L’Onu chiede il rispetto dei diritti umani per Cospito, che ricorre alla Cedu

L’Alto commissariato Onu per i diritti umani chiede tutele per Cospito, che si dice pronto a morire per la lotta al 41bis. Cedu e Consulta prossimi passi.

  • L’Alto commissariato Onu per i diritti umani chiede misure cautelative per la salute di Cospito.
  • L’anarchico, in una lettera, annuncia: “La mia morte farà capire cos’è il 41bis”.
  • Presentato il ricorso alla Cedu, e il 18 aprile parola anche alla Corte Costituzionale.

Aggiornamento del 9 marzo 2023. 

Le condizioni di salute di Alfredo Cospito, l’anarchico in sciopero della fame da 4 mesi contro il regime del 41bis al quale è sottoposto presso il carcere milanese di Opera, sono peggiorate nelle ultime ore, al punto da aver reso di nuovo necessario il suo trasferimento in ospedale, al San Paolo di Milano. A preoccupare i medici è uno squilibrio degli elettroliti che si sarebbe registrato in occasione delle ultime analisi e che allo stato attuale, secondo i medici, porrebbe l’anarchico rischia danni cardiaci ed edemi cerebrali. Cospito sarebbe comunque lucido, e non avrebbe accusato particolari malori.

Cospito era tornato in carcere lo scorso 27 febbraio, dopo aver trascorso quasi un mese in ospedale per essere tenuto maggiormente sotto controllo alla luce delle sue condizioni: il 30 gennaio, data del primo ricovero, era giunto a pesare 71 chili (per oltre 190 centimetri di altezza) e aveva valori da monitorare costantemente. Il 9 marzo i legali di Cospito hanno fatto sapere che il loro assistito “è dimagrito ulteriormente” e che “la situazione sta diventando preoccupante”.

Solamente pochi giorni fa Cospito si era detto “pronto a morire per far capire che cosa è il 41bis”, e le Nazioni Unite avevano chiesto all’Italia di rispettare i diritti umani, e applicare quantomeno misure temporanee cautelative per tutelare la salute del detenuto anarchico, la cui vicenda ormai da 4 mesi tira in ballo questioni come il rispetto dei diritti umani e la funzione rieducativa delle carceri.

La richiesta del Commissario europeo per i diritti umani

Due lettere nei giorni scorso avevano contribuito a tenere alto il dibattito su Cospito, giunto ormai al quarto mese di sciopero della fame, all’indomani dell’ennesima decisione negativa sul ricorso presentato dall’avvocato contro il regime del carcere duro (il secondo diniego è arrivato dalla Corte di Cassazione, dopo quello già giunto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio in persona).

La prima lettera è quella inviata dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Turk, ha inviato allo stato italiano, attraverso la rappresentanza del governo a Ginevra e all’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini: si tratta, di fatto, di una risposta a un appello fatto dall’avvocato alla Commissione diritti umani proprio all’indomani della sentenza della Cassazione del 24 febbraio, per denunciare le condizioni di detenzione del proprio assistito.

Nella lettera, le Nazioni Unite chiedono all’Italia di assicurare il rispetto degli standard internazionali e degli articoli 7 (divieto di tortura e trattamenti o punizioni disumane o degradanti e divieto di sottoposizione, senza libero consenso, a sperimentazioni mediche o scientifiche) e 10 (umanità di trattamento e rispetto della dignità umana di ogni persona privata della libertà personale) del Patto internazionale sui diritti civili e politici. Articoli che hanno del resto un corrispettivo nell’articolo 27 della Costituzione italiana: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Ma, accusano l’avvocato Rossi Albertini e l’associazione A Buon Diritto di Luigi Manconi, “nonostante la richiesta dell’Onu di adottare misure urgenti a protezione del detenuto, nessuna iniziativa è stata assunta dal Ministro della Giustizia per revocare o quantomeno migliorare la condizione detentiva di Alfredo Cospito. Lo Stato italiano deve, nel rispetto dei propri obblighi internazionali, dare esecuzione a tale misura provvisoria. Rappresenterebbe un grave precedente se la decisione adottata dal Comitato rimanesse lettera morta, se l’Italia emulasse l’indifferenza dimostrata per l’Onu dai regimi autocratici”.

Scontri tra anarchici e polizia a Roma per il caso Alfredo Cospito
Scontri tra anarchici e polizia a Roma per il caso Alfredo Cospito © Antonio Masiello/GettyImages

Secondo Rossi Albertini e Manconi la richiesta del commissario Turk di rispettare i diritti umani del detenuto segna un punto fondamentale: “È chiaro che con questa azione la Commissione sta per la prima volta mettendo in dubbio la legittimità del regime 41bis rispetto alle convenzioni internazionali. È molto difficile che l’Italia possa dimostrare che una detenzione a vita e in un regime di estremo isolamento stia garantendo il fine essenziale di ravvedimento e riabilitazione sociale”.

Morire per far conoscere il 41bis

La prima lettera si interseca con la seconda, quella scritta dal carcere dallo stesso Cospito, e resa nota anche in questo caso dall’avvocato Flavio Rossi Albertini. Due i punti fondamentali che sottolinea l’anarchico, condannato all’ergastolo ostativo per tentata strage per le bombe fatte esplodere nel 2006, fortunatamente senza provocare feriti, nei pressi della scuola allievi Carabinieri di Fossano. Il primo è la durezza del regime di 41bis al quale è sottoposto, regime per il quale l’Italia ha già ricevuto dei richiami ufficiali. “Oggi sono pronto a morire per fare conoscere al mondo cos’è veramente il 41bis” definendo la sua condizione quella di “una vita senza speranza”.

Cospito smentisce poi di aver continuato a ‘governare’ in qualche modo la galassia anarchica anche dal carcere (motivo per il quale è stato sottoposto al 41bis dall’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia) e tantomeno di essere in qualche modo d’accordo nella lotta al 41bis con le associazioni mafiose. “Il più grande insulto per un anarchico è quello di essere accusato di dare o ricevere ordini. Quando ero al regime di alta sorveglianza avevo comunque la censura e non ho mai spedito pizzini. Ciò non toglie che la sua battaglia, che Cospito già prefigura possa concludersi con la sua morte, “porrà un intoppo a questo regime” e farà sì “che i 750 che subiscono da decenni il 41bis possano vivere una vita degna di essere vissuta, qualunque cosa abbiano fatto”.

Tra Torino e Strasburgo 

Pér Cospito, dopo i due ricorsi respinti, le vie legale non sono ancora finite: la difesa ha infatti presentato ricorso alla Cedu, la Corte europea dei diritti umani. Sotto questo profilo, l’intervento dell’Alto commissario per i Diritti umani è da considerare per la difesa di Cospito sicuramente un segnale positivo. Il ricorso alla Cedu si basa però su un elemento di merito: Cospito è stato condannato per tentatea strage ai danni dello stato, un crimine che al momento in cui è stato commesso non costituiva un reato in base alla legge italiana.

La seconda strada investe la Corte Costituzionale. Il 18 aprile la Consulta dovrà discutere la possibilità o meno di Cospito di accedere alle attenuanti generiche: l’ergastolo ostativo, cui è sottoposto, non le prevede in caso di mancato ravvedimento, ma la recente riforma ha dato maggiori poteri discrezionali ai giudici. In caso di giudizio favorevole, la pena di Cospito potrebbe passare dal carcere a vita a una detenzione tra i 21 e i 24 anni.

Nel frattempo continuano le manifestazioni di protesta di piazza: sabato scorso a Torino la Digos ha fermato una cinquantina di anarchici o simpatizzanti di Cospito nel corso di un corteo in cui non sono mancati i momenti di tensione, tra lanci di pietre contro gli agenti, auto e vetrine di banche e negozi frantumate e muri imbrattati da slogan e simboli anarchici. Manifestazioni che, con il passare del tempo e l’aggravarsi delle condizioni di Cospito, potrebbero diventare sempre più frequenti e ‘calde’.

 

 

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