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Persone che vivono sole e con patologie: ecco l’identikit degli anziani in difficoltà che Vidas si propone di seguire con una rete domiciliare.
Il Covid ha fatto emergere una realtà già esistente ma poco visibile, quella dei pazienti anziani in difficoltà, che vivono in solitudine e che avrebbero bisogno di una rete di assistenza domiciliare per ricevere cure adeguate. La pandemia in atto, unita ai cambiamenti demografici, come l’invecchiamento della popolazione e l’impoverimento del contesto socioeconomico, richiedono oggi nuovi modelli di assistenza per le persone più fragili dal punto di vista medico e sociale.
Si tratta di pazienti anziani particolarmente fragili e affetti da patologie croniche, il cui numero è in crescita esponenziale in tutti i paesi industrializzati. Secondo l’Oms, la loro cura assorbe oltre l’80 per cento dei costi in sanità.
Racconta Paolo Crippa, infermiere al domicilio per Vidas: “Ho un paziente di 68 anni, un’età in cui la qualità della vita può essere ancora molto alta, ma diverse patologie gli rendono difficile fare attività semplici come cucinare o andare in bagno. Il mio paziente è anche una persona molto sola, e come lui tantissimi altri. Penso molto a lui, alle difficoltà che sta vivendo e all’aiuto che non riesce ad accettare. Il contesto sociale e l’aspetto psicologico sono dimensioni che solitamente passano in secondo piano rispetto alla malattia del paziente, ma hanno un impatto molto forte.”
Nella sola Lombardia, a fronte degli oltre 325.000 anziani fragili nel 2021, sono circa 1.000.000 i cosiddetti pre-fragili, un numero enorme destinato a crescere nei prossimi anni. E i soggetti di età pari o superiore a 65 anni, che oggi sono il 23 per cento della popolazione, nel 2050 arriveranno verosimilmente al 34 per cento.
Emerge quindi il bisogno di una rete domiciliare di professionisti sociosanitari a servizio e a tutela di queste persone. Ma come? Vidas ha dato il via a un progetto sperimentale in partnership con l’Ospedale San Raffaele di Milano, che in questa prima fase prende in carico i pazienti cosiddetti Cronici complessi fragili (Ccf) dimessi dal relativo reparto di Medicina Generale.
Con questo acronimo indichiamo quei pazienti affetti da una o più patologie croniche a rischio di riacutizzazione, che hanno necessità di un monitoraggio continuo per gestire possibili complicanze e sono esposti a rischio costante di riospedalizzazione, se non correttamente supportati al domicilio.
“Mio papà Umberto ha 82 anni e un mieloma multiplo. Dopo 56 giorni di ricovero ospedaliero è tornato a casa con diverse difficoltà nel movimento e un deficit cognitivo. Era molto affaticato e ci riconosceva a stento,” racconta Silvia, sua figlia. “È stato preso in carico nell’ambito del progetto Cronici complessi fragili di Vidas e dopo due mesi di assistenza al domicilio oggi sta meglio.”
Riportare il luogo della cura dall’ospedale al territorio offre numerosi e concreti benefici che consentono di migliorare la qualità della vita dei pazienti e dei familiari.
Il progetto Ccf di Vidas può contare su un‘équipe formata da medico, infermiere e assistente sociale: tre figure fondamentali per garantire una risposta a tutti i bisogni del malato cronico, complesso, fragile, con la possibilità di attivare altri professionisti – come ad esempio un fisioterapista – e volontari.
Ma non solo: il progetto si avvale anche della telemedicina e del teleconsulto. Ogni paziente cronico complesso fragile seguito al domicilio viene dotato di un kit per la telemedicina, i cui componenti – dal saturimetro allo sfigmomanometro – sono utilizzati dal caregiver per monitorare i parametri vitali e comunicarli via smartphone all’intera équipe curante. Scopo del progetto è garantire un recupero fisico, ma anche emotivo e cognitivo. Entro il 2023 l’obiettivo ambizioso di Vidas è riuscire a seguire 200 pazienti al giorno, entrando in punta di piedi nelle loro famiglie e restandogli accanto con professionalità, empatia e umanità.
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