La Cop28 è finita, ma bisogna essere consapevoli del fatto che il vero test risiede altrove. Dalla disinformazione al ruolo delle città, ciò che conta avviene lontano dai riflettori.
Cop26. La finanza in campo con 130mila miliardi di dollari allineati all’obiettivo zero emissioni
“Ogni decisione finanziaria deve prendere in considerazione il clima”: è l’auspicio dell’ex-governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, alla Cop26.
Si chiama Glasgow Financial Alliance for Net Zero (Gfanz) la rete di banche, fondi pensione e compagnie di assicurazione lanciata in vista della Cop26 di Glasgow e presieduta da Mark Carney, ex governatore della Banca d’Inghilterra, e Michael Bloomberg. Una rete che, è stato annunciato il 4 novembre, ora comprende oltre 450 investitori disseminati in 45 diversi stati, accomunati dalla volontà di azzerare le emissioni nette degli asset gestiti entro il 2050.
La finanza fa la sua parte per la Cop26
Le cifre in gioco sono gigantesche: si parla di 130mila miliardi di dollari. Sulla carta, dunque, sono più che sufficienti per finanziare la completa decarbonizzazione dell’economia globale: secondo le stime degli economisti, infatti, serviranno investimenti pari a 100mila miliardi di dollari nell’arco dei prossimi tre decenni.
“L’architettura del sistema finanziario globale è stata trasformata per arrivare all’obiettivo del net zero”, ha dichiarato Mark Carney alla Cop26 di Glasgow. “Ora abbiamo costruito l’impalcatura essenziale per far sì che i cambiamenti climatici non siano più ai margini della finanza, ma in primo piano. In questo modo, ogni decisione finanziaria deve prendere in considerazione il clima”.
Le ong spingono a fare ancora di più
Questi accordi cercano di appianare certe storture che le ong denunciano da tempo. Proprio alla Cop 26 di Glasgow infatti è stato presentato un rapporto stilato dalla campagna Insure your future, di cui fanno parte anche Greenpeace e l’italiana Recommon. Il tema è il coinvolgimento delle compagnie di assicurazione nella transizione energetica, e il giudizio finale è altalenante. Sui trenta maggiori gruppi di assicurazione e riassicurazione, infatti, l’assoluta maggioranza ha smesso di finanziare e assicurare i nuovi progetti legati al carbone. Sugli altri combustibili fossili, tuttavia, i progressi sono molto più lenti. Solo 14 hanno smesso – del tutto o in parte – di assicurare gas e petrolio e appena 12 hanno deciso di disinvestire, spesso limitandosi ai comparti più critici come le sabbie bituminose.
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