Eugenio in Via di Gioia. La nostra lettera al prossimo diventa una foresta

Un’area boschiva del Trentino devastata dalla tempesta Vaia avrà una seconda vita. Merito di Lettera al prossimo, una campagna di crowdfunding lanciata dal gruppo musicale torinese Eugenio in Via di Gioia.

Hanno intitolato il loro ultimo album Natura Viva, sono scesi in piazza al Global strike for future – dove la loro La punta dell’iceberg è diventata una sorta di inno non ufficiale – e nell’arco di appena dieci giorni hanno coronato un piccolo grande sogno: dare vita a una foresta. Stiamo parlando degli Eugenio in Via di Gioia, gruppo musicale torinese formato da Eugenio Cesaro (voce e chitarra), Emanuele Via (tastiere, fisarmoniche), Paolo Di Gioia (batteria e percussioni) e dal bassista Lorenzo Federici, l’unico a non dare il suo nome alla band bensì al primo album, pubblicato nel 2014.

Lettera al Prossimo è il brano di apertura del loro ultimo lavoro, uscito il 1° marzo 2019 per Universal Italia. Un disco in cui lasciano da parte i loro consueti toni scanzonati per celebrare l’immensità della natura e l’urgenza di proteggerla. E Lettera al prossimo è anche la loro prima canzone che diventa azione, grazie a una campagna crowdfunding decisamente particolare, lanciata il 26 settembre con queste parole:

“Abbiamo ascoltato la scienza, siamo consapevoli che il cambiamento climatico in atto è una faccenda seria, sappiamo che tutti dobbiamo agire rapidamente. Siamo ottimisti e crediamo che se l’ombra di un albero rinfresca, non dobbiamo però lasciare zone d’ombra nella conoscenza e nell’informazione. La consapevolezza genera azioni concrete.”

Ecco, quindi, la scommessa: piantare una foresta entro il 26 settembre 2050. Il conto alla rovescia si abbassava di un giorno per ogni euro donato dai fan, a cui aggiungere quelli devoluti per ogni acquisto dei prodotti del merchandising e dei biglietti dei concerti. In sole 24 ore, la data di nascita della futura foresta era già stata anticipata di quindici anni. Nell’arco di dieci giorni esatti, il traguardo è stato raggiunto.

Ora si passerà all’azione, ma intanto il sito dedicato al progetto rimarrà online e diventerà un portale di informazione e sensibilizzazione sui temi ambientali, anche grazie al contributo di Elisa Palazzi, climatologa del Cnr, e Andrea Vico, giornalista e divulgatore scientifico. All’indomani di questo traguardo abbiamo raggiunto Eugenio Cesaro per chiedergli di fare un bilancio di quest’esperienza e svelare i prossimi passi.

La vostra campagna Lettera al prossimo si è chiusa in soli dieci giorni. Com’è nata quest’idea? Vi aspettavate un successo simile?
Abbiamo iniziato a lavorarci già da maggio e ci ha richiesto davvero tanto tempo e tante energie. Non ci aspettavamo questo successo: avevamo preventivato di finire in un mese nella migliore delle ipotesi, anche perché la cifra in denaro da raggiungere era molto alta. In passato avevamo già lanciato delle campagne crowdfunding per i nostri dischi e ci avevamo messo molto più tempo per racimolare cifre molto meno sostanziose. Questo ovviamente è successo anni fa quando la nostra fanbase era più piccola, ma sapevamo quanto fosse difficile trasformare un’idea in qualcosa di concreto. Per cui avevamo preparato tutto quanto nella maniera più profonda possibile, creando tantissimi video e immagini e pensando a ogni singola sfaccettatura. Questo ci ha aiutato tantissimo, a partire dal lato comunicativo fino ai partner che sono stati fondamentali per dare credibilità al tutto.

Eugenio in Via di Gioia
Gli Eugenio in Via di Gioia hanno all’attivo tre album: Lorenzo Federici (2014), Tutti su per terra (2017) e Natura viva (2019) © Universal Music Italia

Avete appena pubblicato una lettera di Federforeste che dà qualche anticipazione su dove sorgerà la vostra foresta.
Sì, siamo entrati in collaborazione con Federforeste, che è un ente che supporta tutti coloro che in Italia gestiscono boschi e foreste. È stato molto utile perché hanno messo subito dei paletti chiari su quanto sia difficile costruire un progetto del genere che non sia solo uno specchietto per le allodole (quello che in gergo si definisce greenwashing). Ci hanno spiegato che, oltre che alla piantumazione, bisogna pensare alla crescita degli alberi, alla potatura e a tutta un’altra serie di cose.

Abbiamo definito le aree in Italia che hanno subito un danno, perché volevamo essere davvero d’aiuto e non rischiare di agire laddove non ce n’era bisogno. Grazie a Federforeste abbiamo deciso di intervenire sul Trentino, dove proprio un anno fa, il 12 ottobre 2018, la tempesta Vaia era stata devastante. C’è ancora molto da fare, addirittura per togliere i residui di alberi caduti che sono rimasti ammassati lungo la valle; questo è problema principale perché alimenta una serie di virus che attaccano anche gli alberi rimasti in piedi.

Questo è stato il punto di partenza con cui Federforeste ha voluto marcare la sua presenza, dicendo in sostanza: “Lavoriamo insieme, ma preparatevi perché non sarà facile. Bisogna evitare di essere superficiali, approfondire ogni dettaglio e rispondere a tutte le domande”. Ne siamo molto felici.

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Quindi, al di là del risultato raggiunto dalla campagna di crowdfunding, il progetto andrà avanti?
Sì, questo è solo l’inizio. Noi vogliamo che la nostra musica rimanga comunque al centro del progetto Eugenio in Via di Gioia, ma per fortuna siamo affiancati da persone competenti che sapranno mandare avanti la piattaforma meglio di noi. Sto parlando di esperti e divulgatori scientifici che, una volta terminata la campagna, ci aiuteranno a rispondere alle domande, creare contenuti, gestire quello che vorremmo diventasse un database delle campagne di piantumazione sparse per tutto il mondo. Sicuramente noi continueremo a raccontare quello che faremo nei prossimi anni con Federforeste, ma sposteremo la gran parte dei contenuti dalle nostre pagine social al sito dedicato. Un ulteriore passaggio da parte dei nostri fan è quello di rendersi conto del fatto che non è tutto qui, c’è ancora molto da fare.

A proposito di fan, voi ci tenete molto a organizzare raduni e occasioni di incontro, e anche nel sito di Lettera al Prossimo avete introdotto una sorta di forum di discussione. Vi è mai capitato che fossero proprio i vostri fan a stupirvi con un’idea, una storia, un suggerimento?
Assolutamente sì! Proprio oggi, quando hanno saputo che avremmo agito nelle zone colpite dalla tempesta Vaia, molti ragazzi che abitano in quelle zone ci hanno ringraziato, così come tante persone che conoscevano la vicenda. Un ragazzo che ha un bed and breakfast da quelle parti ci ha scritto per dirci che, se mai dovessimo andare a fare un sopralluogo, lui metterebbe a disposizione la sua struttura per ospitarci. Questo è un esempio di collaborazione che va ben oltre il necessario.

In numerosi testi avete parlato di ambiente, ma il vostro linguaggio, che nei precedenti lavori era ironico e surreale, in Natura Viva ha lasciato spazio a una chiave di lettura più spirituale. Com’è avvenuto questo passaggio?
Abbiamo iniziato a scrivere canzoni ironiche e autoironiche per essere ascoltati e colpire il nostro pubblico. All’inizio suonavamo per strada e pensavamo che il tono di voce più efficace fosse un linguaggio accattivante, che richiamasse l’attenzione al primo ascolto. Allo stesso modo, anche pagine Facebook come Spinoza e Lercio usavano l’ironia come mezzo di comunicazione per diffondere messaggi importanti mettendo un pelo di amarezza.

Man mano che andavamo avanti, però, ci siamo resi conto del fatto che questo modo di raccontare le cose suscitava nelle nuove generazioni un senso di cinismo e di nichilismo, perché l’ironia non ti permette di andare a fondo, anzi molte volte rischia di generare distacco. L’abbiamo notato soprattutto quando facevamo i laboratori nelle scuole o entravamo in contatto con i fan più giovani.

Parallelamente alla nostra crescita, quindi, abbiamo deciso di sperimentare toni diversi. Non abbiamo mai abbandonato l’ironia nei nostri live, dove tendiamo a essere allegri e anche superficiali, però ci piaceva che le nostre canzoni in qualche modo potessero passare al livello successivo. C’è anche da dire che noi stessi siamo un po’ cresciuti, quindi cerchiamo di leggere la realtà attraverso lenti diverse.

L’esperimento sembra riuscito: voi nascete come band nel 2012, ma si può dire che il 2019 sia stato l’anno di svolta in termini di popolarità. Come lo state vivendo?
Lo stiamo vivendo bene direi, e non era scontato perché di solito con la popolarità arrivano i primi problemi. Ma visto che il nostro percorso è iniziato sei anni fa e ci conosciamo molto bene, abbiamo sempre saputo affrontare ogni cosa serenamente, anche perché abbiamo una squadra di persone di cui ci fidiamo. Mi viene da dire che la squadra degli Eugenio in Via di Gioia è composta non solo da noi quattro, ma almeno da una decina di persone che ci hanno aiutato a gestire tante cose che sono arrivate man mano. C’è anche da dire che questo “salto” noi non lo abbiamo vissuto, non ci siamo mai sentiti improvvisamente più famosi di prima, per noi è sempre tutto uguale!

Cosa dobbiamo aspettarci dal vostro tour in programma per il 2020?
Dovete aspettarvi una cosa particolare! Abbiamo tante idee in ballo e ci stiamo già muovendo per riuscire a organizzare quattro concerti unici.

 

Foto in apertura © Universal Music Italia

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