
Uno studio curato da decine di scienziati, alcuni dei quali membri dell’Ipcc, spiega che non possiamo più limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi.
I cambiamenti climatici sono la causa del movimento del ghiacciaio Ortles dopo 7.000. anni. A scoprirlo uno studio internazionale a cui ha partecipato il Cnr.
Il ghiaccio più profondo e antico presente sul Monte Ortles ha cominciato a muoversi per la prima volta dai tempi dell’Uomo del Similaun, 7.000 anni fa, a causa del riscaldamento del clima. A scoprirlo uno studio internazionale a cui ha partecipato l’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr) e il Byrd Polar and Climate Research Center dell’Università dell’Ohio e pubblicato sulla rivista internazionale The Cryosphere. La ricerca è stata finanziata da National Science Foundation Usa e Provincia Autonoma di Bolzano.
I risultati hanno messo in luce l’azione di un nuovo processo che potrebbe accelerare il movimento dei ghiacciai alpini anche alle quote più elevate, contribuendo a velocizzarne il ritiro. Le cause di tale processo sono da imputare ai cambiamenti climatici, come spiega Paolo Gabrielli responsabile dello studio “I ghiacciai alpini si stanno ritirando velocemente a causa dell’intensa fusione legata al riscaldamento atmosferico”.
Le carote di ghiaccio per studiare le ere climatiche
Le carote di ghiaccio offrono agli scienziati “l’eccezionale opportunità di studiare le caratteristiche dell’atmosfera quando l’Uomo del Similaun viveva in questa regione, in modo da poter conoscere anche l’ambiente e il clima in cui era immerso”, ha spiegato Carlo Barbante, direttore dell’Idpa-Cnr di Venezia. Le prime carote di ghiaccio estratte sul Monte Ortles a 3.905 m, sulle Alpi orientali, a 37 chilometri dal luogo del ritrovamento dell’Uomo del Similaun, indicano come il ghiacciaio più elevato dell’Alto Adige abbia cominciato una fase di accelerazione del movimento che non avrebbe precedenti nel periodo osservato.
Grazie alle carote di ghiaccio i ricercatori stanno analizzando i campioni di ghiaccio identificando gli isotopi stabili dell’ossigeno, gli ioni maggiori, le particelle di carbonio, i pollini, gli elementi in traccia e le polveri, parametri che potranno fornire importanti informazioni sulle condizioni climatiche a partire da 7.000 anni fa. Tra le informazioni custodite nel ghiaccio i ricercatori hanno identificato, ad esempio, il segnale delle deposizioni atmosferiche radioattive derivanti dall’incidente avvenuto presso la centrale nucleare di Fukushima, in Giappone nel marzo 2011, solo pochi mesi prima delle operazioni di perforazione sull’Ortles.
Una delle carote estratte potrebbe entrare a far parte dell’‘Ice memory project’, un programma internazionale che ha l’obiettivo di trasportare carote di ghiaccio estratte dalle basse latitudini in un archivio internazionale situato in Antartide dove potranno essere conservate intatte per le generazioni future di scienziati.
Come è nato il ghiacciaio dell’Ortles
Grazie ai risultati dello studio i ricercatori sono riusciti a capire che il ghiacciaio dell’Ortles, come lo conosciamo oggi, si formò circa 7.000 anni fa, alla fine del cosiddetto ‘Ottimo Climatico’ dell’emisfero settentrionale, un periodo particolarmente caldo durante il quale i ghiacciai alpini si ritirarono fino a quote elevate. Successivamente, l’inizio di un periodo più fresco, conosciuto come Neoglaciale, contribuì a far accumulare neve e ghiaccio sul suolo nuovamente congelato nei pressi della cima all’Ortles. Durante questo nuovo periodo climatico venne sepolta anche la mummia dell’Uomo del Similaun, che rimase nel ghiaccio fino alla fine dell’estate del 1991 quando emerse nei pressi del Giogo di Tisa, a 3.210 metri di quota.
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