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Quella del 2018 è stata un’estate anomala in gran parte dell’Europa, mentre in molte parti del pianeta aumentano gli eventi estremi. E un nuovo studio avverte: rischiamo l’effetto “serra bollente”.
Come sarebbe un pianeta più caldo di 4-5° Celsius? Molto, molto diverso da come lo conosciamo ora. Certamente meno ospitale. E qualche segnale iniziamo già a vederlo: l’estate bollente di quest’anno che ha colpito il Nord Europa. In varie località e in diversi Paesi si sono registrate temperature molto al di sopra delle medie del periodo e per periodi prolungati. Picchi di calore che hanno portato a vasti incendi, alla chiusura di centrali nucleari, alla perdita di interi raccolti. E ciò che colpisce non sono i casi isolati, ma il fatto che l’anomalia abbia colpito vaste aree dell’Europa.
A fine luglio e inizio agosto in Finlandia si sono toccati i 30°C ed è ancora viva l’immagine delle renne che cercano refrigerio accanto a persone in costume. In Danimarca, chiamato anche “il granaio” d’Inghilterra, le temperature hanno fatto registrare record su record: maggio 2018 è stato l’anno più caldo di sempre per il Paese, con 1,21°C superiori alla media (le registrazioni partono dal 1879).
La Svezia, altro Paese artico e il più grande produttore ed esportatore di legname e polpa di cellulosa d’Europa, ha subito a fine luglio uno dei più vasti incendi della storia, paragonabili come intensità a quelli delle aree mediterranee. Se ne sono contati più di 50 in tutto il circolo polare artico. Sempre a luglio nei Paesi Bassi era stato dichiarato lo stato d’allerta in numerose città: ad Amsterdam 12 ponti non potevano più essere aperti per far passare navi e barche a causa del metallo espanso.
In Germania invece i record sono iniziati già ad aprile e agosto ha fatto registrare numerosi casi legati all’ondata di caldo: a Gotteszell, in Baviera, una linea ferroviaria è stata chiusa a causa della deformazione dei binari, mentre nei pressi di Kassel è stata chiusa l’autostrada a causa dello scioglimento dell’asfalto, evidentemente non congegnato per resistere alle alte temperatura. In Francia invece sono state chiuse alcune centrali nucleari perché l’acqua di raffreddamento era troppo calda, mentre a Parigi le centraline elettriche saltavano a causa dell’eccessiva domanda. Senza contare i devastanti incendi che hanno colpito la Grecia e i dintorni di Atene.
Picture of the year: this scene needs no comment – center of Rovaniemi in north Finland at 32 °C. That is at 66.5 °N! July 20. You could also see Forrest fire in the background. This picture is no fake! #WeDontHaveTime
Credit: Severe Weather Europe pic.twitter.com/R451Vr4e9Q— We Don’t Have Time? (@WeDontHaveTime0) 30 luglio 2018
I segnali paiono esserci tutti. E non sono quelli dell’ultimo film catastrofico prodotto da Netflix. Il continuo aumento delle emissioni di CO2 in atmosfera non fa che esacerbare il riscaldamento globale e lo stesso nuovo rapporto dell’Ipcc, che sarà pubblicato a ottobre, pare non contenere buone notizie, ovvero la possibilità di restare sotto i 2°C.
E una delle conferme arriva pure da uno dei centri di ricerca più noti al mondo, ovvero il Stockholm resilience center che pochi giorni fa ha pubblicato su Pnas (Proceedings of the national academy of sciences) uno studio dove si afferma che la Terra rischia di entrare in una pericolosa fase di riscaldamento, che si assesterebbe ben al di sopra dei 2°C.
Redatto in collaborazione con l’Università di Copenaghen, l’Australian national university il Potsdam institute for climate impact research, lo studio ha esaminato i vari effetti di retroazione (feedback) causati dall’aumento delle temperature, arrivando alla conclusione che questi non farebbero altro che aumentare l’innalzamento delle temperature e portare il pianeta ad un pericoloso effetto “Hothouse Earth”, o “serra bollente”.
Tali processi includono il disgelo del permafrost, la perdita di metano dal fondo dell’oceano, la fusione del ghiaccio marino artico estivo e la riduzione del ghiaccio marino antartico e delle calotte polari. “Questi elementi di retroazione possono potenzialmente comportarsi come una fila di tessere del domino. Una volta spinto, spinge la Terra verso un’altra”, ha detto Johan Rockström, coautore del rapporto pubblicato negli Atti della National academy of sciences e direttore esecutivo dello Stockholm resilience center. A quel punto il pianeta dovrebbe ritrovare il punto “resiliente” e di equilibrio, e questo non sarà necessariamente adatto al prosperare di Homo sapiens.
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