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Secondo un articolo pubblicato su Nature, con il contributo delle agenzie spaziali sarebbe più facile monitorare e proteggere la fauna selvatica.
Esplorare lo spazio, raccogliere dati, cercare risorse e forme di vita su altre pianeti, questo fanno, tra le altre cose, le agenzie spaziali, potrebbero però anche proteggere la biodiversità del nostro pianeta.
Lo sostiene un articolo pubblicato su Nature secondo il quale se le agenzie spaziali finanziate con fondi pubblici, come la Nasa e l’Agenzia Spaziale Europea (Esa), collaborassero con gli scienziati che si occupano di conservazione, potrebbero notevolmente migliorare il monitoraggio della fauna selvatica e contribuire a fermarne il declino.
Precedenti tentativi di collaborazione si sono dimostrati difficili per una mancanza di accordo tra le due parti sulle tecniche di monitoraggio e sulla traduzione delle informazioni in dati utili per la conservazione.
“Le popolazioni di fauna selvatica in tutto il mondo si sono dimezzate in appena 40 anni – ha dichiarato Nathalie Pettorelli, ricercatrice della Società Zoologica di Londra (Zsl) e co-autrice dell’articolo – è quindi più urgente che mai identificare le variabili chiave che determinano i cambiamenti della biodiversità a livello globale e monitorare in modo coerente ed efficace le specie”.
“I satelliti sarebbero in grado di contribuire a fornire tali informazioni e, nel giro di dieci anni, il monitoraggio della biodiversità globale dallo spazio potrebbe essere una realtà, ma solo se ecologisti e agenzie spaziali raggiungessero un accordo su una lista di priorità dei dati satellitari”, ha aggiunto Nathalie Pettorelli.
La Nasa e l’Esa hanno già iniziato a raccogliere dati satellitari relativi al nostro pianeta rendendoli accessibili al pubblico. Il Nasa’s Sustainable Land Imaging program, ad esempio, fornisce immagini satellitari della Terra e raccoglierà dati per i prossimi 25 anni.
Secondo gli autori dell’articolo anche la vegetazione e la copertura arborea possono essere analizzate dallo spazio, fornendo informazioni sui livelli di biodiversità e sul degrado delle foreste.
“Finora il monitoraggio della fauna è stato in gran parte basato su singole specie, così però si perde la visione d’insieme e possono sfuggire alcuni dei cambiamenti che avvengono su scala globale – ha affermato la co-autrice dell’articolo. – Essere in grado di guardare il pianeta nel suo complesso potrebbe letteralmente fornire una nuova prospettiva sul modo di conservare la biodiversità”.
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