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La Monsanto è stata giudicata colpevole di “ecocidio” secondo l’International Monsanto tribunal, un tribunale creato dalla società civile per fare pressione sulla multinazionale chimica.
La Monsanto è colpevole. Ne è convinto il tribunale internazionale (International Monsanto tribunal) costituito dalla società civile per giudicare le attività della multinazionale specializzata nella produzione di biotecnologie per l’agricoltura, dalle sementi transgeniche ai prodotti fitosanitari. I “reati” commessi riguardano il mancato rispetto dei diritti umani fondamentali, quali il diritto al cibo e alla salute degli esseri umani come della Terra. Inoltre, la condotta di Monsanto avrebbe avuto un impatto negativo sul diritto degli scienziati di portare avanti in modo libero le loro ricerche. I cinque giudici che fanno parte del tribunale voluto dai cittadini, quindi senza valore vincolante, bensì morale, hanno presentato le loro opinioni legali il 18 aprile all’Aja, nei Paesi Bassi, chiedendo alla multinazionale chimica di adottare cambiamenti di comportamento importanti per rispettare il diritto internazionale che regola le imprese.
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L’International Monsanto tribunal è un organo creato per analizzare e sensibilizzare l’opinione pubblica, i governi e le organizzazioni internazionali relativamente ai danni provocati alla salute e all’ambiente dalla multinazionale americana di recente acquisita dal gigante tedesco Bayer. Il processo si è tenuto tra il 15 e il 16 ottobre 2016, ma i risultati sono stati diffusi il 18 aprile dopo un periodo necessario ai cinque giudici riconosciuti a livello internazionale per rielaborare le dichiarazioni di esperti e di 30 testimoni diretti provenienti da tutti i continenti. L’altro scopo era anche fornire un documento che può essere usato dalle persone in causa con la Monsanto o con altre aziende del settore chimico creando un “precedente” – seppur non legale – che possa contribuire alla creazione di un meccanismo che possa risarcire e rispondere alle esigenze di giustizia delle vittime.
Tra le accuse principali c’è la minaccia alla biodiversità che, secondo i giudici, è stata gravemente intaccata dal numero sempre crescente di contadini e agricoltori che usano la stessa e unica variante di sementi geneticamente modificate (ogm) sintetizzate in laboratorio dalla Monsanto: “Riducendo la biodiversità delle colture e la varietà di piante coltivate localmente – si legge nel documento con le motivazioni –, Monsanto ha ostacolato il diritto al cibo e per di più ha aumentato i rischi legati alla sicurezza alimentare e indebolito la naturale resilienza dei sistemi di produzione locali”.
Firma l’iniziativa europea contro il glifosato
Un altro capo d’accusa, ben esposto da diversi testimoni diretti, è l’impatto delle sementi ogm sui diritti degli agricoltori. Ad esempio, coloro che si sono rifiutati di acquistare sementi marchiate Monsanto hanno comunque subìto la contaminazione dei loro campi impendendo, di fatto, la possibilità di rivendere il raccolto sul mercato come biologico. Questi terreni, infatti, insieme a vaste aree forestali sono state danneggiate dall’utilizzo senza controllo di erbicidi, come il glifosato, nelle zone circostanti.
In alcuni casi, sempre secondo i giudici, gli agricoltori sono stati addirittura costretti a pagare fantomatici diritti di proprietà: “Monsanto ha usato tattiche intimidatorie che hanno danneggiato il tessuto sociale delle comunità e causato forme di ansia e sofferenze psicologiche”. Tutte pratiche “in contraddizione con il principio del diritto al cibo – continuano i giudici attraverso le motivazioni presenti nel documento finale – che garantisce l’accesso agli alimenti, indispensabili a ogni essere umano di esistere”.
Per tutti questi motivi e per molti altri spiegati nella sentenza, i cinque giudici sostengono che Monsanto sarebbe perseguibile del reato di ecocidio (se solo questo venisse introdotto dalle leggi internazionali che definiscono e puniscono i vari crimini), un termine usato per definire le gravi perdite causate alla biodiversità e agli ecosistemi naturali, oltre che i danni provocati alla salute degli essere umani e alla sopravvivenza di intere comunità. Riepilogando, l’ecocidio in questione comprende l’introduzione su larga scala di sostanze chimiche (fitofarmaci) pericolose nel settore agricolo, soprattutto se intensivo; la produzione di organismi geneticamente modificati che espone le comunità e le persone a rischi come l’incremento di insetticidi ed erbicidi, come il glifosato e – fino al 1979 – i policlorobifenili (Pcb), dal 2001 vietati dalla Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti perché, insieme ad altri composti chimici tossici, rimangono nell’aria, nell’acqua e nel terreno per periodi lunghi.
Infine, ma non per questo meno importante, è il ruolo negativo giocato dalla multinazionale sulla libertà degli scienziati di condurre ricerche in modo libero e indipendente. Un diritto molto vicino alla libertà di pensiero e di espressione. Una condotta che avrebbe screditato, secondo le testimonianze raccolte di agronomi e biologi, il lavoro di ricerche focalizzate, in particolare, su questioni ambientali e di salute pubblica. Ad esempio, attraverso strumenti che hanno ostacolato la loro diffusione o la pubblicazione di altrettanti “documenti faziosi e facendo pressione sui governi”.
Sebbene tutte queste attività siano state svolte grazie all’impegno volontario della società civile, va detto che a livello internazionale vige un principio fondamentale, quello di precauzione, che che prevede la necessità di agire a livello internazionale per salvaguardare l’ambiente anche quando vi siano minacce evidenti, ma non ancora accertate scientificamente. Per questo, è fondamentale firmare e partecipare anche all’iniziativa dei cittadini europei per chiedere la messa al bando, una volta per tutte, dell’erbicida glifosato dal territorio dell’Unione europea. Anche se gli studi scientifici sembrano in disaccordo sulla sua cancerogenicità, agire in modo preventivo può metterci al sicuro da ripercussioni gravi. Come successo, negli anni Settanta, con il pesticida ddt. C’è bisogno dell’adesione di almeno un milione di cittadini. Oggi sono state superate le 700mila firme, ma ne servono un milione. Il risultato è a portata di mano. L’Italia è al giro di boa: avete firmato in 36mila su 60mila necessarie per raggiungere il quorum nazionale. Serve solo un minuto.
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