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India Jordan, dj e producer inglese che si definisce gender fluid, è al lavoro per rendere concerti, eventi live e club più rappresentativi e inclusivi.
India Jordan, producer e dj inglese, è uno dei nuovi nomi più interessanti della musica dance, nonostante si sia affermata sulla scena proprio in un periodo in cui i club di tutto il mondo sono chiusi.
Nel maggio 2020 è uscito il suo primo ep dal titolo For you che ha riscosso un grande successo sia di pubblico che di critica, con recensioni più che positive sui più autorevoli magazine musicali e Pitchfork che ha nominato l’omonimo brano For you, contenuto nell’ep, fra i migliori del 2020.
Il nuovo ep dal titolo Watch out! è uscito il 7 maggio scorso per Ninja Tune e promette a India Jordan un futuro brillante.
India Jordan è cresciuta a Doncaster, in Inghilterra. Ha studiato filosofia all’Università di Hull, dove ha mosso i suoi primi passi nel mondo del clubbing, e ha iniziato a produrre musica dopo il suo trasferimento a Londra, nel 2014.
Si identifica come gender fluid e gender queer: lo scorso anno ha fatto coming out come non-binary con un post sul suo profilo Instagram. “Non mi identifico come femmina (odio davvero l’espressione dj donna, vi prego, non usatela mai) e negli ultimi due anni il genere è sembrato abbastanza fluido per me (…) Non ho certezze su quello in cui mi sento di identificarmi, il che è in parte il motivo per cui ho esitato a pubblicare qualcosa per anni” ha detto, aggiungendo: “Per ora, so che il genere binario non è qualcosa a cui appartengo, e vi chiedo di riferirvi a me usando pronomi neutri o semplicemente con il mio nome”.
In una recente intervista per il magazine online inglese NME, India Jordan ha affermato di aver utilizzato gli ultimi dodici mesi di blocco degli eventi dal vivo non solo per produrre nuova musica, ma anche per riconsiderare il proprio ruolo nell’affrontare il razzismo strutturale e le disuguaglianze di genere nei festival musicali.
“Avere quello spazio e tempo di inattività e pensarci in modo introspettivo — cosa che naturalmente tutti hanno fatto in un modo o nell’altro — è stato di grande aiuto”, ha detto Jordan.
Quando non è impegnata a fare musica, Jordan lavora presso l’università King’s College di Londra come consulente Equality, diversity and inclusion e responsabile dell’inclusione della disabilità: oltre ad aver a cuore le questioni che riguardano i diversi ground di diversità, India Jordan ha dunque tutte le competenze professionali necessarie per poter portare il suo contributo nella musica.
Per questo motivo, l’artista ha rivelato che sta collaborando con il suo agente Carin Abudlá per cercare di rendere gli eventi dal vivo e i festival sempre più inclusivi, redigendo contratti più completi e coerenti per gli artisti, che si concentrano maggiormente sulla diversità e la rappresentazione delle diversità e che presto saranno utilizzati da un intero collettivo di agenzie di dj non solo per influenzare il modo in cui i promotori gestiscono gli eventi, ma anche per sostenere e supportare nuovi artisti che non si sentono abbastanza rappresentati nel modo della musica.
“Si tratta di garantire che ci sia parità di rappresentanza ove possibile, che gli spazi in cui suoniamo siano sicuri e accessibili, che ci siano servizi igienici neutri rispetto al genere e che il personale sia formato per sostenere le persone che subiscono molestie”.
In un’altra recente intervista per il magazine Dj mag, l’artista ha anche affermato che, quando i club torneranno a ospitare eventi dal vivo, la scena dovrà affrontare e cercare di correggere i profondi difetti che, per esempio, il movimento Black lives matter ha portato alla luce lo scorso anno: squilibri e disuguaglianze che per troppo tempo hanno imperversato nel panorama del clubbing come il disprezzo per le radici della musica dance nelle comunità Lgbtqia+ e nere e un’incapacità di rappresentare adeguatamente i membri di quelle comunità nei suoi spazi contemporanei.
“Dobbiamo coinvolgere le donne nere, e dobbiamo coinvolgere le donne trans nere, sempre”, ha detto, “Quando costruiamo le cose, dobbiamo cercare le loro opinioni, ascoltare le loro esperienze e creare spazi sicuri per loro”.
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