Oscar 2020: storie di denuncia, umanità e riflessione sulla natura tra i documentari in gara

Sono documentari di altissimo livello e di grande impatto emotivo e sociale quelli selezionati nella cinquina della 92esima edizione dei premi Oscar 2020, che segnano anche un traguardo storico.

È la categoria meno patinata degli Academy awards, eppure la shortlist dei candidati all’Oscar per il miglior documentario spesso rivela pellicole di altissimo livello cinematografico, offrendo anche preziose prospettive sul mondo e sull’attualità. La 92esima edizione, in programma il 9 febbraio al Dolby theatre di Los Angeles, non sarà da meno, presentando cinque film dal valore già ampiamente riconosciuto, che offrono punti di vista potentissimi sulla realtà.

Democrazia al limite
Il documentario The Edge od Democracy (Democrazia al limite) è un racconto personale e politico della crisi della democrazia brasiliana © Netflix

Innanzitutto è interessante sottolineare che la presenza di quattro registe donne tra i candidati di questa categoria rappresenta un vero record. Basti pensare che in 92 anni soltanto cinque registe hanno ricevuto una nomination dall’Academy. A dirlo con un tweet è stata proprio una delle candidate: Petra Costa, 36enne attrice e filmaker brasiliana, in gara quest’anno con il suo Edge of democracy, un racconto personale e insieme un’indagine politica sulla complessa e drammatica crisi democratica brasiliana. Seppur accolto con entusiasmo, va detto che il documentario è stato anche accusato dai conservatori di aver troppo superficialmente “assolto” la sinistra brasiliana da ogni colpa della crisi. Un fatto che in epoca Trumpiana potrebbe rivelarsi in realtà un punto favorevole nel contesto (il)liberal-hollywoodiano.

Oscar 2020, un giro del mondo con inedite e potentissime prospettive

I documentari in gara ai 92esimi premi Oscar ci offrono un giro del mondo e prospettive davvero interessanti. Due di queste ci portano nel bel mezzo del conflitto siriano, tanto dimenticato e trascurato, quanto fondamentale per comprendere una delle origini dei fenomeni migratori contemporanei. Si tratta di storie autobiografiche, come il video-diario di una madre For Sama (nei nostri cinema dal 13 febbraio con titolo Alla mia piccola Sama) o di racconti di vicende tanto sconosciute quanto eccezionali come quella dell’ospedale sotterraneo raccontata in The Cave.

Honeyland Oscar 2020
Il documentario Honeyland racconta la vita in un villaggio sperduto della Macedonia, dove l’apicoltura tradizionale è gestita in perfetta simbiosi con la natura © Trice Films Apolo Media

Con American Factory (Made in Usa – Una fabbrica in Ohio, disponibile su Netflix) assistiamo a una storia d’incontro e scontro di culture, all’interno di una fabbrica americana, comprata da un magnate cinese. Infine con Honeyland veniamo catapultati “alla fine del mondo”, in un villaggio della Macedonia dove il tempo sembra essersi fermato. Qui, attraverso l’attività degli apicoltori locali, riscopriamo la bellezza del vivere in vera sintonia con la natura e assistiamo a un chiaro monito contro le conseguenze dell’utilitarismo più cieco.

American Factory

Considerato da qualcuno il miglior documentario americano dell’ultima decade, American Factory è ambientato in una grande fabbrica di automobili dell’Ohio. Costretto a chiudere i battenti, lasciando migliaia di persone senza lavoro, lo stabilimento trova nuova speranza quando un magnate cinese la acquista e assume duemila lavoratori americani. A dirigere il loro lavoro mette trecento operai cinesi, che dovranno misurarsi con un approccio e un’efficienza diversa dalla loro. Il confronto darà vita a un incontro-scontro di culture molto interessante: quello tra la China high-tech e la middle classe operaia americana.

Il film è prodotto da Netflix in partnership con la Higher Ground Productions, la compagnia di produzione fondata da Michelle e Barack Obama. Ed è proprio la ex coppia presidenziale a introdurre il documentario in una chiacchierata con la coppia di cineasti Julia Reichert e Steven Bognar e a raccontare il perché di questo impegno nel campo audiovisivo, alla ricerca di storie speranza e resilienza, in grado di spingere tutti a volersi innalzare a un livello superiore (“higher ground”, appunto). Storie capaci di abbattere le barriere che molto spesso la vita sembra innalzare. Proprio come accade in American Factory (già disponibile anche in italiano su Netflix).

The Cave

Il regista siriano Feras Fayyad torna nel suo paese natale – a rischio della sua stessa vita – per raccontare la storia di un gruppo di eroiche dottoresse, impegnate in un ospedale segreto sotterraneo della città di Ghouta, nei pressi di Damasco. Mentre fuori imperversa la guerra e le bombe sono una costante minaccia, in questa caverna dall’atmosfera post-apocalittica, il team medico cura e salva decine di vite con mezzi di fortuna e senza poter garantire nemmeno un’anestesia. In cambio, i sofferenti possono contare sulla compassione e l’umanità di professioniste, che non si arrendono nemmeno di fronte a un sessismo ostinato e ingiusto. Il documentario The Cave è prodotto del National Geographic.

For Sama

Il dramma siriano torna anche nel documentario For Sama, uno sconvolgente video-diario che la giornalista Waad al Kateab ha iniziato a tenere fin dal 2012, quando, da studentessa alla Aleppo University, decise di scendere in piazza per protestare contro la terribile dittatura di Bashar al-Assad. Il reportage prosegue per cinque anni, immortalando tutte le fasi della rivolta (costata la vita a centinaia di migliaia di siriani) e insieme la vita di Waad, che nel frattempo si sposa e ha una bambina. Ed è proprio alla piccola Sama, che in siriano vuole dire “cielo”, che la regista dedica il suo lavoro, trasformandolo in una “lettera d’amore”, attraverso la quale spiegarle, un domani, la scelta di essere rimaste in Siria a rischio della vita.

È così che la Storia si intreccia con una storia come tante, dando vita a un viaggio intimo e universale, in cui il dilemma sull’opportunità di scappare e cercare la salvezza s’infrange contro l’urgenza di portare avanti la propria missione. “Realizzare il film è stato davvero difficile”, spiega la regista che ha ammesso anche di aver omesso le immagini più scabrose, “ma ho avvertito una grande responsabilità verso la città, la sua gente e i nostri amici affinché le loro storie non venissero mai dimenticate e nessuno potesse mai distorcere la verità rispetto a ciò che abbiamo vissuto”.
Dopo essere stato premiato dai festival di tutto il mondo, For Sama arriverà nelle sale italiane il 13 febbraio con il titolo Alla mia piccola Sama, doppiato da Jasmine Trinca e distribuito da Wanted Cinema con il patrocino di Amnesty International Italia.

The Edge of Democracy

Un’altra produzione originale Netflix è The Edge of Democracy (in Italia Democrazia al limite), un documentario politico che è anche un racconto autobiografico con cui Petra Costa tenta di raccontare uno dei periodi più drammatici della storia del Brasile. La cineasta va alla ricerca della complessa verità dietro la caduta di due presidenti brasiliani, Lula da Silva e Dilma Rousseff (prima presidente donna del Brasile), mostrandone ascesa e caduta. Un racconto che risuona come un monito per tutte le democrazie, affinché esse non si trasformino in “sogni effimeri” destinati a non durare.

Honeyland

Vincitore di tre premi al Sundance Film Festival e in corsa addirittura con due nomination agli Oscar (miglior documentario e miglior film straniero), Honeyland è stato definito dalla critica un must see, cioè uno di quei film che un cinefilo non può non vedere. I registi Tamara Kotevska e Ljubmir Stefanov ci portano in un villaggio sperduto della Macedonia del Nord, dove la comunità locale vive ancora in perfetta armonia con la natura. La cinepresa segue in particolare la storia di Hatizde, una donna di origine turca che vive raccogliendo il miele selvatico e vivendo in una pacifica simbiosi con le api. Il suo mantra è molto semplice: “Prendere la metà, lasciare la metà”. Un approccio in netto contrasto con l’atteggiamento consumistico contemporaneo, che viene qui personificato da Hussein, un uomo che arriva al villaggio con la sua famiglia nomade, mettendo in pericolo l’equilibrio e la vita stessa delle api. Honeyland non pone solo l’attenzione su un tema attualissimo, quale l’urgenza di difendere le api, ma si rivela anche una riflessione sullo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali e sul comportamento suicida messo in atto dagli uomini.

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