
Nel 2020 sono stati uccisi almeno 331 difensori dei diritti umani, spesso nella totale impunità. A dirlo è il nuovo report di Frontline defenders.
Un rapporto delle Nazioni Unite condanna i colpi sparati dai soldati dello stato di Israele, che hanno provocato 189 morti e 6.100 feriti tra i palestinesi.
“Crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità”. Le accuse rivolte dal Consiglio di diritti dell’uomo delle Nazioni Unite allo stato di Israele sono pesantissime. E riprendono quelle già avanzate da anni da numerose organizzazioni non governative internazionali, che hanno puntato il dito contro la risposta della nazione ebraica alle manifestazioni organizzate dal popolo palestinese nel corso del 2018.
Il movimento di protesta era stato organizzato per celebrare la giornata del 15 maggio, giorno in cui ricorre la Nakba: la “catastrofe”, per la Palestina. Ovvero l’espulsione – forzata e definitiva – di migliaia di cittadini al momento della creazione dello stato di Israele.
Già all’epoca i militari schierati per difendere la frontiera ebraica erano stati accusati di aver sparato sulla folla, provocando decine e decine di vittime e migliaia di feriti. Anche un giornalista trentenne di un’agenzia di stampa palestinese perse la vita a causa dei colpi sparati dai cecchini. In quell’occasione l’associazione Reporter senza frontiere aveva parlato di “operatori dell’informazione colpiti in modo deliberato”.
UN report suggests Israel is carrying out war crimes in Gaza, including the deliberate targeting of children, medics, and journalists.
via In The Now. pic.twitter.com/tFAlBPx8cE
— CJ Werleman (@cjwerleman) 4 marzo 2019
A confermare le accuse contro Tel Aviv è stata una commissione ad hoc creata dalle Nazioni Unite per indagare sulla vicenda. Che ha raccolto 325 testimonianze dirette per accertare i fatti. Il rapporto è stato reso pubblico giovedì 28 febbraio e stigmatizza soprattutto “l’uso di di proiettili veri” contro manifestanti civili, che “non rappresentavano in quel momento una minaccia diretta per i soldati e non partecipavano alle ostilità”.
L’impiego di simili munizioni è stata inoltre giudicata “illegale”. “Dal nostro punto di vista – afferma il comitato delle Nazioni Unite – le manifestazioni erano di natura civile. Gli obiettivi politici erano stati palesati. E, malgrado alcuni casi significativi di violenze, non rappresentavano una campagna militare”.
A UN Human Rights Council report has found that during protests in Gaza last year the Israeli army deliberately shot at children, journalists and people with disabilities, demonstrating a cruel and ruthless disregard for international humanitarian law: https://t.co/fXTiJiS2Gi
— Amnesty International (@amnestyusa) 28 febbraio 2019
I soldati israeliani, in altre parole, avrebbero sparato senza motivo. Da parte sua, il governo dello stato ebraico ha parlato di “ipocrisia” e negato ogni responsabilità, continuando a sostenere che sussisteva un rischio evidente di superamento della frontiera da parte dei palestinesi.
Allo stesso modo, l’esercito di Israele ha spiegato che quella attuata è stata una forma di repressione preventiva necessaria. Che, secondo le Nazioni Unite, ha provocato in tutto 189 vittime civili accertate, compresi 35 minorenni di cui due di età compresa tra 11 e 13 anni. I giornalisti feriti sono inoltre 39. Gli infermieri morti due e quelli feriti 40. Le persone colpite dai proiettili, complessivamente, sono state più di seimila.
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