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Gli oleodotti voluti da Trump, in realtà, cancellano posti di lavoro

Creare posti di lavoro: questo il motivo per cui Trump ha dato l’ok agli oleodotti Keystone XL e Dakota Access. Le cose, però, non stanno esattamente così.

Nel suo quarto giorno da presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha ridato il via alla costruzione degli oleodotti Keystone XL e Dakota Access, che erano stati bloccati dal suo predecessore Barack Obama. Progetti che “sono in grado di aumentare posti di lavoro, far crescere l’economia, e contribuire all’approvvigionamento energetico degli Stati Uniti”, aveva immediatamente dichiarato il suo portavoce Sean Spicer. La realizzazione degli oleodotti “porterà alla creazione di 28mila posti di lavoro e tutte le strutture saranno prodotte in America, come ai vecchi tempi”, aveva rincarato la dose lo stesso Trump. Anche se si volesse per un attimo mettere da parte l’impatto ambientale, considerando soltanto gli effetti puramente economici, la realtà sarebbe comunque molto diversa. Come spiega un’approfondita analisi dell’antropologo Chip Colwell, per ogni nuovo posto di lavoro nelle costruzioni e dei combustibili fossili ne vengono distrutti altrettanti, in settori diversi.

Proteste contro gli oleodotti voluti da Donald Trump
Proteste a Chicago contro il rilancio della costruzione degli oleodotti Keystone XL e Dakota Access. Foto © by Scott Olson/Getty Images

La salvaguardia del territorio è un business

L’identità nazionale, la salvaguardia del territorio e i profitti monetari non sono obiettivi in contrasto l’uno con l’altro. Lo afferma a chiare lettere il National Historic Preservation Act (NHPA) del 1966. La tutela del patrimonio storico e naturalistico è un compito monumentale: stando a un report del National Park Service statunitense, nel solo 2014 ben 137mila proprietà sono state sottoposte a una valutazione del proprio valore storico e aggiunte agli archivi nazionali. Per la gestione delle risorse culturali lavorano circa 1.300 società sul territorio americano, per lo più di piccole dimensioni. Nel campo della conservazione dei beni storici, dal 1978 ad oggi sono stati creati almeno 2,4 milioni di posti di lavoro.

Tutte queste attività non possono che giovare al turismo. Nel 2015 più di 305 milioni di persone hanno visitato i parchi nazionali statunitensi, spendendo almeno 16 miliardi di dollari. In termini di posti di lavoro, dunque, non bisogna solo conteggiare il personale dei parchi ma anche quello di tutte le attività ricettive che gravitano loro intorno (ristoranti, alberghi ecc.). Così facendo, si arriva ad almeno 300mila addetti.

Oleodotti, la minaccia degli incidenti

Nel decantare i presunti benefici economici degli oleodotti, Trump sembra aver dimenticato i danni catastrofici provocati dagli incidenti. Secondo le statistiche, gli oleodotti  sono generalmente più sicuri rispetto al trasporto del combustibile via gomma o rotaia. Ma “generalmente più sicuri” non significa “del tutto esenti da problemi”. Secondo i dati federali, dal 1995 gli incidenti agli oleodotti hanno provocato danni per almeno 3 miliardi di dollari.

A cinque anni di distanza dal disastro della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon di BP nel Golfo del Messico, il turismo ancora ne pativa le conseguenze. Un impatto negativo che, secondo gli economisti, nemmeno le sanzioni multimiliardarie sarebbero riuscite a compensare.

Donald Trump mostra il decreto per il rilancio degli oleodotti Keystone XL e Dakota Acces ©Shawn Thew-Pool/Getty Images
Donald Trump mostra il decreto per il rilancio degli oleodotti Keystone XL e Dakota Acces © Shawn Thew-Pool/Getty Images

Keystone XL: troppi rischi, pochi posti di lavoro

Sotto l’amministrazione di Barack Obama, il dipartimento di Stato ha condotto uno studio approfondito sull’oleodotto Keystone XL. Un progetto faraonico, che collegherà Hardisty, ricca di sabbie bituminose (nella regione dell’Alberta, in Canada), a Steele City nello stato del Nebraska (Usa), per poi collegarsi con la parte meridionale già attiva e raggiungere le raffinerie del Texas.

La costruzione dell’oleodotto coinvolgerà più di 6mila ettari di terreni, per il 90 per cento di proprietà privata. Attraverserà 265 siti archeologici e 132 strutture storiche. Secondo il rapporto, l’oleodotto Keystone XL – se realizzato in un anno – potrebbe creare circa 3.900 posti di lavoro nelle costruzioni. Si tratta di una cifra ben inferiore rispetto a quella di cui ha parlato Trump quando ha posto la firma che ha riaperto i giochi.

Dakota Access, il progetto inviso ai Sioux

Il Dakota access pipeline, invece, sarà lungo 1.700 chilometri e trasporterà ogni giorno 400mila barili di petrolio (64 milioni di litri). Il tracciato, come hanno riconosciuto gli stessi tecnici dell’esercito americano, potrebbe mettere in pericolo le riserve idriche degli insediamenti dei nativi a Standing rock, a cavallo tra North Dakota e South Dakota. Non a caso, le comunità di nativi si sono opposte con tutte le forze al progetto.

Sioux Dakota Access
Le proteste dei Sioux contro la costruzione del Dakota Access. Foto © Scott Olson/Getty Images

Uno sviluppo economico diverso

Gli oleodotti Keystone XL e Dakota Access, spiega Colwell, non potranno non minacciare le attività per la salvaguardia del territorio e dei beni culturali. Tanto più se, com’è già successo in passato, le ditte costruttrici riusciranno a bypassare le misure standard di contenimento del loro impatto ambientale. In altri termini, verranno sì creati posti di lavoro, ma molti altri ne pagheranno le conseguenze a caro prezzo. Soprattutto – conclude l’analisi – la tutela del patrimonio culturale e naturale si traduce in uno sviluppo economico diverso rispetto a quello su cui puntano le big del petrolio. Uno sviluppo che, oltre a preservare la storia e il patrimonio locale, incrementa il valore delle proprietà della zona, supporta le piccole imprese, crea posti di lavoro nel turismo e nelle attività commerciali.

 

Foto in apertura © Andrew Burton/Getty Images

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