Reporters sans frontières (Rsf) rivela una situazione drammatica per i giornalisti nel mondo. Il territorio più pericoloso, dopo Gaza, è il Messico.
Dal primo dicembre 2024 al primo dicembre 2025 sono stati uccisi in 67 tra giornalisti e giornaliste in tutto il mondo, di cui il 43 per cento nella Striscia di Gaza. La denuncia arriva da Reporters sans frontières (Rsf), l’organizzazione non governativa che promuove e difende la libertà di informazione e di stampa e che ogni anno pubblica un report sulla situazione a livello globale.
Il report evidenzia che i giornalisti vengono uccisi nella gran parte dei casi nel contesto di pratiche criminali dei gruppi militari, sia regolari che paramilitari, e della criminalità organizzata. Se nel primo caso i riflettori sono puntati soprattutto sull’esercito israeliano e sulla strage di giornalisti a Gaza, per quanto riguarda la criminalità organizzata Rsf suona l’allarme sul Messico, dove il numero di decessi è in costante aumento.
Strage di giornalisti a Gaza
Reporters sans frontières (Rsf) ha pubblicato il suo consueto rapporto di fine anno sullo stato della libertà di stampa nel mondo.
Da dicembre 2024 a oggi sono stati uccisi 67 giornalisti. La gran parte dei decessi, il 79 per cento, è avvenuta per mano di gruppi militari regolari e paramilitari e della criminalità organizzata. C’è un territorio che più di ogni altro è stato interessato da questa strage: la Striscia di Gaza. Gli attacchi israeliani hanno ucciso 29 giornalisti palestinesi, il 43 per cento degli operatori media uccisi in tutto il mondo dall’inizio dell’anno.
Dal 7 ottobre 2023, quando l’esercito israeliano ha iniziato la sua offensiva militare sulla Striscia di Gaza che presto si è trasformato in un genocidio del popolo palestinese, secondo Rsf sono stati uccisi circa 220 giornalisti. Altre fonti sottolineano che i giornalisti uccisi sarebbero circa 300.
Il caso del Messico
Per i giornalisti del Messico è stato il peggior anno dell’ultimo triennio. Sono stati infatti uccisi nove professionisti dell’informazione, rendendolo il secondo paese più pericoloso per lavorare nella stampa dopo la Palestina. Se in quest’ultimo caso la minaccia è arrivata da attori esterni, cioè l’esercito israeliano, nel caso del Messico la strage è stata operata dalla criminalità organizzata attiva nel narcotraffico.
Un altro Stato dove la situazione è drammatica è il Sudan. Rsf riporta infatti l’uccisione di quattro giornalisti nell’ultimo anno. Per quanto riguarda l’uccisione di giornalisti stranieri, si contano due casi: la morte del francese Antoni Lallican, ucciso in Ucraina da un drone russo; la morte del salvadoregno Javier Hércules, ucciso in Honduras dalla criminalità organizzata nonostante si trovasse da tempo sotto protezione.
Giornalisti prigionieri o desaparecidos
Sono 503 i giornalisti e le giornaliste che a inizio 2025 si trovano detenuti in 47 paesi in tutto il mondo. La più grande prigione al mondo per giornalisti è ancora la Cina, con 121 operatori media reclusi, seguita dalla Russia con 48, di cui 26 stranieri, e dal Myanmar con 47. Oltre alla Russia, il paese che imprigiona più giornalisti stranieri al mondo è Israele, con 20 professionisti in carcere spesso senza accuse a carico e senza aver subito un processo, la cosiddetta detenzione amministrativa. Altri operatori media si trovano in ostaggio: sono una ventina in questa condizione in tutto il mondo, di cui sette in Yemen, sequestrati dai ribelli Houti. I giornalisti Saleck Ag Jiddou e Moustapha Koné sono invece da ormai due anni nelle mani di un gruppo armato del Mali.
Attualmente sono 135 i giornalisti e le giornaliste di cui si sono perse le tracce in 37 Paesi. La tendenza è in aumento in Messico, con 28 desaparecidos, e in Siria, con 37. Come sottolinea Rsf, nel caso siriano molti operatori media sono stati tenuti in ostaggio dall’Isis o imprigionati da Bashar al-Assad, ma la caduta di questi due regimi non ha ancora portato al loro ritrovamento.
“Quest’anno ha portato alla morte di 67 giornalisti – non per caso, e non sono state vittime collaterali. Sono stati uccisi, presi di mira per il loro lavoro”, ha sottolineato Thibaut Bruttin, direttore generale di Reporters sans frontières. “Testimoni chiave della storia, i giornalisti sono gradualmente diventati vittime collaterali, testimoni oculari scomodi, merce di scambio, pedine nei giochi diplomatici, uomini e donne da “eliminare”. Dobbiamo diffidare delle false nozioni sui giornalisti: nessuno dà la vita per il giornalismo. viene loro tolta; i giornalisti non muoiono e basta, vengono uccisi”.
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