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La tradizione dell’origami, ormai consolidata sia in Oriente che in Occidente con scuole di pensiero e caratteristiche diverse e specifiche, proseguirà
L’origami è un’antica tecnica di piegatura manuale della carta che serve per realizzare forme e figure di ogni tipo. Anche se l’invenzione della carta avvenne in Cina, l’origine dell’origami risale al periodo Heidan (714-1185 d. C.) della storia del Giappone ed è strettamente collegata ai riti religiosi dello Shintoismo: i primi modelli (una farfalla maschio e una femmina stilizzati) venivano applicati al collo delle bottiglie di saké durante le cerimonie nuziali. Ed è tutt’ora in uso la tradizione di legare a delle corde appese fuori dai templi fogli di carta piegati a “zig-zag” contenenti preghiere, affinché il vento, muovendoli, le porti più vicino alle orecchie degli dei.
Ma l’abitudine di ripiegare la carta veniva in quell’epoca applicata anche all’uso civile: alla corte imperiale erano molto diffuse le comunicazioni per iscritto ed era considerato indice di buon gusto saper modellare in varie guise una lettera. E nella pratica quotidiana si offriva come gesto ben augurante il noshi, una porzione di molluschi essiccati, avvolto con carta ripiegata in diverse forme.
Anche in Occidente l’arte del piegare la carta si diffuse tra il XVI e il XVII secolo, soprattutto in Spagna (diffusa dagli arabi): il primo modello europeo è la pajarita, un passerotto che muove le ali quando gli viene tirata la coda. Persino Miguel de Unamuno (1864-1936), poeta e filosofo rettore dell’Università di Salamanca, si dilettò in quest’attività, contribuendovi con la creazione di altre sagome. E il poeta Garcia Lorca (1898-1936) ha dedicato proprio alla pajarita una splendida poesia intitolata “Uccellino di carta” (Pajarita de papel, 1920). Ma la tecnica aveva già incontrato un buon successo anche in altri paesi europei: ad esempio, il pedagogo tedesco Friederich Frobel (1782-1852), nel suo metodo educativo per la prima infanzia, propose la pratica dell’origami per i bambini dell’asilo.
In Giappone nei secoli si erano attestati molti schemi di realizzazione ormai entrati nella tradizione. Il vero innovatore fu Akira Yoshizawa, considerato il padre dell’origami moderno non solo per le variazioni tecniche (fu il primo a realizzare gli animali a quattro zampe), ma anche e soprattutto per la diversa concezione della pratica stessa: egli, infatti, considerava l’origami un atto creativo, la nascita di un oggetto mai esistito prima (e come tale soggetto alle leggi della natura) e la concretizzazione di concetto ideale.
Yoshizawa, morto a 94 anni il 14 marzo 2009, è stato il migliore ambasciatore universale di quest’arte, al punto da essere nominato membro dell’ordine del Sol Levante e, finché era in vita, Tesoro nazionale vivente del Giappone. Nel 1959 venne organizzata una sua esposizione personale al centro giapponese di cultura di New York, conclusasi però in un disastro quando i visitatori si portarono via gli origami del maestro come souvenir, considerandoli oggetti di poco valore proprio perché di carta. Da allora è cambiata davvero la reputazione internazionale di questa tecnica, se pensiamo alla grande mostra organizzata al Louvre di Parigi nel 1998, cui Yoshizawa partecipò accanto al suo rivale di sempre, Yoshihide Momotani.
La tradizione dell’origami, ormai consolidata sia in Oriente che in Occidente con scuole di pensiero e caratteristiche diverse e specifiche, proseguirà anche dopo la morte dell’artista che ha trasformato quella che era una tecnica in un’arte eterna.
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