Armi e munizioni a Israele? La società civile chiede chiarezza all’Italia

L’Italia sta vendendo ancora armi e munizioni a Israele, che a Gaza ha già ucciso 30mila persone? Amnesty e Raji Sourani, a Lifegate, chiedono chiarezza.

  • Spulciando tra i dati dell’Istat sull’export, Altraeconomia ha scoperto che l’Italia ha venduto armi e munizioni a Israele dopo l’inizio dell’assedio a Gaza.
  • Amnesty International Italia e il Palestinian center for human rights di Gaza chiedono chiarimenti al governo italiano.
  • Il numero di palestinesi uccisi a Gaza dal 7 ottobre 2003, anche con armi europee, ha superato quota 30mila, e la richiesta del Parlamento italiano di agire per il cessate il fuoco finora non ha avuto seguito.

L’Italia ha davvero continuato a vendere armi e munizioni a Israele, anche dopo l’inizio dell’assedio alla Striscia di Gaza che, dall’indomani degli attentati di Hamas del 7 ottobre 2023, ha provocato già 30mila vittime? Secondo una analisi di Altraeconomia, basata sui dati sul commercio estero pubblicati dall’Istat a metà febbraio, sembrerebbe proprio così. E adesso anche la società civile italiana, oltre che quella palestinese, vuole vederci chiaro, e chiede al governo – che a più riprese ha affermato di aver interrotto le forniture di armi e munizioni a Israele allo scoppio del conflitto – di chiarire la situazione. Al momento, però, da parte delle istituzioni tutto tace.

Altraeconomia aveva denunciato che, secondo i dati estrapolati dall’Istat, inserendo come parametri il paese Israele e il codice Ateco relativo ad armi e munizioni si può evincere che tra ottobre e novembre del 2023 l’Italia ha esportato armi e munizioni verso Israele per un valore di 817.536 euro, e in particolare 233.025 euro a ottobre e 584.511 a novembre 2023: fucili, carabine, pistole ad aria compressa e a gas, ma anche armi da guerra, incluse pistole mitragliatrici. Poi ci sono quasi 150mila euro di introiti per altri tipi di armamenti non specificati. “Pur trattandosi di cifre esigue se paragonate ad altri contesti – ammette la rivista – il fatto di per sé contraddice il governo Meloni, che in più occasioni ha invece dichiarato pubblicamente di aver “sospeso” e “bloccato” l’esportazione di armi verso Tel Aviv dal 7 ottobre 2023”.

Armi e munizioni a Israele, la società civile chiede chiarezza 

Tra i primi a richiedere chiarezza c’è Amnesty International Italia: “Siamo molto preoccupati – ci ha detto Tina Marinari, responsabile delle campagne della ong che si batte per il rispetto dei diritti umani – e abbiamo bisogno che il governo chiarisca: è stato detto più volte che le licenze e le vendite di armi” verso Israele “erano state sospese. I dati che sono stati diffusi raccontano un’immagine diversa: un paese che è coinvolto in guerre, violazioni di diritti umani, crimini di guerra, non dovrebbe ricevere armi da nessun paese, nemmeno dal nostro”.

Se i dati citati da Altraeconomia, riportati da un ente ufficiale come l’Istituto nazionale di statistica, fossero confermati, “sarebbe una vergogna” ci spiega anche Raji Sourani, fondatore e direttore del Palestinian center for human rights di Gaza, che ieri è stato ospite d’onore della presentazione di un convoglio umanitario formato da associazioni e ong italiane che nei prossimi giorni si recheranno al valico di Rafah per consegnare, invece che armi, beni di prima necessità al milione e mezzo di palestinesi ammassati a forza nel sud della Striscia di Gaza che da settimane vivono con la spada di Damocle di una nuova evacuazione e di bombardamenti continui. “Ci stanno uccidendo con bombe americane ed europee – denuncia Sourani a Lifegate  – Chiunque supporta Israele, politicamente, legalmente, finanziariamente e con le armi è complice e parte del crimine di genocidio. Non possiamo accettarlo”.

Raji Sourani, fondatore e presidente del Palestian center for human rights di Gaza © Getty Images

Sull’accusa di genocidio è attualmente al lavoro la Corte penale internazionale, investita del caso dal Sudafrica: quello che già oggi si può registrare con certezza è la morte di ormai 30mila gazawi, il 70 per cento di quali donne e bambini, “Non so spiegare perché l’Europa si comporta come se fossero nemici del popolo palestinese, perché si schierano di fatto a favore dell’uccisione di donne e bambini distruzione, di questo sfollamento forzato” si domanda Sourani. Una “nuova nakba”, l’esodo palestinese del 1948, con il paradosso che per i gazawi c’è di nuovo un posto da lasciare a forza, senza però che stavolta ce ne sia un altro dove andare.

“L’obiettivo di Israele era spingerli verso l’Egitto. È per questo che ha ammassato un milione e mezzo di persone a Rafah, in un lembo di terra piccolissimo. In queste condizioni c’è il rischio che il numero di uccisioni passi dall’ordine di qualche centinaia all’ordine di migliaia al giorno: a quel punto le persone proveranno a scappare”.

Dal cessate il fuoco alle armi? 

Solo poche settimane fa, il Parlamento italiano ha votato una risoluzione che impegnava il governo a mettere in campo iniziative volte ad arrivare a un cessate il fuoco: non si tratta solo, sottolinea Laura Boldrini, presidente del Comitato parlamentare per i diritti umani, di inchiostro su carta “ma di un atto di indirizzo importante, cui il governo deve dare seguito”: ma non solo, come dice la ex presidente della Camera “a me finora che non sia stato fatto nulla per dare seguito all’impegno”, ma l’ipotesi che si sia continuato a vendere armi e munizioni a Israele andrebbe esattamente nella direzione opposta. Tanto più che, solamente lo scorso, 23 febbraio, un pool di esperti indipendenti delle Nazioni Unite aveva chiesto l’embargo immediato sulla consegna di armi e munizioni a Israele.

 

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