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Rodin cento anni dopo, l’omaggio di Parigi allo scultore rivoluzionario
Nelle sue opere “tutti i ritmi del mondo sembrano imprimersi sui corpi, che non sono più semplicemente tali ma divengono al tempo stesso rami, vegetali, aria, materiale geologico lacerato di assenze”. Una sintesi tanto pregnante quanto suggestiva, quella attraverso la quale l’artista contemporaneo Jean-Paul Marcheschi ha saputo delineare i tratti essenziali della scultura di François-Auguste-René Rodin
Nelle sue opere “tutti i ritmi del mondo sembrano imprimersi sui corpi, che non sono più semplicemente tali ma divengono al tempo stesso rami, vegetali, aria, materiale geologico lacerato di assenze”.
Una sintesi tanto pregnante quanto suggestiva, quella attraverso la quale l’artista contemporaneo Jean-Paul Marcheschi ha saputo delineare i tratti essenziali della scultura di François-Auguste-René Rodin (1840-1917), imprescindibile punto di riferimento per l’intera storia dell’arte novecentesca e attuale.
Allo scoccare dei cento anni dalla sua scomparsa, Parigi celebra l’opera raffinata, sensuale e al tempo stesso provocatoria e dissacrante di Rodin, con un profluvio di iniziative dedicate: mostre, conferenze, un film, cioè il biopic di Jacques Doillon appena presentato al Festival di Cannes, il nuovo museo dedicato all’amata Camille Claudel, un sito internet appositamente riservato agli appuntamenti del centenario, e perfino quiz sui giornali e un volume biografico a fumetti.
Ma se la sede espositiva eponima, ovvero l’incantevole e lussureggiante Hôtel Biron in cui ha sede il Museo Rodin, accoglie l’evento collaterale Kiefer-Rodin, dove un rinomato protagonista dell’arte contemporanea è invitato a dialogare con l’eredità del celebre maestro, la mostra principale, ovvero la cosiddetta Exposition du Centenaire istituzionale, si svolge sino al 31 luglio nelle sale del Grand Palais.
È attraverso questo ambizioso percorso espositivo, arricchito dai numerosi prestiti provenienti da collezioni private e museali internazionali, che si cerca di trarre un meditato bilancio consuntivo del lascito di Rodin e della traccia profonda che i suoi capolavori (dalla Porta dell’Inferno, al Bacio, ai Borghesi di Calais, al Pensatore, per citare solo alcuni dei più noti) hanno saputo imprimere nel nostro immaginario collettivo.
Non solo sculture, calchi preparatori e materiali di studio, ma anche numerosi disegni e fotografie ritoccate da Rodin in persona e soprattutto una vasta antologia di opere dei posteri, dalle quali emerge la concreta testimonianza degli influssi esercitati su fuoriclasse del calibro di Picasso, Giacometti, Beuys, Brancusi, Matisse e numerosi altri.
Una rivoluzione anti-figurativa ed espressionista
Rodin è unanimemente identificato come colui che restituì alla scultura il suo soffio vitale, al di là di ogni immobilismo convenzionale o accademico, determinandone l’irreversibile ingresso nella modernità.
Figlio di un impiegato della polizia parigina, umiliato in gioventù dalle reiterate bocciature agli esami di ammissione alle scuole d’arte cui tentava di accedere, Rodin sarebbe tuttavia riuscito ad ottenere, già in vita, la più luminosa e inequivocabile consacrazione artistica, sia in Europa sia negli Stati Uniti.
Fervente estimatore di Donatello e soprattutto di Michelangelo, sviluppò ben presto una cifra stilistica destinata a suscitare frequenti ed accesissime polemiche, come ad esempio avvenne quando gli furono commissionate le statue celebrative di due illustri protagonisti della scena letteraria del tempo, quali Balzac e Victor Hugo.
Ad apparire avanguardistico e spiazzante era appunto il carattere spiccatamente antinaturalistico delle sue immagini, ovvero la tensione espressionista attraverso la quale lo scultore tentava di oltrepassare i limiti della rappresentazione realistica per lasciar affiorare l’effervescenza interiore ed emotiva delle creature ritratte, caratterizzate da epidermidi frementi o da chiaroscuri marcatissimi, se non addirittura ridotte a figure parziali private di testa o di braccia.
Avendo arruolato come assistente niente meno che il sublime poeta boemo Rainer Maria Rilke, su suo consiglio Rodin si insediò nell’Hôtel Biron riuscendo poi ad ottenere dallo stato francese, in cambio di una cospicua donazione di opere, che esso venisse adibito a suo museo personale, come effettivamente avvenne, dopo la sua morte, con la successiva annessione dell’altra sua residenza alle porte di Parigi, ovvero la Villa des Brillants a Meudon, dove si trova anche la sua tomba.
Dall’interpretazione di Vincent Lindon alla riscoperta di Camille Claudel
Ed è proprio nel buen retiro di Meudon che si sono svolte le riprese del controverso film biografico di Doillon, reduce dall’anteprima di Cannes, in cui al noto attore Vincent Lindon è affidata l’ardua prova di impersonare Rodin nei suoi tormentati percorsi sia creativi sia amorosi.
A tal proposito, il biopic non può ovviamente esimersi dall’attribuire una doverosa centralità al torrido legame sentimentale che legò lo scultore alla sua amante, allieva e musa Camille Claudel, artista eccelsa che tuttavia, dopo l’abbandono di Rodin e la contestuale morte del padre, verrà internata in manicomio dove consumerà penosamente il resto dei suoi giorni.
Ma proprio in omaggio al talento della Claudel e alla sua autonoma e pregiata qualità di scultrice, a fine marzo, nell’anno del centenario della scomparsa di Rodin, a Nogent-sur-Seine, cittadina a sud-est di Parigi, è stato inaugurato il Musée Camille Claudel che, insieme al preesistente Musée Dubois-Boucher, include anche la casa in cui l’artista visse con la sua famiglia d’origine.
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