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Monet a Roma, arriva al complesso del Vittoriano la mostra che espone le ultime tele dell’impressionista francese, conservate nella sua casa di Giverny. Le magie dell’acqua nelle pennellate del genio.
Sessanta opere del padre dell’Impressionismo provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi sono visitabili a Roma dal 19 ottobre. La mostra Monet è una testimonianza del percorso artistico e della maturità raggiunta dal pittore. Si tratta infatti delle opere che Claude Monet conservava nella sua ultima dimora di Giverny e che il figlio Michel donò al museo. Prorogata fino al 3 giugno 2018 al Complesso del Vittoriano.
La mostra è un excursus completo delle opere e della carriera dell’artista: dai primissimi lavori, alle celebri caricature della fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento, attraverso i paesaggi rurali e urbani di Londra, Parigi, Vétheuil, Pourville, ai ritratti dei figli, alle tele dedicate agli amatissimi fiori del suo giardino (rose, glicini, agapanti) fino alla inquietante modernità dei salici piangenti, del viale delle rose e del ponticello giapponese, per arrivare alle monumentali Ninfee e Glicini.
Sono tutte opere che il maestro aveva scelto di tenere nella sua casa atelier, risalenti a ogni suo periodo e per questo in grado di rendere conto delle molteplici sfaccettature del suo lavoro, restituendo la sua ricchezza artistica. Molte delle tele in mostra rappresentano proprio i giardini della casa di Giverny che Monet amava e curava personalmente. Quelli stessi giardini che il pittore considerava, così come la natura, il suo studio oltre che la sua ispirazione.
Da sempre definito il pittore del en plein air, “all’aria aperta”, dal 1883 Claude Monet si trasferì a Giverny, una città situata sulla riva destra della Senna in Normandia dove poi acquistò una proprietà e visse fino alla sua morte, avvenuta nel 1926. Oggi a Giverny è possibile visitare la casa del pittore, i giardini che lui stesso curava e il museo dedicato a lui e a tutti gli impressionisti.
È qui che Monet dipinse molte delle sue più celebri tele, dove coltivò la sua passione per l’acqua e continuò la ricerca di effetti cangianti di colore e luce: la serie di Ninfee infatti è nata in questo luogo, sulle sponde del laghetto sul quale il pittore aveva fatto costruire un ponte in stile giapponese.
La moda della cultura giapponese infatti si diffuse a Parigi e in Francia a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento e Monet non ne fu escluso. Per il suo laghetto fece arrivare i semi delle ninfee dal Giappone, sulle sponde coltivò delle piante esotiche e fece piantare dei salici piangenti. Dalla fine dell’Ottocento in poi dipinse il lago in modi molto diversi tra loro per colore, pennellate e atmosfere. Questo perché in vecchiaia cominciò a soffrire di cataratta e di conseguenza a non vedere più nitidamente colori e contorni. E si percepisce chiaramente tuttora nelle sue opere tarde.
Monet fu un pittore molto prolifico anche in età avanzata e nelle lettere a colleghi e amici raccontò spesso di quanta ansia e insoddisfazione provasse verso il suo lavoro, ritoccava continuamente le tele e non ne era mai veramente appagato: “Questi paesaggi d’acqua e riflessi sono divenuti un’ossessione”, scrisse.
La mostra Monet a Roma, al Complesso del Vittoriano, è aperta dal lunedì al giovedì dalle 09:30 alle 19:30, venerdì e sabato dalle 09:30 alle 22:00, domenica dalle 09:30 alle 20:30. Il biglietto costa 15 euro.
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