
Sono passati cinque anni dall’approvazione dell’Accordo di Parigi. Il bilancio dell’azione climatica da parte dei governi è fatto di luci e ombre.
Il parlamento delle isole Fiji ha deciso all’unanimità di ratificare l’accordo sul clima delle Nazioni Unite raggiunto a Parigi nel dicembre dello scorso anno.
Le isole Fiji sono il primo paese al mondo ad aver ratificato lo storico accordo sul clima raggiunto alla Cop 21 di Parigi, lo scorso dicembre. A dimostrazione del proprio impegno nel contrastare i cambiamenti climatici, il 12 febbraio il parlamento delle isole che si trovano nell’oceano Pacifico ha adottato all’unanimità il trattato per la riduzione delle emissioni di gas serra.
Con questo accordo formale la nazione si è proposta come leader nel campo della sensibilizzazione della comunità internazionale sull’impatto che i cambiamenti climatici hanno sugli stati isola e sui paesi in via di sviluppo. La mozione è stata presentata in vista della cerimonia in cui i 196 stati che hanno preso parte all’accordo di Parigi firmeranno il trattato. L’evento, ospitato dalle Nazioni Unite, si terrà ad aprile nella sede centrale dell’organizzazione internazionale a New York, negli Stati Uniti.
Come ha confermato il primo ministro delle Fiji, Frank Bainimarama, i cambiamenti climatici sono un serio problema per il paese. Come tutte le isole del Pacifico, lo stato è particolarmente vulnerabile agli effetti dell’aumento delle temperature in tutto il mondo, in particolare all’innalzamento del livello del mare, alla maggiore frequenza di cicloni tropicali e alluvioni e al degrado degli ecosistemi della barriera corallina. Tra gli altri impegni assunti con l’accordo globale sul clima le Fiji hanno anche promesso di raggiungere il 100 per cento di energia rinnovabile entro il 2030 e, se i fondi che riceverà dalla comunità internazionale lo permetteranno, di ridurre le emissioni del 30 per cento entro lo stesso anno, altrimenti di ridurle del 10 per cento.
Gli esperti sono convinti che, sull’esempio delle Fiji, almeno altri 55 paesi, responsabili di più della metà delle emissioni di CO2 globali, approveranno formalmente l’accordo di Parigi entro aprile. Se così fosse, i provvedimenti entreranno in vigore già nel 2020 e l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperature globale al di sotto dei due gradi non sembrerà poi così lontano.
Sono passati cinque anni dall’approvazione dell’Accordo di Parigi. Il bilancio dell’azione climatica da parte dei governi è fatto di luci e ombre.
In attesa della vera Cop che si terrà a Glasgow nel 2021, i giovani attivisti britannici organizzano una conferenza online, la Mock Cop 26.
Il Regno Unito ha proposto e ottenuto di rinviare ulteriormente la Cop 26 al mese di novembre del 2021. Le ong: “Ma l’azione climatica non deve arrestarsi”.
A causa dell’epidemia di coronavirus, la Cop 26 non si terrà a novembre di quest’anno ma nel 2021.
La ventiseiesima Conferenza sul clima delle Nazioni Unite (Cop 26) si terrà a Glasgow a novembre. L’Italia organizzerà la pre-Cop a Milano.
Come una sirena d’allarme, gli attivisti hanno portato la voce del mondo dentro la Cop 25 di Madrid. I risultati dai governi del mondo non sono arrivati, ma le loro grida e messaggi più forti che mai, anche per chi non c’era.
La Cop 25 si è conclusa con due giorni di ritardo. Con pochissimi passi avanti e la prospettiva di un 2020 in salita. A mancare, ancora una volta, è la volontà politica.
La Cop 25 si avvia lentamente verso il fallimento. L’ambizione sperata, urlata, implorata non si è vista. Così entriamo nel decennio decisivo.
Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa è alla Cop 25 di Madrid per porre le basi del decennio per il clima. A cominciare dalla Pre cop di ottobre 2020 che si terrà a Milano.