L’Italia gioca col fuoco: l’export di armi è aumentato dell’86 per cento

La Francia supera la Russia, ma l’Italia vola nell’export di armi: ma se invece che in armamenti pensassimo a investire nella transizione globale?

  • L’Italia nell’ultimo quinquennio è il Paese che ha aumentato maggiormente il proprio export di armi, l’86 per cento in più.
  • In testa alla graduatoria ci sono sempre gli Stati Uniti, seguiti dalla Francia che scavalca la Russia (che le armi non le esporta più a causa del conflitto in Ucraina).
  • Nel complesso, il volume di affari del mercato delle armi vale la metà di quanto servirebbe all’anno per una transizione energetica globale (4.500 miliardi di dollari l’anno).

Il primato degli Stati Uniti nell‘export di armi non è discussione, e probabilmente non lo sarà mai. Anche le cifre della Francia sono lontane: Parigi è salita al secondo posto, superando la Russia per la chiara ragione che Mosca, negli ultimi due anni, le armi ha bisogno di tenersele per usarle in Ucraina. Negli ultimi 5 anni però, l’Italia è stato il Paese il cui export di armi è aumentato di più, in percentuale rispetto al quinquennio precedente: addirittura dell’86 per cento.

Anche in questo caso, oltre alla presenza di una fiorente industria della armi in Italia, conta l’invasione militare della Russia ai danni dell’Ucraina, alla quale il nostro Paese ha finora sempre rinnovato il sostegno in termini di forniture militari.

Se invece che nelle armi investissimo nel clima?

Secondo i nuovi dati sui trasferimenti internazionali di armi, pubblicati dallo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), il volume globale dei trasferimenti internazionali di armi è comunque diminuito leggermente, del 3,3 per cento tra il 2014-2018 e il 2019-23: forse, l’unica buona notizia di tutto il rapporto. Ora però non resta che attendere il dato netto sulla spesa globale in armamenti sostenuta nel 2023: nell’aprile dell’anno scorso, proprio il Sipri certificò che il volume di affari netto per il 2022 era stato di 2.240 miliardi di dollari, praticamente il 2 per cento del Pil globale.

Con un aumento di 127 miliardi rispetto all’anno precedente: di più, di fatto, dei 100 miliardi annui che i Paesi più sviluppati hanno promesso di destinare a quelli più poveri per consentire di adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici, una promessa finora mai mantenuta.

Ma c’è di più: solamente poche settimane, l‘Agenzia europea per l’ambiente ha messo nero su bianco che per una transizione energetica globale, che investa soprattutto nelle economie emergenti e in via di sviluppo, e per centrare l’obiettivo di rimanere entro la soglia di 1,5 gradi Celsius (°C) di aumento delle temperature globali, stabilito con gli Accordo di Parigi del 2015,  ci sarebbe bisogno di almeno 4.500 miliardi di dollari di investimenti all’anno da qui al 2030. Insomma: se i governanti mondiali, invece che al riarmo, pensassero al clima e alla transizione energetica, saremmo ogni anno già a metà dell’opera.

armi ucraina sipri
Artiglieria impiegata in Ucraina © Aris Messinis/Afp/Getty Images

Usa leader indiscusso, ma l’Italia non scherza…

Le esportazioni di armi degli Stati Uniti sono cresciute del 17 per cento tra il 2019 e il 2023, rispetto a cinque anni precedenti, e la loro quota sul totale delle esportazioni globali di armi è aumentata dal 34 al 42 per cento: la rappresentazione plastica dello strapotere degli Stati Uniti (che hanno consegnato armi a 107 stati, praticamente la metà di quelli esistenti), all’interno della Nato, e non solo. Ma anche l’Europa non scherza: insieme, le due superpotenze hanno rappresentato il 72 per cento di tutto l’export di armi. “Gli Stati Uniti hanno rafforzato il loro ruolo globale come fornitori di armi – un aspetto importante della loro politica estera – esportando più armi verso un numero di paesi maggiore di quanto abbiano mai fatto in passato” spiega Mathew George, direttore del programma di trasferimento di armi del Sipri. “Ciò avviene in un momento in cui il dominio economico e geopolitico degli Stati Uniti viene messo in discussione dalle potenze emergenti”. Un trend che però potrebbe bruscamente cambiare in caso di vittoria di Donald Trump alle presidenziali di novembre, storicamente restio all’interventismo in politica estera, determinando un cambio di equilibri mondiale nel prossimo quinquennio.

Le esportazioni di armi della Francia sono aumentate del 47 per cento e per la prima volta il paese transalpino è stato il secondo maggiore esportatore di armi, appena davanti alla Russia. L’aumento delle esportazioni francesi di armi è dovuto in gran parte alle consegne di aerei da combattimento all’India, al Qatar e all’Egitto. Meno rilevante, dunque, il sostegno all’Ucraina. Naturale, come detto, il crollo dell’export di armi della Russia: -53 per cento.

Considerando gli altri principali esportatori di armi, però, emerge in modo eclatante la “performance” dell’Italia: non solo siamo nettamente il Paese che ha registrato la crescita maggiore, quasi raddoppiando l’export di armi con quell’86 per cento, salendo al sesto posto mondiale, ma siamo stati anche in controtendenza rispetto agli altri paesi della top ten. Oltre all’Italia, infatti, solamente la Corea del Sud ha aumentato il volume di affari in uscita (+12 per cento) mentre gli altri cinque hanno registrato diminuzioni: Germania (-14 per cento), Regno Unito (-14 per cento), Spagna (-3,3 per cento) e Israele (-25 per cento: l’assedio di Gaza è troppo recente per poter incidere nel rapporto del Sirpi, ma evidentemente la corsa ad armarsi era già iniziata) e perfino la Cina (-5,3 per cento).

Ma l’Europa importa anche moltissimo

Accanto a grandi paesi esportatori come Francia e Italia, l‘Europa nell’ultimo quinquennio a sua volta ha anche importato tantissime armi: addirittura il 94 per cento in più nel 2019-23 rispetto al 2014-2018. L’Ucraina, che il Sirpi inserisce geograficamente tra i paesi europei, è stato ovviamente il più grande importatore europeo di armi, visto che 30 Paesi forniscono continuamente armi a Kiev dal febbraio 2022, tra cui quasi 800 aerei ed elicotteri da combattimento. Eppure l’Ucraina è solo al quarto posto nel mondo per importazioni, dopo l’India, l’Arabia Saudita e il Qatar. Con importanti implicazioni nei conflitto e nelle tensioni del Medio Oriente allargato.

“Nonostante un calo generale delle importazioni di armi in Medio Oriente , queste rimangono elevate in alcuni stati, spinte in gran parte da conflitti e tensioni regionali – ha affermato Zain Hussain, ricercatore del Sipri – ‘Le principali armi importate negli ultimi 10 anni sono state ampiamente utilizzate nei conflitti nella regione , tra cui Gaza, Libano e Yemen. Alcuni stati della regione del Golfo hanno importato grandi volumi di armi da utilizzare contro gli Houthi nello Yemen e per contrastare l’influenza iraniana”. Tensioni e situazioni che avvertiamo ancora oggi vivissime.

 

 

 

 

 

 

 

 

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