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Riconosciuto da subito come forma di medicina alternativa, lo Shiatsu ha aiutato a guarire molte persone lavorando con loro e non solo per loro
In realtà la prima scoperta entusiasmante era stata quella
del piacere di “comunicare profondamente senza parole” ma solo e
semplicemente con il contatto delle mani sul corpo; poi è
subentrato il piacere di constatarne l’efficacia; il piacere di
“guarire” le persone da malanni più o meno gravi, spesso
laddove la medicina ufficiale falliva, il potere di contrapporsi
all’ istituzione “sanità”.
Gli anni esaltanti dei “guaritori con le mani”, o dei “guaritori
orientali”, ubriacati dal fascino delle medicine esotiche
(principalmente Medicina Tradizionale Cinese) che erano così
“alternative” e contrapposte alla nostra cultura da permetterci di
sentirci contro il sistema.
Ma la trappola era già scattata nell’immagine stessa di
terapia: io che curo te, io che so e tu che non sai, io che
controllo i tuoi fenomeni, io che decido per te e tu che
subisci…cosa c’é di nuovo, di alternativo in tutto questo;
si era restaurato il potere del terapista sul paziente, riprodotto
il meccanismo di estraneità e “superiorità” origine
dei guasti della medicina a cui volevamo essere alternativi.
Ma lo Shiatsu è un’altra cosa; pian piano, gradualmente la
sua natura di disciplina per una “evoluzione assieme”, di pratica
per un “lavoro comune”, è emersa, si è espressa
sempre più evidente e forte; negli anni ’90 ci siamo accorti
che non aveva senso volere “diagnosticare” (né
all’occidentale, né all’orientale) i fenomeni vitali ma si
poteva solo entrarci a “mente vuota”; che non aveva senso voler
praticare sulla persona, ma tutto cambiava praticando con la
persona; che non aveva senso voler curare quella patologia o quel
sintomo ma lo shiatsu era, semplicemente e meravigliosamente,
entrare in comunicazione con l’altro, da vita a vita, attraverso
l’essenzialità della pressione delle dita.
Nella nostra civiltà “patologica” dominata dalla paura della
morte, della vecchiaia, della malattia, tutto viene fatto per
guarire o per non ammalarsi; non si vive più per esprimere
la pienezza delle nostre risorse, per realizzare la
personalità, per godersi la vita insomma; tutto diventa
malattia: la crisi esistenziale diventa depressione, la
golosità diventa bulimia, la pigrizia sindrome di
“vattelapesca”…; la gravidanza, la pubertà, la meno e
l’andropausa, anche l’esame di maturità è un “periodo
a rischio”.
Tutto diventa patologia e quindi tutto diventa terapia;
l’ippoterapia, la delfinoterapia, l’aromoterapia, la danzateraia,
la cromoterapia, la musicoterapia…. anche ridere è
diventato una terapia (galatoterapia). Tutti i momenti della vita,
gli atti, i gesti diventano patologia e allora non c’é
più spazio per la vita; anche ascoltare la musica, la
compagnia di un’animale, ballare, ridere è diventato un modo
di curare o prevenire le malattie.
Ma lo Shiatsu è un’altra cosa: è il “contatto della
madre che abbraccia il bambino”, benefico per ambedue ma che non
può, non deve essere ridotto a una medicina, a una terapia.
E’molto di più, è la vita che si esprime
semplicemente, essenzialmente, attraverso una tecnica semplice ed
essenziale come il “contatto della madre che abbraccia il
bambino”.
Per questo lo Shiatsu dilaga; nonostante le confusioni, le
ambiguità, le ambizioni di molti, la sua natura di
“relazione a due” per vivere meglio ha in questi anni il
sopravvento e lo ha posto alla testa di un movimento reale di
rivolgimento culturale che sta sostituendo alla “cultura
patologica” dei nostri tempi, una cultura della comunicazione, del
rispetto, dell’attenzione, dell’incontro libero e fecondo di
benefici tra la vita di chi preme e la vita di chi risponde alle
pressioni. Un incontro che genera vitalità e benessere che
nessuna “terapia” potrà mai generare.
Per favore, non chiamate lo Shiatsu terapia.
Claudio Parolin
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