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In vista del centesimo anniversario dalla morte che ricorre nel 2018, il pittore austriaco Egon Schiele torna a far parlare di sé nei musei, con il biopic arrivato nelle sale italiane e per la censura dei manifesti della metro.
È passato alla storia come il più sulfureo e tormentato esponente della Secessione viennese, le cui figure femminili dai corpi nodosi e dalle pose contorte incarnano una sensualità inquieta, melanconica, sofferta e a tratti talmente acerba da aver valso all’autore di quelle immagini l’infamante accusa di pornografo e abusatore di minorenni. Ma ancora oggi, alla vigilia del centenario della sua scomparsa che ricorrerà nel 2018, il pittore austriaco Egon Schiele (1890-1918) non smette di suscitare fascinazione e scandalo, a dimostrazione di come la forza spigolosa, disturbante ed anticonvenzionale del suo linguaggio espressionista appaia oggi più viva che mai.
Tra le numerose iniziative museali programmate per celebrare l’anniversario spiccano senz’altro quelle promosse dalla città di Vienna, che insieme a Schiele commemorerà anche altri tre iconici artisti viennesi, quali Gustav Klimt, Koloman Moser e Otto Wagner, accomunati non solo dall’estrazione culturale ma anche dal medesimo anno di morte. E tra le ben 17 mostre che nell’arco del prossimo anno la capitale austriaca riserverà ai protagonisti del modernismo fin-de-siècle, particolarmente attesa è l’esposizione The jubilee show che il Leopold Museum dedicherà a Schiele dal 3 marzo al 4 novembre 2018.
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Malgrado l’eccezionale brevità della sua esistenza, Egon Schiele ha impresso una traccia indelebile nella storia della pittura europea declinando in chiave espressionista, ovvero attraverso la distorsione figurativa e l’esasperazione mimica, i fermenti innovativi di quella “Sezession” viennese che annoverava tra i suoi principali esponenti proprio il suo maestro e mentore Klimt.
Nella leggendaria Vienna di Freud, Mahler, Kokoschka, Schönberg e numerosi altri, Schiele visse un decennio estremamente prolifico, nel corso del quale produsse circa 340 dipinti e quasi tremila esemplari tra disegni e acquerelli.
Traumatizzato dalla malattia mentale del padre e dalla sua precoce scomparsa, nella sua breve e irrequieta biografia il pittore austriaco conobbe perfino l’onta della prigione, inflittagli in seguito all’accusa di aver sedotto una quattordicenne. Non a caso il travagliato e totalizzante rapporto con l’universo femminile costituisce la chiave di lettura prescelta per il biopic di Dieter Berner tratto dal romanzo biografico di Hilde Berger il cui eloquente titolo “La morte e la fanciulla” trae spunto da uno dei più noti dipinti di Schiele. Il lungometraggio (il cui trailer è disponibile a questo link) è recentemente approdato nelle sale italiane dopo l’anteprima svoltasi a novembre alla cineteca dello Spazio Oberdan di Milano.
Un eclatante episodio di censura ha purtroppo contrassegnato la vigilia del centenario di Schiele, suscitando il giustificato scalpore dei media e l’immediata reazione difensiva, attraverso un’apposita campagna pubblicitaria e comunicativa dei curatori dell’imminente mostra viennese del Leopold Museum. La compagnia municipale dei trasporti di Londra ha ritenuto che i dipinti del pittore austriaco, in virtù della loro conturbante nudità, non potessero comparire sui muri della metropolitana cittadina.
Dopo aver ovviamente rifiutato il compromesso di offuscare con l’alterazione dei pixel le parti genitali delle figure ritratte da Schiele, gli organizzatori viennesi hanno colto l’occasione di denunciare esplicitamente l’operazione di censura affiggendo, proprio in corrispondenza dei punti “incriminati”, alcuni riquadri bianchi recanti la scritta “Sorry, 100 years but still daring today” (spiacenti, ma, malgrado siano passati 100 anni, appaiono ancora oggi troppo audaci).
L’ente del turismo viennese ha contemporaneamente voluto sollecitare una discussione pubblica sul tema della nudità e della censura in ambito artistico lanciando sui social network l’irresistibile hashtag #ToArtItsFreedom, sintesi dello slogan coniato dagli stessi Secessionisti viennesi nel lontano 1897, ovvero “Ad ogni età la sua arte, ad ogni arte la sua libertà“.
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