, gli altri obblighi:

  • richiedere, nell’immediatezza dell’evento, l’assegnazione del porto di sbarco
  • raggiungere il porto di sbarco indicato dalle autorità “senza ritardi” per completare il soccorso
  • fare in modo che le operazioni di soccorso non aggravino le situazioni di pericolo a bordo e non impediscano il raggiungimento del porto di sbarco.

La domanda nasce spontanea: effettuare ulteriori salvataggi, con il tempo e le possibili deviazioni sul tragitto che ciò comporta, contrasta o meno con quel “senza ritardi”? Contrasta o meno con quel “non aggravino le situazioni di pericolo a bordo” (per esempio rischi di sovraffollamento)?. Di fatto, le ong sono obbligate a trascorrere buona parte del tempo in mare navigando verso porti sempre più lontani (gli ultimi porti assegnati sono stati Ancona, 100 chilometri di navigazione, Livorno, addirittura La Spezia, nel nord Italia, e mai in Sicilia): tempo che invece era prima impiegato per approdare in porti decisamente più vicini per poi tornare al più presto operativi.

“È un decreto subdolo, ma se ci ritroveremo nelle stesse condizioni rifaremo dei salvataggi multipli, perché la priorità è quella di salvare vite” spiega senza giri di parole Rossella Miccio, presidente di Emergency, in occasione di un evento organizzato dal Tavolo asilo e immigrazione (che riunisce ong del mare e associazioni del terzo settore come l’Arci, a Buon Diritto, Amnesty Italia e molte altre) per manifestare il dissenso contro il decreto proprio nel giorno della sua approvazione alla Camera. “Noi sicuramente non molliamo, continueremo a fare il nostro lavoro in mare e a sensibilizzare e informare l’opinione pubblica su un tema che per noi è fondamentale. Si tratta di salvare vite, di rispettare i diritti umani”.

Il Tavolo asilo e immigrazione protesta contro il decreto ong davanti a Montecitorio © Simone Santi

A proposito di diritti umani, molto chiaro è stato anche Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, che ha aderito all’iniziativa dal titolo-hashtag significativo, #iononsonodaccordo: “Questo decreto ong produrrà ulteriori morti in mare, perché si decide deliberatamente di non salvarli. Sono persone cui viene negato il diritto di trovare riparo e un futuro, è un accanimento contro di loro e un accanimento contro le ong”: l’obiettivo, secondo Amnesty, “è toglierle di mezzo con la tattica dei porti lontani, con i procedimenti giudiziari e facendo in modo che la loro attività non venga svolta”.

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