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Reintrodurre l’arte alle Olimpiadi e farlo a partire da Los Angeles 2028: è questa la proposta di Pharrell Williams.
Tra il 1912 e il 1948, oltre alle competizioni sportive, le Olimpiadi ospitavano anche gare di discipline artistiche in cinque categorie: architettura, letteratura, musica, pittura e scultura. La ratio è che tutte le opere dovessero essere ispirate allo sport o al gesto sportivo. Questo fatto ha ragioni e radici antichissime quanto i Giochi stessi: nell’antica Grecia infatti arte e sport erano concepiti come universi affini, una sorta di binomio perfetto affinché un individuo potesse coltivare l’armonia. Allenare corpo e mente dopotutto non è un concetto recente e l’armonia e le proporzioni dell’arte in qualche modo si riflettono anche nell’armonia del corpo nell’atto di compiere un gesto atletico. L’introduzione delle cinque categorie artistiche alle Olimpiadi moderne però la dobbiamo a Pierre de Coubertin, nobile francese, storico e pedagogo che è passato alla storia come il fondatore dei Giochi Olimpici moderni, è stato lui a ideare la bandiera a cinque cerchi e a gettare le basi per la realizzazione dei Giochi Olimpici invernali. “Nei mitici tempi di Olimpia, le belle arti si combinavano armoniosamente con i Giochi Olimpici, facendone la loro gloria. Tutto ciò deve diventare di nuovo realtà”: la sua formazione pedagogica attribuiva un enorme valore educativo tanto allo sport quanto alle belle arti e questa frase viene riportata come quella con la quale l’arte venne inclusa alle Olimpiadi di Stoccolma.
Neanche a farlo apposta, l’edizione dei Giochi olimpici in cui le discipline artistiche ebbero il maggior successo fu quella del 1924, cento anni fa esatti, che si tenne proprio a Parigi. La giuria, chiamata a decidere sui 193 artisti partecipanti, includeva anche il compositore russo Igor Stravinsky e la scrittrice svedere Selma Lagerlöf, premio Nobel per la letteratura nel 1909. Durante quell’edizione l’Unione Sovietica non partecipò con nessun atleta, ma solo con una delegazione di artisti. Quattro anni dopo, invece, ad Amsterdam nel 1928, tra gli scultori in gara ci fu anche il francese Paul Landowski, che si aggiudicò la medaglia d’oro grazie alla scultura di un pugile e che, tre anni dopo nel 1931, avrebbe realizzato la celeberrima statua del Cristo Redentore a Rio de Janeiro in Brasile.
Il successo e l’hype intorno alle gare artistiche poi è andato man mano scemando, vuoi per motivi logistici, come la complessità nel raggiungere Los Angeles, location dell’edizione del 1932, vuoi perché, all’epoca, De Coubertin aveva subordinato la partecipazione ai giochi al criterio del dilettantismo perché sosteneva i veri amanti dello sport lo dovessero fare per amore della disciplina stessa, non per il guadagno che potevano trarne. Chi partecipava alle Olimpiadi, all’epoca, in sostanza non doveva essere pagato per fare sport. Lo stesso valeva anche per gli artisti, ma quelli che partecipavano in larga parte finirono con l’essere artisti già affermati, per questo nel 1949 il congresso del CIO, il comitato olimpico, decise che la partecipazione di artisti professionisti non fosse compatibile con il concetto del dilettantismo Olimpico.
Il principio di dilettantismo è venuto meno ufficialmente nel 1985, ma già dalle edizioni precedenti era emerso come questo fosse un criterio forse nobile, ma difficilissimo da far rispettare e soprattutto da verificare. Quindi perché non riamettere l’arte ai Giochi? A proporlo a gran voce è niente meno che Pharrell Williams, cantante e attualmente direttore creativo di Louis Vuitton che, durante la serata preinaugurale tenutasi alla Fondazione Louis Vuitton, maestosa creazione architettonica opera di Frank Gehry, ha lanciato il suo appello. “Ad un certo punto le Olimpiadi avevano effettivamente le arti come sezione che comprendeva tutte queste competizioni – scultura, architettura e arti visive” ha dichiarato Williams all’Associated Press. “L’idea è che possiamo reinserire le arti, e magari entro il 2028. Perché non cogliere questo momento per aumentare la consapevolezza?”.
Alla Fondazione Louis Vuitton, Pharrell ha ospitato un evento con un pubblico d’elezione: LeBron James, Steven Spielberg, Mick Jagger, Zendaya, Anna Wintour, Charlize Theron, Serena Williams, Rosalía, Snoop Dogg e Queen Latifah. L’obiettivo della serata, oltre a quello puramente comunicativo e d’immagine, era quello di raccogliere donazioni per i 36 atleti di 11 diversi paesi che competono nella squadra olimpica dei rifugiati per questa edizione. Insomma: Pharrell, che durante la cerimonia inaugurale di venerdì scorso è stato tra i prescelti che hanno potuto stringere ta le mani la torcia olimpica per portarla in cima alla Basilica di Saint-Denis, sta ponendo se stesso in nella posizione del mecenate olimpico, e chissà che la sua voce non venga ascoltata dal Cio. L’auspicio del cantante-direttore creativo sarebbe quello di vedere reintrodotta la competizione tra le arti già dalla prossima edizione, quella del 2028 di Los Angeles. Probabilmente i tempi tecnici per tale reintroduzione non ci sono, e ciascuna disciplina ha già le sue manifestazioni internazionali, ma è vero che le Olimpiadi sono uno degli avvenimenti che più catalizzano l’attenzione mondiale e potrebbe essere un’occasione, quella di reintrodurre l’arte, caldeggiata anche dagli sponsor.
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