Andrea Pastorelli, direttore generale di Teach for Italy, spiega come giovani talenti possano diventare agenti di cambiamento nelle scuole svantaggiate.
Elogio dell’istante
“Fai dunque come me, e guarda con la letizia del saggio l’attimo negli occhi. Non indugiare. Vagli incontro rapido, benevolo, ricco di vita”.
Accanto all’?istante eccezionale, che, secondo Goethe, non deriva
dall’esterno (er-inert) ma si incarna, come pura creazione,
superamento di ostacoli verso stati superiori, nel nostro divenire
interiore, c’è l’istante quotidiano da vivere con
altrettanta pienezza. Questa disposizione ad accogliere l’istante
come vissuto autentico, come feconda modalità di saggezza
esistenziale, contrassegna tutto ciò che è
profondamente umano.
Si badi, concentrarsi sul presente, sull’attimo, non significa
recidere i legami con il passato o con le attese del futuro,
bensì vivere nella dimensione dell’attenzione
all’accadimento presente, poiché “il rimuginare insuccessi
trascorsi o il timore di difficoltà future” producono una
policromia di sentimenti che vanno dall’angoscia, all’inquietudine,
alla speranza, alla disperazione, inquinando, di conseguenza, la
purezza dell’attimo, da vivere, invece, in tutta la sua
“presenza”.
E, comunque, poiché la vita è metamorfosi, fluire
incessante di attimi, creazione sempre rinnovantesi, il presente
non è mai disgiunto dal passato e dal futuro.
Il legame saldo, pieno con il presente ha, continua Goethe, un
valore eterno: «Si tenga sempre saldamente legato al
presente. Ogni situazione, anzi ogni attimo, ha un valore infinito
perché rappresenta l’eternità nella sua
interezza».
La bellezza dell’istante è eterna, nella misura in cui
è momento del divino, la Natura, che “fa nascere il perpetuo
divenire”.
La gioia di vivere è un quid immediato, “quasi
incosciente”, è immersione degli attimi felici in quel Tutto
che è la Natura, l’Universo: «Quando la sana natura
dell’uomo agisce come un Tutto; quando l’uomo si sente nel mondo
come in un Tutto grandioso, bello, degno e pregevole; quando
l’armonico diletto gli concede una pura e libera gioia – allora
l’universo, se potesse percepire se stesso, esulterebbe come se
avesse raggiunto la propria meta e ammirerebbe l’acme del suo
divenire e della sua essenza».
Vivere la bellezza del momento non significa, tuttavia, anare il
proprio io in un estetismo fine a se stesso e totalmente privo di
radicamento comunitario. Anzi, in ogni attimo, nell?istante
presente, dobbiamo compiere il nostro dovere.
Come sottolinea Hadot: «La vera religione consiste
nell’attenzione in ogni istante al compimento del proprio dovere
quotidiano, della propria missione terrena».
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