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Quanto inquinamento genera il Natale?
Emissioni, regali indesiderati, imballaggi, maglioni e addobbi: il nostro impatto durante le feste schizza alle stelle. Ecco cosa possiamo fare.
- Nel periodo di Natale inquiniamo di più: le emissioni di CO2 salgono del 6 per cento, vengono utilizzate 125mila tonnellate di plastica e l’8 per cento dei regali fatti e ricevuti finisce in discarica perché indesiderato.
- Per il tessile questo è un periodo di grandi introiti: non solo la maggior parte dei regali viene fatta in questo settore, ma si impennano anche gli acquisti di abiti fatti specificatamente per le feste.
- Riciclare, riusare, ricorrere al second hand, alle wishlist e agli acquisti da piccoli produttori: con piccole accortezze si può festeggiare senza inquinare troppo
Nel periodo natalizio le emissioni di CO2 salgono all’incirca del 6 per cento e in soli tre giorni di festività natalizie si genera il 5,5 per cento della nostra impronta CO2 annuale. Pranzi, cene, regali, addobbi e spostamenti creano la tempesta perfetta dal punto di vista di consumi ed emissioni.
Le nostre abitudini alimentari durante il Natale, e con nostre intendo della società occidentale, causerebbero la stessa impronta di carbonio di un’automobile che faccia per 6mila volte il giro del mondo. A sottolinearlo è un report di Business Leader che ha raccolto i risultati di uno studio dell’Università di Manchester.
Non solo, per impacchettare tutti i nostri regali utilizziamo 125mila tonnellate di imballaggi in plastica. In plastica sono realizzati anche i finti alberi di Natale mentre le lucine, oltre a consumare energia, sono un elemento di disturbo ecosistemico per gli animali, sia che si tratti di una città che di una zona remota.
Il condizionamento culturale del Natale
Non appena il calendario scatta sul primo di dicembre sociologicamente, socialmente e culturalmente veniamo risucchiati in un vortice di consumi e acquisti dal quale è veramente difficile sottrarsi. Gli esperti di marketing lo sanno e fanno leva sul nostro essere animali sociali per convincerci a comprare cose di cui difficilmente qualcuno avrà uno stringente bisogno.
L’advertising emotivo però fa sì che mettiamo da parte la razionalità per cedere al carosello dei regali. I meccanismi che ci portano a mangiare e comprare più del dovuto sono incredibilmente difficili da scardinare, ma proviamo un secondo a pensare alle nostre azioni in questi giorni di festa in termini non soltanto economici, ma anche di emissioni.
Se ci dessimo un tetto massimo di spesa, sia economica che in termini di inquinamento per il Natale, ci renderemmo presto conto di quanto sia difficile rimanere entro certi limiti. Sempre secondo Business Leader nel Regno Unito almeno 4 miliardi di sterline all’anno vengono spese in regali indesiderati, all’incirca 8 kg di CO2 per individuo.
L’associazione ambientalista Hubbub integra: su un totale di 32 mila sterline spese, l’ 8 per cento di questo dispendio economico e di prodotti viene semplicemente buttato via perché non gradito. Non c’è bisogno di trasformarsi in Scrooge – il protagonista egoista del racconto Canto di Natale di Charles Dickens – e smettere di fare regali o ricevere amici e parenti a cena, ma se tutti tenessimo bene a mente queste cifre forse riusciremmo a tenere i consumi un po’ più bassi.
Per 88 italiani su 100 l’albero di Natale è qualcosa di imprescindibile durante le festività. Il 55 per cento delle persone interpellate da Coldiretti per arrivare a questa stima ricorre all’albero sintetico, che riutilizza di anno in anno, mentre 3,5 milioni di famiglie scelgono di comprare un abete vero che, sempre secondo Coldiretti, sarebbe in ogni caso la scelta più ecologica da fare visto che quelli finti inquinano fino a 10 volte tanto. L’irrinunciabilità dell’albero di Natale incarna perfettamente la difficoltà nello staccarsi da certe abitudini.
Per il tessile è un momento d’oro, per l’ambiente un po’ meno
Non solo moltissimi dei regali che vengono fatti durante le feste natalizie attengono a questo settore, ma c’è una larga fetta di popolazione che compra abbigliamento specificatamente per le feste di Natale. Negli Stati Uniti lo fa il 43 per cento della popolazione.
Stando ai risultati di uno studio commissionato dall’associazione ambientalista Hubbub e condotto in Gran Bretagna, annualmente verrebbero spesi 2,4 miliardi di sterline in abiti nuovi da indossare durante le feste e che poi difficilmente arriveranno ad essere indossati almeno tre volte. Con una spesa media di 73,90 sterline a persona infatti, una persona su cinque ammette che non indosserà lo stesso vestito a più di una festa o a più di un evento durante lo stesso periodo.
Per non parlare del caso dei maglioni di Natale, avete presente quelli con le renne e i fiocchi di neve? La maggior parte di quelli in circolazione derivano dal fast fashion. Sempre Hubbub, nel 2019 aveva realizzato una ricerca secondo cui, a fronte di circa 12 milioni di maglioni natalizi acquistati nuovi, due su cinque vengono indossati solo una volta durante il periodo festivo. Non solo, un under 35 su tre acquista un nuovo maglione natalizio ogni anno.
La ricerca condotta dall’ente di beneficenza ha anche esaminato 108 maglioni disponibili da undici diversi rivenditori e ha scoperto che il 95 per cento di questi era realizzato interamente o in parte con fibre di derivazione sintetica. La fibra derivante dalla plastica in assoluto più utilizzata è l’acrilico ed è stato trovato in tre quarti dei maglioni testati, con il 44 per cento composto interamente da questa fibra.
Se colleghiamo questo dato con lo studio della Plymouth University in cui si evidenzia che l’acrilico è responsabile del rilascio di quasi 730mila microplastiche per lavaggio, cinque volte di più rispetto a un tessuto misto poliestere-cotone e quasi una volta e mezzo rispetto al poliestere puro, capiamo come anche il Natale in qualche modo contribuisca al pessimo stato di salute dei nostri oceani.
Come ridurre l’inquinamento legato al Natale
Dato che la componente psicologica del Natale è importante anche nel suo aspetto positivo, non solo dal punto di vista delle strategie di marketing che ci spingono a comprare di più, la soluzione non è quella di smettere in blocco di festeggiare, ma di farlo cercando di porsi con spirito critico riguardo ai consumi, sia che si tratti del cenone, delle cene con gli amici, degli addobbi o dei regali. Per quanto riguarda addobbi e regali ad esempio il riciclo, il riuso e il second hand sono risorse preziose a cui attingere.
Per quanto riguarda i regali ad esempio sarebbe utilissimo smettere di stigmatizzare il riciclo di quello che non ci è piaciuto. Visto che nel mondo otto persone su dieci ricevono regali indesiderati qualcuno sarà inevitabilmente capitato anche a noi e, con ogni probabilità, se ci pensiamo bene ci verrà in mente qualcuno a cui quel dato oggetto, abito o esperienza che a noi proprio non va a genio, piacerà.
Un’altra alternativa in ambito tessile è lo swap, ovvero uno scambio: nel momento in cui ci si riunisce si porta qualcosa che si è amato molto ma che non si utilizza più, sicuramente incontrerà i favori di qualcuno. Oppure si può optare per l’opzione Secret Santa: in un dato gruppo di persone si stabilisce un budget e si estrae a sorte chi deve fare il regalo a chi, così si può privilegiare la qualità del regalo.
Un’altra strategia molto poco romantica, ma anti spreco, consiste nel chiedere apertamente alle persone cosa vorrebbero ricevere andando così a limare quell’8 per cento di regali indesiderati. A tutti piace sorprendere le persone con idee originali, ma pensandoci bene è ancora meglio poter dare qualcosa che effettivamente vogliono e apprezzano, soprattutto in un momento di recessione economica come questo, dove non compriamo proprio tutto quello che desideriamo. Fare la propria wishlist, ovvero la lista dei desideri, e chiederla agli altri sarà un ottimo modo di ottimizzare tempo, risorse economiche e rifiuti.
Tanto per l’abbigliamento quanto per le decorazioni utilizziamo quello che già abbiamo in casa senza comprare cosa nuove e, nel caso in cui la spinta al rinnovamento del look nostro e della casa sia proprio irrefrenabile, provare a trasformare abiti e decorazioni vecchie in qualcosa di inedito.
Oppure, se proprio non vogliamo cedere al second hand, una buona pratica è quella di prediligere piccoli produttori locali, contribuire con i nostri acquisti al benessere della comunità anziché comprare cose che arrivano dall’altra parte del mondo.
Un’ultima cosa, la carta da regalo classica, quella luccicante e colorata non è riciclabile: un’idea è quella di utilizzare la comune carta da pacchi marrone, oppure riciclare le pagine di giornale o delle riviste completando poi il pacchetto con delle fibre naturali come fiocco. Qualche scampolo di lana o di tessuto andrà benissimo anziché il classico nastro oro o argento molto poco sostenibile.
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