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L’asparago “Montina”
Un’antica variet
Erosione genetica è un’espressione verbale che ricorre nel
linguaggio degli esperti di biodiversità ma è anche
una realtà che sta influenzando tutti. Molti ortaggi,
cereali e frutti sono scomparsi dalla nostra tavola, altri stanno
scomparendo. Nell’elenco, lungo per altro, degli ortaggi che
maggiormente soffrono di scomparsa c’è l’asparago, che pure
nel Mediterraneo è uno dei più antichi e consumati
cibi.
I greci lo chiamavano “asparagos” e lo utilizzavano più per
le sue proprietà medicinali diuretiche che come cibo.
Nell’epoca romana (234-149 a.C.) Catone, nel suo “de Agricoltura”,
dedica all’asparago un intero capitolo, Plinio (37-79 d.C.) ne
decanta le coltivazioni nei terreni di Ravenna. All’epoca,
l’asparago, era ben lontano dalla forma e aspetto attuali. Le
specie allora conosciute erano principalmente tre: il montano, il
marittimo e il petreo, molto vicine alle forme selvatiche, sottili
e saporite, ma di ridotta produzione.
Solo all’inizio del 1700 negli orti di Olanda, Belgio e Francia
compare una nuova varietà a germogli grandi detta poi
asparago “Violetto”, “Rosato” o “Bianco d’Olanda”. In Italia prende
il nome di “Violetto d’Albenga” ed è ancora oggi il migliore
asparago in commercio, prodotto in piccole quantità e
venduto solo localmente. Anche il Violetto d’Albenga è stato
a rischio di estinzione. Ciò è stato evitato grazie
alle contromisure intraprese affinché questa varietà
tradizionale non venisse sostituita con le moderne varietà
ibride, che danno maggiore raccolto e germogli uniformi, ma non
sono in grado di ricreare il suo particolare sapore.
Dall’asparago Olandese si sviluppa in seguito la varietà
“Precoce d’Argentuil” che tuttora ha una sua piccola diffusione,
soprattutto fra gli appassionati, ma è scartata da tutti gli
agricoltori professionisti. Il motivo sta nel fatto che le moderne
varietà danno germogli che rispondono ai requisiti di
uniformità imposte dai regolamenti europei di mercato: gli
scarti di misura del calibro dei gambi, in uno stesso mazzo, non
devono superare i due millimetri! Le vecchie varietà non
sono in grado di assicurare questa uniformità e quindi sono
fuori dal mercato.
A ciò si deve la scomparsa delle varietà locali di
asparagi di Bassano, di Pescia, di Santena, di Val d’Ossola, di
Milano, e molti altri ancora.
Che ne è rimasto invece degli asparagi dei Romani e del
Medioevo, sottili e saporitissimi? Per avvicinarsi a quelle
varietà rimane ancora una possibilità: coltivare
nell’orto l’asparago Montina. Questo è stato selezionato
dalla specie selvatica marittima che cresce ancora nei litorali
dell’Adriatico e che sicuramente può corrispondere
all’asparago tanto decantato da Plinio.
Alberto Olivucci
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