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Da un nuovo studio condotto in Israele è emerso che la flora presente negli ecosistemi mediorientali è particolarmente resistente al riscaldamento globale.
Il Medio Oriente è la patria di un gran numero di specie vegetali uniche, tra cui gli antenati di molte delle nostre odierne colture di base. Le prospettive per il futuro, però, non sono ottimistiche dal punto di vista climatico. Trattandosi di una regione arida la quantità di acqua presente è appena sufficiente a soddisfare gli abitanti e gli ecosistemi locali. Si prevede che in futuro, a causa dei cambiamenti climatici e della diminuzione delle piogge, l’acqua sarà sempre più scarsa e questo fenomeno potrebbe compromettere gli ecosistemi del Medio Oriente e minacciare la sopravvivenza di specie importanti.
Un gruppo di ricercatori guidato dalla professoressa Katja Tielbörger, esperta botanica dell’Università di Tubinga, ha effettuato esperimenti a lungo termine in Israele volti a confermare questa teoria. Per oltre nove anni una zona ricca di specie vegetali è stata sottoposta artificialmente a scarse precipitazioni. Gli studiosi hanno anche esaminato gli effetti di un livello di pioggia superiore alla media. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha rivelato che, contro ogni aspettativa, gli ecosistemi in questione hanno mostrato reazioni a malapena percepibili in seguito alla manipolazione delle precipitazioni.
Né i nove anni di maggiore aridità, né i nove anni di pioggia più intensa hanno avuto effetti rilevanti sulla varietà delle specie vegetali o sulla loro concentrazione. «Questo significa che dobbiamo rivedere la teoria secondo la quale le regioni aride sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici», ha dichiarato Katja Tielbörger, l’autrice principale dello studio. Secondo i ricercatori l’alto livello di resilienza, ovvero la capacità di rigenerarsi e resistere a fenomeni sfavorevoli, è dovuto alla grande variabilità naturale delle precipitazioni che caratterizzano il territorio.
Fino ad oggi le previsioni sugli effetti dei cambiamenti climatici su determinati ecosistemi sono state basate prevalentemente su modelli teorici, ora alcuni di quei modelli sono stati messi alla prova e il risultato è l’opposto di ciò che è stato previsto. Lo studio getta quindi una luce più ottimistica di quanto si pensasse sugli effetti dei cambiamenti climatici, anche se i risultati sono validi solo per determinati ecosistemi. «I risultati del nostro studio non vogliono banalizzare gli effetti del cambiamento climatico – sottolinea Katja Tielbörger – ma sono importanti per aiutarci a conoscere gli adattamenti al riscaldamento globale».
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