Alle isole Faroe si limita la caccia a “soli” cinquecento delfini

Dopo il massacro di più di 1.400 delfini avvenuto lo scorso settembre, il governo delle Faroe ha deciso di limitare la caccia a cinquecento esemplari.

Attenzione: l’articolo contiene immagini che potrebbero urtare un pubblico sensibile

  • Nel settembre 2021 alle isole Faroe sono stati uccisi più di 1.400 delfini, fatto che ha scioccato anche le comunità locali.
  • Il governo ha deciso di limitare il numero di catture a cinquecento, per i prossimi due anni.

Alle isole Faroe, arcipelago danese, l’abbattimento di più di 1.400 delfini avvenuto lo scorso 14 settembre aveva scioccato molti abitanti del posto e suscitato numerose critiche anche da parte degli stessi autori della mattanza. Per questo motivo, dopo l’invio al governo di una petizione con più di 1,3 milioni di firme, per i prossimi due anni la caccia ai delfini della specie Leucopleurus acutus sarà limitata a “soli” cinquecento individui.

La strage è avvenuta sulla spiaggia Skálabotnur, sull’isola faroese di Eysturoy © Sea Shepherd

Un massacro da record nel 2021

Solitamente, secondo i dati del governo delle Faroe, in media sono circa seicento i cetacei che vengono catturati durante la Grindadráp, come viene chiamata dalle comunità locali. Tuttavia, i delfini della specie Leucopleurus acutus, con la caratteristica colorazione bianca ai lati, non erano mai stati cacciati in numeri così allarmanti: nel 2020 erano stati abbattuti 35 esemplari; dieci nel 2019.

Quello dell’anno scorso, sulla spiaggia di Skálabotnur, ha superato il record storico del 1940 di 1.200 delfini uccisi in un solo giorno. Secondo il ministero della Pesca, questo numero elevato di catture ha reso difficili le procedure di gestione e sicuramente non può esistere sul lungo periodo; perciò, si è deciso di fissare a cinquecento il numero massimo di delfini da catturare. È importante sottolineare che questa decisione riguarda solo i delfini e non l’intera pratica.

Tradizione o barbarie?

La Grindadráp è una tradizione che si pratica da centinaia di anni tra i fiordi delle sperdute isole Faroe. Per descriverla in poche parole, è un barbarico massacro di cetacei, spinti verso le basse acque di riva con delle imbarcazioni, e brutalmente uccisi a colpi di coltello. Quando il mare è ormai tinto di rosso, i corpi dei cetacei vengono spinti a riva e distribuiti per il consumo agli abitanti locali. Da anni sono numerosissime le associazioni che combattono queste uccisioni, ritenendole un massacro crudele e non necessario.

Al contrario, i sostenitori della pratica affermano che questo è un modo sostenibile di procurarsi il cibo, ma soprattutto un aspetto molto importante per la loro cultura. Questa volta però si è esagerato, e se ne sono accorti anche loro. Anche Olavur Sjurdaberg, presidente della Faroese whalers association, ha riconosciuto che le uccisioni erano eccessive, dichiarando: “È stato un grosso errore. Quando è stato trovato il branco, i cacciatori hanno stimato che si trattasse di appena duecento individui. Le persone sono rimaste scioccate per quello che è successo”.

Cetacei massacrati
Il massacro della Grindadráp © Wikimedia commons

Un limite alle catture

Nella nota emessa dal governo delle Faroe, dopo aver limitato a cinquecento individui la caccia per il 2022-2023, si legge: “Le catture sono un importante sostentamento degli abitanti delle isole che, per secoli, hanno fatto affidamento sull’uso sostenibile delle risorse marine per la loro economia e sicurezza alimentare. La carne e il grasso dei cetacei forniscono cibo prezioso, distribuito gratuitamente alle comunità in cui vengono effettuate le catture”.

Inoltre, nella nota si può leggere dell’impegno a trovare delle armi da caccia che rendano più veloce la morte per gli animali. Tuttavia, da anni organizzazioni come Sea Shepherd contestano queste dichiarazioni del governo delle Faroe, dicendo che le uccisioni non sono così rapide come affermano. Anzi, sono massacri prolungati e disorganizzati, dove i cetacei vengono uccisi tra i loro simili, lottando in acque poco profonde, tra le rocce o spiaggiati sulla sabbia.

Non sono molte le parole che si trovano di fronte ad un mare che si colora di rosso per il sangue, non viene neanche da essere felici per questa decisione. Perché cinquecento individui come numero massimo di catture, rappresenta comunque un massacro.

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