Fortezza Europa, il ritorno: perché il nuovo patto europeo su migrazioni e asilo è un fallimento

L’Europa ha varato il nuovo Patto migrazione e asilo: solidarietà solo volontaria tra Paesi, migranti trattenuti alle frontiere esterne dell’Unione.

  • Il parlamento europeo ha varato in extremis il nuovo patto su migrazione e asilo: la solidarietà tra paesi sarà solo volontaria, i migranti saranno trattenuti e sottoposti a screening alle frontiere esterne dell’Unione.
  • Sconfitta per l’Italia, perché resta in vigore il regolamento di Dublino: il paese di primo approdo dovrò farsi carico di tutte le procedure di richiesta di asilo.
  • Dai giuristi alle organizzazioni non governative, dalla Chiesa agli esperti di geopolitica: tutti bocciano le nuove regole.

Dopo una gestazione lunghissima, iniziata nella scorsa legislatura e culminata solamente al termine di quella in corso, il parlamento europeo è riuscito finalmente ad approvare la riforma del Patto in materia di migrazione e asilo, tematica fondamentale per le sorti dell’Unione, ma anche quelle di chi arriva scappando dalle crisi più disparate e disperate: solamente nel 2023, in cui i flussi migratori sono ripresi copiosamente dopo qualche anno di calo, sono giunti in Europa oltre 270mila migranti, tra cui almeno 64.500 minori, provenienti da diverse regioni come il Medio Oriente, il Nordafrica, l’Africa subsahariana, l’Asia centrale e meridionale. Oltre la metà di queste sono arrivate scegliendo l’Italia come primo approdo. La risposta varata dall’Europa in termini di migrazione e asilo, però, rischia di non risolvere molti dei problemi esistenti e ha subito già critiche molto forti sotto tutti gli aspetti, da quello legale a quello umanitario.

Il patto su migrazione e asilo e la solidarietà facoltativa

Innanzitutto, con il nuovo patto su migrazione e asilo l’europarlamento ha stabilito che, “per aiutare i paesi dell’Unione europea soggetti a pressione migratoria, tra cui appunto l’Italia, gli altri stati membri contribuiranno ricollocando i richiedenti asilo o i beneficiari di protezione internazionale nel loro territorio, versando contributi finanziari o fornendo supporto operativo e tecnico”. Tradotto: a ogni paese che non sia di primo approdo (per esempio, la Francia o la Germania) spetterà una quota minima di migranti da collocare, stabilita in base a popolazione e prodotto interno lordo, ma non sarà realmente obbligato ad accoglierli: se non vorrà partecipare al ricollocamenti, infatti, gli basterà pagare, 20mila euro per ciascun migrante. Oppure farsi carico direttamente delle procedure e delle spese per il rimpatrio nel paese di origine (sempre qualora esista un accordo con il paese di origine).

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Un’immagine scattata il 3 agosto 2023 mostra alcuni dei 266 migranti salvati dai membri della ONG spagnola Proactiva Open Arms mentre attraversavano il Mediterraneo su piccole imbarcazioni al largo delle coste libiche © MATIAS CHIOFALO/AFP via Getty Images

Solamente in caso di grave e improvvisa crisi umanitaria, legata per esempio a a un aumento improvviso dei flussi a causa di una guerra (per esempio come successo con l’Ucraina), il patto su migrazione e asilo fa scattare una reale obbligatorietà, temporanea.

Gli screening alla frontiera per i “non idonei”

Il patto prevede poi che “le persone che non soddisfano le condizioni per entrare nell’Unione europea saranno soggette a una procedura di screening pre-ingresso, compresa l’identificazione, la raccolta di dati biometrici e controlli sanitari e di sicurezza, per un periodo massimo di sette giorni”. Per “persone che non soddisfano condizioni per entrare nell’Unione europea” si intendono tutti coloro che arrivano da paesi considerati non a rischio, ovvero dove ufficialmente non ci sono guerre in corso: abbiamo visto però come l’Italia e l’Europa, per esempio, considerino paesi sicuri la Tunisia, dove in realtà è in corso una grave crisi economica e sociale e uno scivolamento istituzionale verso l’autocrazia del presidente Saied, e perfino la Libia. Gli screening, per la prima volta, riguarderanno anche i minori.

La norma prevede che gli stati membri dovranno istituire meccanismi di monitoraggio indipendenti per garantire il rispetto dei diritti fondamentali: evidentemente lo stesso parlamento europeo intravede il rischio che questi screening entro sette giorni alla frontiera porti con sé procedure sommarie (senza possibilità di consultare un avvocato, per esempio, o di esporre le proprie ragioni personali di fuga) e anche di detenzione amministrativa arbitraria (a questo, in fondo, serviranno i due centri che l’Italia costruirà in Albania).

Procedure di asilo più rapide

Infine, verrà istituita una nuova procedura comune in tutta l’Ue per concedere e revocare la protezione internazionale: in futuro il trattamento delle richieste di asilo alle frontiere dell’Ue dovrà essere più rapido, con scadenze più brevi per le richieste infondate o inammissibili. I dati di coloro che arrivano irregolarmente nell’Ue, come detto comprese le impronte digitali e le immagini del volto dai sei anni in poi, saranno archiviati nella banca dati Eurodac riformata, il sistema europeo per il confronto delle impronte digitali dei richiedenti asilo. Le autorità potranno anche registrare se qualcuno possa rappresentare una minaccia per la sicurezza o se è stato violento o armato.

Verranno poi definiti nuovi standard uniformi per tutti gli stati membri per il riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria e per quanto riguarda i diritti concessi a coloro che hanno diritto alla protezione. Gli Stati membri dovrebbero valutare la situazione nel paese di origine sulla base delle informazioni dell’Agenzia europea per l’asilo e lo status di rifugiato. I richiedenti protezione – e questo non cambia rispetto alla normativa attuale – dovranno rimanere nel territorio dello Stato membro competente per la loro richiesta o nel quale la protezione è stata concessa scoraggiando così i richiedenti dal muoversi all’interno dell’Ue: già oggi, per esempio, un richiedente asilo la cui presenza in Italia è assolutamente legale in attesa di una risposta, non ha la possibilità di muoversi per l’Europa liberamente come un qualsiasi cittadino europeo, e se lo fa rischia di essere rispedito indietro anche con la forza (succede con la Francia verso l’Italia, con la Slovenia verso la Croazia, dall’Italia stessa verso la Slovenia…).

Il regolamento di Dublino e il voto italiano

La vera sconfitta, almeno per l’Italia, è in effetti la mancata revisione del regolamento di Dublino, quello che prevede appunto che il primo paese di approdo dei migranti sia obbligatoriamente quello competente per l’esame delle domande di protezione internazionale, anche se questi non avrebbero in realtà alcuna intenzione di rimanere sul territorio italiano. Non a caso la delegazione italiana all’europarlamento si è divisa al momento del voto, a prescindere dalle appartenenze politiche: Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno votato a favore, soddisfatte dalle misure relative alla migrazione esterna (i maggiori controlli alle frontiere), ma la Lega ha votato contro parlando di un “compromesso al ribasso” così come i parlamentari di Partito democratico e Movimento 5 stelle, scontenti per le poche novità riguardo le migrazioni interne alla Ue, che hanno definito il patto “una sconfitta per l’Italia”.

Secondo le ong è un “patto che uccide”

Durante il voto nella plenaria a Bruxelles, un gruppo di attivisti ha interrotto i lavori dell’aula urlando lo slogan: “Questo Patto uccide, votate No”. E in effetti il mondo del volontariato e delle organizzazioni non governative si era schierato compatto sin dall’inizio contro questa riforma: secondo Amnesty International “le persone che arrivano alle frontiere dell’Ue devono poter chiedere asilo, vedere la loro richiesta esaminata equamente ed essere accolte con dignità. Questo accordo rischia di lasciare le persone bloccate, detenute o indigenti lungo i confini dell’Europa e non farà nulla per migliorare la protezione dei richiedenti asilo nell’Ue. Negare i diritti ai richiedenti asilo è pericoloso e rappresenta una risposta sproporzionata a situazioni che i paesi potrebbero benissimo affrontare con le norme esistenti”.

Lapidaria Emergency, una delle ong presente nel Mediterraneo con una nave per operazioni di ricerca e soccorso con la sua Life Support: “Ancora una volta, un’Europa che ha scelto di rinunciare ai suoi principi fondativi di solidarietà, fratellanza, diritti”.

Gli analisti politici: è l’era di muri e diffidenza

Ma se è normale che la politica si divida e che ong siano fortemente critiche, il nuovo Patto migrazione e asilo ha ricevuto critiche anche da ambienti molto meno sospetti, a partire da quelli degli esperti di geopolitica. Secondo Matteo Villa dell’Ispi, l’autorevole istituto per gli studi di politica internazionale, quello approvato a Bruxelles è “un passo avanti per i legislatori europei” ma anche “uno indietro per l’Europa, due indietro per l’Italia. L’accordo sulle nuove norme su asilo e migrazione, a meno di due mesi dal voto di giugno, è simbolo di una coalizione di centro (popolari, socialisti e liberali) alla disperata ricerca di consenso. Anche quando questo significa inasprire regole sull’accoglienza all’interno dell’Europa e, probabilmente, rimandare più migranti in Italia (tra quelli che hanno raggiunto altri paesi Ue). Niente sui rimpatri, niente su nuovi canali di migrazione regolari. D’altronde, nell’era della diffidenza e dei muri, non potrebbe che essere così”.

I giuristi: è la fine del diritto del migrante

Anche da punto di vista giuridico, la bocciatura sembra netta: secondo l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione d’ora in poi chi chiederà asilo in Europa “non avrà più alcun diritto effettivo all’esame pieno della domanda di protezione internazionale, e potrà essere sistematicamente detenuto alle frontiere esterne dell’Unione”. Queste violazioni “sono state a più riprese condannate anche dalle Corti europee, come avvenuto ad esempio con la condanna della Cedu all’Italia per la detenzione illegittima e degradantw all’interno dell’hotspot di Lampedusa, o per la detenzione arbitraria di minori nell’hotspot di Taranto”.

E sempre in relazione al diritto italiano, sottolinea Asgi, “molte delle nuove previsioni sono in contrasto con la Costituzione italiana, a partire dall’articolo 10 della Costituzione, che sancisce il diritto di asilo individuale per tutte le persone straniere e la protezione dal respingimento durante l’esame della domanda”. Il nuovo Patto, al contrario, “prevede l’applicazione generalizzata di procedure accelerate, sommarie, fondate sulla provenienza geografica e non sulla storia individuale delle persone”.

Dove sono i valori cattolici di carità e accoglienza?

Ma a quanto pare il patto migrazione e asilo non si salva, oltre che nei suoi aspetti tecnici, neanche se analizzato sotto la lente della morale e della carità cattolica: l’arcivescovo Gian Carlo Perego, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e della Fondazione Migrantes della Cei, sottolinea che il patto “avrebbe dovuto modificare le regole di Dublino, favorire la protezione internazionale in Europa di persone in fuga da disastri ambientali, guerre, vittime di tratta e di sfruttamento, persone schiacciate dalla miseria, con un impegno solidale di tutti i Paesi membri dell’Unione europea nell’accoglienza, il ritorno alla protezione temporanea come si era visto con gli 8 milioni di migranti in fuga dall’Ucraina”.

Invece l’Europa, rimarca Perego, “mentre continuano le tragedie nel Mediterraneo si chiude in se stessa, trascura i drammi dei migranti in fuga, sostituisce la vera accoglienza con un pagamento in denaro. E pretende ancora di più dai Paesi di frontiera, come l’Italia: controlli più veloci, ritorni nel primo Paese di sbarco di chi si muove in Europa senza un titolo di protezione internazionale, rimpatri facilitati in Paesi terzi non sicuri, chiudendo gli occhi su esternalizzazioni dei migranti”.

Il Capitano di Matteo Garrone e il carcere

È tutto? No, perché in qualche misura anche dal mondo dello spettacolo è arrivato un segnale. Per esempio da Matteo Garrone, regista del film Io Capitano che ha rappresentato l’Italia agli ultimi premi Oscar di Hollywood proprio con una storia di migrazione. Ieri Garrone, all’indomani dell’approvazione del patto su migrazione asilo, ha partecipato a Roma a un incontro di associazioni che si occupano di accoglienza, culminato con la proiezione del suo film.

Io Capitano, di Matteo Garrone, è il film candidato agli Oscar per l'Italia
Io Capitano, di Matteo Garrone, è stato il film candidato agli Oscar per l’Italia © 01 Distribution

Nell’occasione, ha ricordato che, proprio grazie alle norme italiane ed europee, “il capitano che ha ispirato il mio film, nella realtà, dove aver salvato centinaia di persone portandole a destinazione, si è fatto 6 mesi di carcere”, e ricostruendo la storia delle responsabilità politiche per l’attuale situazione, non ha fatto sconti a nessuno: “Quando ho iniziato a girare Io Capitano c’era un governo di un certo tipo, quando è uscito il film ce n’era un altro, ma ho visto pochi cambiamenti. Intravedo un filo conduttore comune nelle politiche migratorie di questi anni”. Come dire: a giugno si vota per il rinnovo delle istituzioni europee, ma comunque vada questo patto difficilmente verrà rivisto in meglio.

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