
Le distese di sargasso nelle acque dell’Atlantico hanno raggiunto livelli record. Ma c’è anche chi si rimbocca le maniche per cercare soluzioni.
Tra tre anni alla centrale nucleare di Fukushima non ci sarà più spazio per stoccare l’acqua contaminata. E nessuno ha ancora individuato una soluzione.
Tre anni ancora. Poi non ci sarà più spazio per stoccare acqua radioattiva nella centrale nucleare di Fukushima, in Giappone. A rendere nota la “data-limite” del 2022, il 9 agosto, è stata la Tokyo Electric Power (Tepco), società che gestisce l’impianto.
Ad otto anni e mezzo dall’incidente che, l’11 marzo 2011, a seguito di un terremoto e uno tsunami, ha devastato il nord-est della nazione asiatica, le autorità non sono dunque riuscite a decidere cosa fare. A seguito della catastrofe, infatti, i reattori danneggiati devono essere costantemente raffreddati, al fine di evitare nuove fughe radioattive.
Per farlo, è necessaria dell’acqua. Moltissima acqua: più di 200 metri cubi al giorno. Che una volta utilizzata, malgrado i trattamenti, resta fortemente contaminata. E dunque deve essere conservata sul posto. La centrale di Fukushima si è così trasformata in un cimitero di cisterne. Ne sono state installate ormai circa mille. Per stoccare più di un milione di tonnellate di acqua radioattiva: l’equivalente di 400 piscine olimpioniche.
Il problema, secondo l’operatore Tepco, è che la capienza del sito nucleare è limitata. Benché la compagnia abbia confermato la volontà di costruire altre cisterne, il totale massimo che potrà essere stoccato è pari a 1,37 milioni di tonnellate d’acqua. E tale livello sarà raggiunto, appunto, nell’estate del 2022.
Il governo di Tokyo ha per questo incaricato un gruppo di esperti per comprendere cosa fare. Ebbene, secondo il team, composto da membri dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, la si potrebbe iniettare sottoterra. Oppure farla evaporare nell’atmosfera. Ma la sola soluzione “realistica”, a loro avviso, sarebbe quella di riversarla in mare. Un’ipotesi alla quale si oppongono con decisione pescatori, abitanti della zona e associazioni ambientaliste. E anche la Corea del Sud.
Japan tells diplomats no decision yet on contaminated Fukushima water https://t.co/PNcOAy03wG pic.twitter.com/P5PrCA1joH
— Reuters Top News (@Reuters) September 4, 2019
Chang Mari, militante di Greenpeace, ha spiegato alla radio francese Rfi che “quando quest’acqua contaminata e il trizio in essa contenuto saranno nell’oceano, seguiranno le correnti marine e verranno disperse ovunque. Si stima che ci vorranno diciassette anni prima che la radioattività sia sufficientemente diluita da essere scesa al di sotto dei livelli di guardia. È un problema che riguarda il mondo intero”.
Secondo l’associazione sarebbe dunque meglio costruire altre cisterne, estendendo il perimetro del sito nucleare nella provincia. Operazione fattibile dal momento che a causa della radioattività la zona è oggi prima di attività economiche (agricoltura, allevamenti, industrie) e dunque capace di garantire la superficie necessaria.
Il problema, però, è che la zona è anche fortemente sismica. E qualora le cisterne dovessero venire danneggiate da un terremoto, si andrebbe incontro ad una nuova catastrofe. Per la centrale nucleare di Fukushima, in altre parole, dopo quasi un decennio dall’incidente non si è ancora riusciti a trovare una soluzione.
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