In Islanda è stato concesso il permesso di cacciare 128 balenottere comuni all’ultima compagnia di caccia rimasta in Europa.
L’Islanda ucciderà oltre duemila balene in 5 anni
Lo ha annunciato il ministro della Pesca islandese, definendo “sostenibili” le quote di cattura fissate. Tra le specie cacciate ci sono però anche specie a rischio.
A dispetto del divieto internazionale di caccia commerciale alle balene, della forte avversione della quasi totalità dell’opinione pubblica e dell’inesorabile declino del mercato di carne di balena, l’Islanda ha annunciato che ucciderà 2.130 balene nei prossimi cinque anni.
Un massacro sostenibile
Kristjan Thor Juliusson, ministro della pesca dell’Islanda, ha detto che i numeri di cattura fissati sono sostenibili e stilati in base alle più recenti ricerche scientifiche, secondo cui le popolazioni di alcune specie di cetacei, un tempo minacciate, sarebbero in aumento. Il ministro ha inoltre sottolineato i benefici economici della caccia alle balene per l’economia nazionale.
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A caccia di specie in pericolo
Tra le specie che saranno abbattute dalle baleniere islandesi figurano però anche specie minacciate, come le balenottere minori (Balaenoptera acutorostrata) e le balenottere comuni (Balaenoptera physalus), che nessuna nazione caccia ad eccezione dell’Islanda. Per i prossimi cinque anni le navi islandesi sono autorizzate a uccidere 217 balenottere minori e 209 balenottere comuni ogni anno. C’è inoltre il rischio che, come spesso accade, vengano abbattute anche specie in pericolo critico di estinzione, come la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus) uccisa nel 2018.
Reputazione a rischio
Al coro di protesta delle associazioni ambientaliste, si è aggiunta quella del settore turistico islandese. Il turismo, la principale fonte di introiti nazionale che per la prima volta nel 2016 ha prodotto maggiori entrate rispetto all’industria ittica, rischia infatti di risentire della cattiva reputazione che l’anacronistica caccia alle balene conferisce all’isola.
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Le balene valgono più da vive
È inoltre ormai evidente che (pur ricordando che non avrebbe senso valutare l’esistenza di queste magnifiche e sofisticate creature in termini meramente economici) le balene valgono più da vive che da morte. Nel 2017 il fatturato generato dal whale watching, secondo una ricerca dell’università dell’Islanda, ammontava a 3,2 miliardi di corone islandesi, mentre la caccia alle balene ha prodotto solo 1,7 miliardi di corone. Se cacciare questi enormi mammiferi, dalla complessa vita sociale e dotati di un’intelligenza di cui ancora oggi ignoriamo la portata, ha mai avuto senso ora, certamente, non lo ha più.
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