Diritti umani

Land grabbing in Cambogia. La lotta di Richard Rogers per la verità

Il land grabbing è finito davanti alla sbarra grazie a Richard Rodgers che ha denunciato i numerosi abusi di potere commessi in Cambogia. L’intervista.

È in buona parte grazie all’avvocato britannico Richard Rogers che la Corte penale internazionale ha dichiarato la distruzione dell’ambiente un crimine contro l’umanità lo scorso settembre. È merito suo se il caso del land grabbing in Cambogia (cessione spesso illegale di terreni ad aziende straniere) è stato sottoposto alla procuratrice capo Fatou Bensouda, spingendola a cambiare il metodo di selezione delle cause, includendo anche quelle di devastazione ecologica. Per questo, in attesa che Bensouda decida se occuparsi della causa cambogiana, nell’intervista esclusiva che segue abbiamo chiesto a Rogers come si è arrivati così vicini a una svolta epocale.

Richard Rogers
Richard Rogers in Cambogia

Richard Rogers, 47 anni, era partito da un’indagine indipendente su 4 morti e 35 feriti provocati dalle forze di sicurezza cambogiane durante le manifestazioni anti-governative avvenute tra il luglio 2013 e il luglio 2014. I dimostranti accusavano il governo, guidato dal primo ministro Hun Sen, di aver falsificato a suo favore il risultato delle elezioni del 28 luglio 2013. Inoltre protestavano per ottenere un salario minimo adeguato e contro l’ingerenza vietnamita in Cambogia. Nonostante si trattasse di marce pacifiche, il governo ordinò di sparare sulla folla.

Il land grabbing in Cambogia ha scatenato una spirale di abusi

“Investigando, capii che quei fatti erano solamente la punta di un iceberg”, racconta Rogers. “L’élite governativa diede quella prova di forza, non necessaria, per mantenere un controllo assoluto sulla popolazione e su qualsiasi dissidenza. Un controllo che da vent’anni le serve per sfruttare le risorse naturali, anche attraverso il land grabbing”. L’avvocato di Global Diligence, studio legale specializzato in aree di rischio, si occupa in particolare di 350mila sfollati, ma spiega che il land grabbing è esteso a ogni zona della Cambogia e ha colpito almeno 850mila persone.

Casa rurale vicino a una piantagione di tek di proprietà della Grandis  Timber. Foto di  Chris Arsenault/Thomson Reuters Foundation
Casa rurale vicino a una piantagione di tek di proprietà della Grandis Timber. Foto di Chris Arsenault/Thomson Reuters Foundation

Nel testo sottoposto all’Aja si leggono danni ingenti e violazioni dei diritti fondamentali: canali interrati, foreste distrutte, villaggi incendiati per lasciare posto a nuove colture intensive di aziende locali e straniere, arresti e uccisioni sommarie. Ai contadini cacciati dalle loro case, lanciando contro di loro addirittura serpenti velenosi, non è stato dato alcun risarcimento. Il land grabbing, finora, non avrebbe procurato benefici per la maggior parte dei cambogiani. L’impressione è che proprio a causa dell’élite dominante, guidata da Hun Sen e i suoi famigliari, la Cambogia non riesca a rinascere dopo il periodo tragico dei Khmer Rossi. Hun Sen, ex khmer rosso che si schierò con i vietnamiti una volta che questi ultimi cacciarono i guerriglieri cambogiani dal potere, ha assunto il suo primo ruolo di ministro nel 1985 ed è premier dal 1993. Per Rogers si tratta di una cleptocrazia, ovvero una società dove i leader si arricchiscono e divengono potenti rubando al resto della popolazione.

Quando ha cominciato a lavorare a questa causa cambogiana?
Ho cominciato a lavorare sulla Cambogia per sottoporre delle cause alla Corte penale internazionale nel gennaio 2014. Inizialmente mi fu chiesto di indagare sugli spari delle forze di sicurezza cambogiane contro manifestanti pacifici. Le vittime stavano manifestando perché il governo cambogiano si era attribuito la vittoria alle elezioni generali del 2013 in modo fraudolento. Dopo diversi giorni di dimostrazioni, le forze di sicurezza usarono proiettili veri contro i civili, uccidendone diversi. Furono gli attivisti per i diritti umani a domandarmi un’inchiesta indipendente.

Come è giunto, quindi, alla causa del land grabbing?
Dopo aver parlato sul posto con le vittime di quelle manifestazioni e con membri della società civile, mi fu chiaro che gli spari erano solamente la punta dell’iceberg. In effetti, rientravano in una politica ben orchestrata dall’élite al potere per reprimere la resistenza e mantenere un controllo assoluto sulla popolazione. Questo controllo serve all’élite governativa per sfruttare spesso illegalmente, le risorse naturali della Cambogia, tra le quali terreni e antiche foreste. Il land grabbing ha colpito negativamente 850mila persone negli ultimi venti anni, oltre il 5 per cento dell’intera popolazione. Esso ha condotto a sfollamenti forzati di centinaia di migliaia di cambogiani dalle loro terre e case.

L'attivista per la terra Tep Vanny piange nella Corte Penale di Phnom Penh. Foto di  Pring Samrang, Reuters
L’attivista per la terra Tep Vanny piange nella Corte Penale di Phnom Penh. Foto di Pring Samrang, Reuters

Che tipo di causa ha sottoposto alla Corte penale dell’Aja? Innanzitutto, in quali zone della Cambogia si è verificato il land grabbing?
Un po’ dappertutto, sia in quelle rurali che urbane. I contadini sono stati messi in ginocchio. Estesi appezzamenti sono stati devastati dalla deforestazione, che è seguita alla concessioni illegali delle terre e agli sfollamenti forzati. Ciò ha avuto un impatto particolarmente grave sulle minoranze indigene che dipendono dalla terra per la loro sopravvivenza e per il loro benessere spirituale.

Chi sono i responsabili del land grabbing?
L’élite che governa la Cambogia include membri anziani del governo esecutivo, delle forze di sicurezza (esercito, gendarmi e polizia) e uomini o donne d’affari legate ai governanti. Un land grabbing di queste proporzioni richiede un triangolo di attori. Gli imprenditori forniscono la domanda; il governo concede le concessioni a porte chiuse; le forze di sicurezza cacciano dai terreni la gente, spesso in modo violento.

Il primo ministro Hun Sen e la moglie Bun Rany. Foto di Pring Samrang/Reuters
Il primo ministro Hun Sen e la moglie Bun Rany. Foto di Pring Samrang/Reuters

Di quale nazionalità sono le aziende coinvolte? Tutti questi attori possono essere perseguiti se la corte dell’Aja deciderà di trattare il caso?
Le aziende coinvolte nel land grabbing sono in gran parte cambogiane, vietnamiti, cinesi e sudcoreane. Dalla Corte possono essere perseguiti gli uomini d’affari, come individui.

In particolare, a quali pratiche illegali si riferisce nella sua causa?
La Corte penale internazionale si focalizza sui crimini relativi al land grabbing, tra i quali gli sfollamenti forzati, la detenzione illegale di attivisti e le uccisioni che avvengono durante gli sfollamenti violenti. Noi (come Global Diligence, ndr) abbiamo sottoposto anche i crimini associati al ‘mantenere il potere a tutti i costi’, come gli assassinii di sindacalisti e commentatori politici, o la detenzione illegale di figure dell’opposizione e della società civile.

Vista anche la brutalità delle pratiche, crede che ci sia un legame fra l’élite attuale e il precedente regime dei khmer rossi, che dominarono col terrore fra il 1975 e il 1979, causando circa 2 milioni di morti?
Molti membri dell’élite di oggi sono ex khmer rossi, compreso il primo ministro Hu Sen.

Fatou Bensouda, Procuratore Capo  della Corte Penale Internazionale. Foto di Pool New/Reuters
Fatou Bensouda, Procuratore Capo della Corte Penale Internazionale. Foto di Pool New/Reuters

Pensa che la procuratrice capo Fatou Bensouda deciderà di occuparsi di questa causa?
Sappiamo che la Corte penale internazionale sta valutando con serietà questo caso e speriamo che si pronunci entro due o tre mesi. Bensouda recentemente ha cambiato il suo metodo di selezione delle cause per incorporare situazioni come quella cambogiana. Questa linea sottolinea come l’espropriazione di terre, la distruzione ambientale e lo sfruttamento illegale delle risorse abbiano in particolare un grave impatto sulle vittime. Secondo noi, è un segnale positivo.

Perché tanti morti per ragioni politiche: il politico Kem Ley ucciso lo scorso luglio 2016, l’ambientalista Chut Wutty assassinato nel 2012, e il sindacalista Chea
Vichea cui è stata tolta la vita nel 2004?

Tutti e tre avevano sfidato l’élite al potere, dicendo la verità. Hanno fatto sperare le persone comuni in una società più giusta. Ecco perché li hanno uccisi.

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